ROMA – Per il 60° anniversario della legge n. 69 del 3 febbraio 1963, istituiva dell’Ordine dei Giornalisti, domani venerdì 24 febbraio a Roma, nella sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il presidente del Consiglio nazionale Carlo Bartoli e il ministro Adolfo Urso presenteranno alla stampa il francobollo celebrativo che è, nei fatti, l’affresco donato tanti anni fa all’Ordine Nazionale dal giornalista milanese Luigi Vigevano.
Un evento solenne per il mondo del giornalismo italiano, ma parallelamente un riconoscimento altrettanto solenne per il lavoro svolto dallo stesso Luigi Vigevano che ama raccontare a Giornalisti Italia questa sua “singolare esperienza” come un gioco “per caso” in un momento speciale della sua vita professionale, dopo un incontro casuale con l’allora presidente nazionale dei giornalisti italiani Lorenzo Del Boca (l’unico ad aver ricoperto l’incarico per tre mandati), oggi presidente della Figec, Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione, federata alla Cisal.
«Erano molti anni – sottolinea Vigevano – che, durante le sedute dell’Ordine nazionale nel salone in Lungotevere de’ Cenci, percepivo la volontà di contribuire ad abbellire le pareti di quella spoglia sala offrendo il mio modesto contributo di artista e omaggiando al tempo stesso la figura del giornalista attraverso un excursus sullo sviluppo della stampa, ma l’imminente trasferimento della sede in via Parigi, mi fece accantonare l’idea.
Poi, il 7 dicembre 2008 – data che per noi milanesi è facile ricordare poiché si festeggia il patrono della città – passavo da Romagnano Sesia per recarmi nella mia casa in Valsesia, quando una voce mi spinse a telefonare al presidente dell’Ordine, che era Lorenzo Del Boca, per raccontargli la mia idea. Non solo lo trovai, ma ci incontrammo proprio quel giorno al Bar Cavour di Romagnano Sesia – tappa per me obbligata per un caffè tutte le volte che mi recavo alla casa delle vacanze. Il presidente, infatti risiede da sempre in quella storica cittadina e, nonostante la conoscenza risalga negli anni, non lo avevo mai incontrato in quel luogo. Gli illustrai la mia idea che nel frattempo, con il passare del tempo prendeva sempre più le sembianze di un’opera pittorica significativa nei suoi contenuti, fino a diventare un’allegoria che avrebbe reso un giusto tributo alla difficile professione del giornalista, attraverso la raffigurazione della storia della stampa».
Dopo le prime diffidenze, i primi timori che Lorenzo Del Boca non capisse il senso della sua offerta e della sua idea, Luigi Vigevano fa di tutto per convincere l’allora presidente del Consiglio Nazionale dei Giornalisti del rigore e della serietà della sua arte e delle sue capacità pittoriche.
«Devo ammettere che accettare la mia proposta per il presidente Del Boca, che non conosceva la mia attività di pittore professionista, fu inizialmente un atto di fiducia. Nei giorni seguenti illustrai a lui le diapositive delle mie opere più importanti. Fra le tante mi piace ricordare la pala raffigurante la deposizione di Cristo esposta a Milano nella chiesa Regina Pacis nel quartiere QT8, perché davanti alla mia opera si è inginocchiato Papa Giovanni Paolo II in una sua visita a Milano, come documentato da una foto esposta nella basilica. Poi gli parlai della mia opera, che chiamai “Allegoria sul mondo dei giornali”, perché il mio racconto pittorico partiva dalla stampa a caratteri mobili di Gutemberg, per passare poi alla mitica macchina da scrivere della Olivetti, modello lettera 22, per arrivare alle tecniche telematiche attuali».
Guardando bene il dipinto di Luigi Vigevano si nota che nella macchina da scrivere da lui dipinta c’è anche un foglio inserito con su scritte delle frasi. È in realtà un aforisma di Oriana Fallaci.
«È stata una scelta non casuale. Oriana Fallaci per due motivi fondamentali. Il primo perché non ho voluto dimenticare nella mia opera l’importante contributo che le donne hanno apportato alla professione. La Fallaci fu un’inviata di grande spessore professionale, scrisse per L’Europeo pagine memorabili sulla guerra del Vietnam. Il suo pensiero, racchiuso nell’aforisma che ho citato, rappresenta il primo dovere deontologico di ogni vero giornalista. Secondo, perché la conobbi personalmente all’inizio della mia carriera giornalistica quando lavoravo nella redazione di Annabella, il giornale femminile che vive ancora oggi con la testata A. Quelli sì che furono anni ruggenti».
