WASHINGTON (Usa) – Dopo lo scandalo delle quasi ventimila e-mail carpite ai database del Comitato Nazionale Democratico e di John Podesta, responsabile della campagna elettorale 2016 di Hillary Rodham Clinton, Wikileaks torna alla carica e offre addirittura una “lauta ricompensa” a chiunque le fornisca informazioni riservate sottratte alla Casa Bianca prima che, il 20 gennaio, abbia fine il mandato di Barack Obama.
L’iniziativa fa seguito di poche ore a un’intervista rilasciata al network televisivo “Fox” dal fondatore dell’elusiva organizzazione, Julian Assange, in cui l’hacker australiano ribadisce di non aver ricevuto il materiale scottante dalla Russia, che l’amministrazione Usa uscente accusa invece di aver orchestrato la gigantesca fuga di notizie al solo scopo di danneggiare la propria candidata alle presidenziali dell’8 novembre, appunto Clinton data all’epoca quale assoluta favorita, a tutto vantaggio dell’avversario, il repubblicano Donald Trump, considerato più accomodante nei confronti del Cremlino: come i fatti successivi sembrerebbero d’altronde confermare. E come l’esortazione a trafugare file secretati prima che Obama passi le consegne al successore potrebbe in verità indurre a sospettare.
“Avviso agli amministratori di sistemi informatici”, si afferma nel comunicato diffuso da Wikileaks via Internet. “Non permettete alla Casa Bianca di distruggere di nuovo la storia degli Stati Uniti d’America! Copiate adesso tutti i documenti, poi inviateceli con vostro comodo. Noi proponiamo un compenso di 20.000 dollari (pari a oltre 19.000 euro; ndr) per ogni informazione che conduca all’arresto o allo smascheramento, e alla messa all’indice, di qualunque agente dell’amministrazione Obama il quale abbia distrutto dossier di significativa importanza”.
In calce, circolettato ed evidenziato in un rosso acceso, segue il classico logo di qualsiasi taglia che si rispetti: “Wanted”. E poi, ancora: “Se pensate che il 2016 sia stato un grande anno per Wikileaks, il 2017 vi manderà in visibilio. Aiutateci a prepararci per la resa dei conti”, con tanto, questa volta, di richiesta di donazioni a corredo.
Quanto all’intervista rilasciata a “Fox”, Assange ha insistito che non c’è Mosca dietro la mega-operazione di pirateria informatica. “La nostra fonte non è stata il governo russo, non ci sono Stati di mezzo” ha tagliato corto.
Alla domanda se pensi che l’hackeraggio dei database dei democratici abbia effettivamente consentito a Trump di compiere un’insperata rimonta, “chissà”, è stata la risposta, è impossibile a dirsi”. Però “se anche così fosse, l’accusa da parte mia è che sono state le effettive affermazioni di Hillary Clinton, del responsabile della sua campagna presidenziale, John Podesta, e del capo del Comitato Nazionale Democratico, la deputata Debbie Wasserman Schultz, sono state quelle a far cambiare l’esito delle elezioni”, si è affrettato ad aggiungere il numero uno di Wikileaks, il quale parlava dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra, nella quale si rifugiò nel giugno 2012 e rimane tuttora, onde evitare l’estradizione in Svezia dove è accusato di reati a sfondo sessuale, se non negli Usa, in cui rischierebbe verosimilmente di peggio.
L’ex giornalista ha poi rivendicato di non agire per motivazioni di lotta politica, ma semplicemente per diffondere informazioni che i governi invece occultano. “Noi”, ha sottolineato Assange, “abbiamo uno stato di servizio ineccepibile, e verifichiamo sempre l’autenticità di ciò che pubblichiamo. Cerchiamo così di tutelare la nostra reputazione. Sul nostro conto risulta forse qualcosa di diverso?”, ha concluso in tono polemico. (agi/afp)
Utili ad arrestare o smascherare qualunque agente che abbia distrutto dossier Usa