NEW YORK (Usa) – David Sanford raccontò in prima persona la sua esperienza di giornalista infettato dall’Hiv e sottoposto a nuove terapie, grazie alle quali era passato dal pianificare la sua morte al programmare la pensione. Michael Rothfeld e Joe Palazzolo, nel gennaio 2018, svelarono il pagamento di Michael Cohen, avvocato tuttofare di Donald Trump, all’attrice porno Stormy Daniels, per coprire il legame con il futuro presidente degli Stati Uniti. Se c’è un messaggio che il Wall Street Journal ha lanciato nei suoi 130 anni di vita, fin dalla nascita, avvenuta l’8 luglio 1889, è stato quello di coniugare informazione, verifica delle fonti e coraggio, senza fare sconti.
I suoi 37 premi Pulitzer, l’oscar americano del giornalismo, rappresentano il fiore all’occhiello di un giornale erroneamente definito solo finanziario. Lo è stato, ma non lo è più da tempo. Chiamato con il nome della famosa via di Manhattan, centro del cuore finanziario di New York e degli Stati Uniti, il Wall Street Journal venne fondato da Charles H. Dow, della Dow Jones & Company, che si occupava di notizie d’affari e finanziarie, tanto dal dare poi il nome all’indice di Borsa, il Dow Jones.
Ma dopo gli inizi, quando il Wall Street Journal veniva distribuito come bollettino, con il tempo i confini si allargarono a tutti i campi della vita americana: la prima svolta avvenne dopo la Grande depressione del ’29, che spinse il giornale a sviluppare temi non solo finanziari. Dopo la Seconda guerra mondiale, il trend di vendita in aumento convinse che superare i confini economici si era rivelata una scelta vincente. Con il passare degli anni la tendenza si consolidò.
Il Wsj è stato il punto di vista conservatore che spinse Reagan all’abbassamento delle tasse, l’osservatore critico di Obama, ma anche la testata che ha scoperto scandali finanziari e politici, promosso dibattiti su temi ambientali come il cambiamento climatico, pioggia acida e buco dell’ozono, e aperto alle pagine di sport, sempre con un occhio alle storie individuali degli atleti. Per il suo giornalismo ha pagato anche prezzi molto alti. Uno dei suoi migliori investigatori, Daniel Pearl, che stava indagando sui rapporti tra Richard Reid, il terrorista trovato su un aereo americano con esplosivo nelle scarpe, e la rete di Osama Bin Laden, venne rapito e decapitato da un gruppo islamico nel 2002. Pearl aveva 39 anni.
Rilevato nel 2007 da Ruper Murdoch, il giornale si è aperto all’Europa con una serie di collaborazioni con le scuole d’economia, un piano sviluppato in modo parallelo alle edizioni stampate in Asia e Europa.
Dal 5 giugno 2018 il giornale è diretto da Matt Murray, esce sei giorni la settimana, non la domenica, e risulta uno dei più venduti negli Stati Uniti, con una circolazione di 2 milioni e 475 mila copie, compresi il milione e 590 mila abbonamenti digitali, secondo i dati del giugno 2018. L’occhio è sul mondo, ma il suo centro sentimentale resterà per sempre Wall Street.
Il giorno dell’attacco alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001, a pochi metri dalla redazione, gli uffici del Wsj vennero distrutti al punto da mettere a rischio, per la prima volta in 112 anni, l’uscita del giornale. Decisiva fu la determinazione di un componente della direzione, il giornalista italoamericano Jim Pensiero che organizzò e trasferì la redazione a South Brunswick, in New Jersey. Qui, con mezzi di fortuna, il giornale riuscì a documentare con precisione, e raccolta di testimonianze dal vivo, la tragedia che aveva messo sotto shock l’America e il mondo.
Un anno dopo, Pensiero venne premiato con il Pulitzer, forse l’edizione del premio a cui la redazione è più legata, perché aveva sancito una missione portata a termine: anche nel suo giorno più nero, il Wall Street Journal non aveva tradito il rapporto con i suoi lettori. (agi)