RIMINI – Giovanni Celli, legale rappresentante della Editrice La Voce che edita il quotidiano “La Voce di Romagna”, è stato condannato per condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 legge n. 300/1970 in seguito al ricorso presentato al Tribunale di Rimini dalla presidente dell’Associazione stampa dell’Emilia-Romagna (Aser), Serena Bersani.
La ricorrente – assistita dagli avvocati Alberto Piccinini del Foro di Bologna, Gianni Scenna e Massimiliano Gessaroli del Foro di Rimini – contestava l’antisindacalità del licenziamento del giornalista della Voce, Paolo Facciotto, membro del comitato di redazione, non solo per motivi di forma (mancata richiesta del nulla osta all’Associazione di stampa competente come previsto dall’art. 34 del Cnlg), ma soprattutto perché si riteneva che l’estromissione del collega fosse stata determinata dalla sua attività sindacale in redazione in seguito al mancato pagamento di molte mensilità, conflittuale con l’editore e ampiamente documentata.
Il giudice del lavoro di Rimini, Antonio Stanislao Fiduccia, udite ieri le parti, ha oggi sentenziato che è accertata la condotta antisindacale posta in essere dalla Editrice La Voce srl e ordina al legale rappresentante della società Giovanni Celli “di cessare immediatamente dal comportamento illegittimo e di rimuoverne gli effetti”. Pertanto dichiara nullo e inefficace il licenziamento di Paolo Facciotto e “ne riordina l’immediata integrazione nel posto di lavoro”. Inoltre condanna alla pubblicazione del decreto sul quotidiano La Voce di Romagna nell’edizione del 2 settembre 2014 e al pagamento delle spese legali sostenute dall’Aser.
“Come presidente della Federazione nazionale della stampa esprimo piena soddisfazione per la sentenza con la quale il giudice del lavoro di Rimini ha reintegrato nell’organico de la Voce di Romagna il collega Paolo Facciotto, membro del Comitato di redazione, licenziato con assurde motivazioni”, ha commentato il presidente della Fnsi, Giovanni Rossi.
“La conseguente condanna del comportamento antisindacale dell’editore Giovanni Celli – sottolinea Rossi – è la riprova che non si possono violare impunemente le leggi della Repubblica ed i contratti di lavoro. L’editore deve comprendere che con il Sindacato ci si confronta, specie se si ricevono consistenti soldi pubblici per finanziare la propria attività e, malgrado questo, non vengono pagati regolarmente gli stipendi dei dipendenti e le spettanze dei collaboratori. La sentenza di Rimini è un segnale per quegli imprenditori che pensano di vivere ancora nell’Ottocento e non negli anni Duemila. Un ringraziamento va all’Associazione stampa dell’Emilia-Romagna per essersi prontamente costituita in giudizio a tutela del giornalista”.
Soddisfatta anche la presidente dell’Aser, Serena Bersani: “Questa sentenza dimostra che mantenere la schiena dritta, come ha fatto il collega Facciotto malgrado le minacce e le ritorsioni subìte, alla fine paga anche in tempi tanto difficili come questi per il mondo del lavoro, specie quello editoriale. Se l’editore Celli ritiene che i diritti sono spade – come ha avuto modo di dire – io penso invece che i diritti sono il presupposto delle libertà, individuali e collettive, e che quindi tutti dovremmo lottare per la loro salvaguardia”.
Editore condannato per condotta sindacale ai danni del giornalista Paolo Facciotto