Ma come si arriva a realizzare un affresco così completo e così complesso?
«Gli anni passati nelle redazioni di giornali, prima del Gruppo Rizzoli, poi della Mondadori, furono per me veri e propri anni di apprendistato. Mi ritenevo “allievo apprendista giornalista”, poiché ebbi la fortuna di lavorare con grandi professionisti.
Ma solo nella grande redazione di Panorama, con il direttore Lamberto Sechi, si compì la mia vera formazione professionale. Furono, come affermo da sempre, vent’anni di università. Il grande fermento politico sociale che caratterizzò gli anni ‘70 e ’80 mi assorbivano completamente e così dedicavo tutto il mio tempo libero all’attività di pittore».
Dentro il quadro, che da oggi diventa un francobollo della nazione, c’è raffigurato tutto il racconto della stampa e del giornalismo italiano, e che non è solo italiano.
«Quando lo realizzai sapevo che compito di un’opera di questo tipo doveva essere quello di rappresentare storicamente i mezzi e gli strumenti a disposizione del giornalista, che si sono poi via via evoluti. Dai caratteri mobili, alla macchina da scrivere, passando poi ai mezzi tipografici quali la linotype che negli anni ’80 rappresentava la più perfetta tecnologia conosciuta. E al centro dell’affresco ho immaginato un uomo bendato.
Volevo rappresentare un giornalista che viene torturato. Ma solo perché la più grande tortura che si può infliggere a un giornalista è quella di non poter più udire o vedere la verità. Ai suoi piedi ho anche raffigurato una macchina da presa che gronda sangue. Si tratta di un tributo dedicato a tutti quei giornalisti che hanno perso la vita cercando di raccontare la verità, e infatti la macchina è collocata sopra il codice deontologico il cui primo articolo impone al giornalista di raccontare proprio e solo la verità».
La domanda più scontata a questo punto è cosa centri alla destra estrema del dipinto l’immagine di un vecchio tram e anche a questo Luigi Vigevano dà un significato preciso.
«Ho scelto un vecchio tipico tram milanese per chiudere il quadro, perché ho voluto che quel modello di tram assurgesse a simbolo di tutti i mezzi di trasporto che ogni mattina portano i lavoratori nelle fabbriche o negli uffici dove si svolge quella vita che, nel bene o nel male, diventerà poi notizia del giorno. È il tram che porta le news in giro per il mondo, ma solo perché il tram era il mezzo più comune della mia infanzia e della mia giovinezza».
Il messaggio finale Luigi Vigevano lo affida poi ad una confessione aperta e quasi intima che Luigi affida a suo figlio, e in cui il grande artista milanese, e il vecchio cronista, si rende conto che il passato non c’è più e che il futuro non è più la realtà che lui ha vissuto e toccato con mano, e allora il ricordo diventa malinconia e struggente senso di tristezza.
«È vero, la carta stampata ha un fascino che difficilmente sarà rimpiazzato da altri mezzi di comunicazione. Nel mio quadro la pagina del moderno giornale fluttua nell’aria perché la tecnologia permette di poterlo stampare in ogni parte del mondo in tempo reale. E se è vero il detto secondo il quale il giornale del giorno prima serve solo per incartare il pesce o l’insalata, con che cosa incarteremo le insalate di oggi? Non certo con i file di domani.
Scherzi a parte, ritengo che il futuro della carta stampata dipenderà esclusivamente dal desiderio dei lettori di approfondire le notizie apprese troppo fugacemente dai nuovi strumenti di comunicazione di massa. Nessuno può prevedere il futuro, soprattutto ora che corre a una velocità tre volte superiore a quella di una decina di anni addietro. Amo il futuro e vorrei vivere il più possibile per vedere questo periodo transitorio concluso. Chissà come sarà affascinante la nuova era, non credi?».
Auguri e lunga vita Maestro Vigevano. (giornalistitalia.it)
Pino Nano
LE CARATTERISTICHE DEL FRANCOBOLLO
Ministero delle Imprese e del Made in Italy, 24 febbraio 2023, 5ª emissione 2023 di un francobollo celebrativo dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, nel 60° anniversario dell’istituzione.
valore: €1.20;
dentellatura: 11 effettuata con fustellatura;
dimensioni: formato carta e formato stampa: 30 x 40 mm; formato tracciatura: 37 x 46 mm; colori: sei.
stampa: in rotocalcografia;
tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente;
grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq;
adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco);
stampa: I.P.Z.S. Roma;
tiratura: 300.015.