Il direttore generale Inpgi, Mimma Iorio, spiega a Giornalisti Italia gli effetti del Jobs Act

Vietato l’uso dei voucher per il lavoro giornalistico

Mimma Iorio

Mimma Iorio, direttore generale dell’Inpgi (Foto Giornalisti Italia)

ROMA – Tra le recenti modifiche introdotte dai diversi provvedimenti attuativi del Jobs Act ve ne sono alcune che hanno interessato gli istituti del cosiddetto “Lavoro Accessorio” e del “Lavoro intermittente o a chiamata”.
È necessario, dunque, chiarire gli aspetti di natura previdenziale – per quanto di competenza dell’Inpgi – delle due figure contrattuali con specifico riferimento all’ambito giornalistico.

Lavoro intermittente o a chiamata

Si evidenzia, in primo luogo, che il lavoro intermittente trova la sua disciplina negli articoli da 13 a 18 del Decreto Legislativo n. 81/2015, attuativo – come detto – della legge n. 183/2014. Tale disciplina ha riprodotto, sostanzialmente, la normativa già contenuta nel D.Lgs 276/2003 e successive modifiche ed integrazioni.
Il lavoro intermittente o a chiamata è un contratto che si può attivare qualora si presenti la necessità di utilizzare un lavoratore per prestazioni con una frequenza non predeterminabile, permettendo al datore di lavoro di servirsi dell’attività del lavoratore, chiamandolo all’occorrenza.
Nello specifico, l’articolo 13, comma 1, prevede che il datore di lavoro possa utilizzare la prestazione lavorativa in base alle esigenze individuate dai contratti collettivi, come definiti dall’art. 51 dello stesso D.lgs n. 81/2015.
La nuova formulazione della norma consente, quindi, ai contratti di individuare sia le esigenze che i periodi in cui poter ricorrere alle prestazioni di lavoro intermittente. È stato, quindi, riproposto il ruolo essenziale della contrattazione collettiva circa la regolamentazione del ricorso al lavoro a chiamata e, solo in sua assenza, in via sussidiaria, si prevede l’intervento di un decreto ministeriale che ne individui i casi di utilizzo (decreto ancora non emanato).
Per quanto riguarda i giornalisti, anche a voler considerare ancora valide le disposizioni del  Decreto Ministeriale 23/10/2014, che richiamava il R.D. n. 2657/23 e che trovava le sue ragioni, peraltro transitoriamente, nell’abrogato articolo 40 del D.Lgs 276/2003,  si rileva che né la contrattazione collettiva, né il predetto DM, disciplinano l’utilizzo del lavoro a chiamata in ambito giornalistico. Di conseguenza, ad avviso dell’Inpgi, ad oggi – per lo svolgimento di attività giornalistica – non è consentito l’utilizzo del rapporto di lavoro intermittente.
Per quanto riguarda, infine, gli aspetti prettamente previdenziali, si rileva che – in base ai principi di autonomia di cui gode l’Inpgi ex Dlgs 509/94 – la suddetta disciplina, per trovare piena applicazione, dovrebbe essere recepita nell’Ordinamento Inpgi con delibera del Consiglio di Amministrazione e sottoposta poi all’approvazione dei Ministeri vigilanti. L’Inpgi, ad oggi, non ha inteso disciplinare gli aspetti contributivi di tale tipologia di contratto di lavoro.

Lavoro accessorio (voucher)

Il lavoro accessorio, come è noto, regolamenta quelle prestazioni lavorative non riconducibili alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma caratterizzate da un limite prettamente economico e dal pagamento attraverso dei voucher.
Il D.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015 ha abrogato e sostituito integralmente gli articoli da 70 a 73 del d.lgs. n. 276/2003 nell’ottica di garantire la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati.
Tale norma introduce novità in ordine al limite massimo del compenso che il prestatore può percepire, alla possibilità di remunerazione con i voucher dei soggetti percettori di prestazioni integrative del salario e/o di prestazioni a sostegno del reddito; all’obbligo di comunicazione preventiva in capo al committente; alla possibilità di acquisto esclusivamente telematica dei voucher da parte di committenti imprenditori o professionisti.
Il compenso derivante dalle prestazioni lavorative non deve superare, con riferimento alla totalità dei committenti, l’importo di € 7.000 netti (€ 9.333 lordi) nel corso di un anno civile (dal 1° gennaio al 31 dicembre). Qualora il committente sia un imprenditore (ditta individuale) o un professionista le prestazioni di lavoro accessorio rese a loro favore non possono eccedere il limite di € 2.000 nell’anno civile per ciascun lavoratore.
Per quanto concerne gli aspetti contributivi e previdenziali, si evidenzia che il pagamento della prestazione occasionale di tipo accessorio avviene attraverso i cosiddetti “voucher” (o buoni lavoro) che garantiscono, oltre alla retribuzione, anche la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail.
La normativa generale, quindi, non prevede la possibilità, per il committente, di versare il contributo previdenziale in favore del lavoratore ad altro ente (come ad esempio l’Inpgi) che, per legge, è sostitutivo dell’Inps relativamente alla categoria professionale di riferimento.
Ne consegue che l’ipotetica attuazione, in ambito giornalistico, della forma contrattuale in esame, comporterebbe la violazione degli obblighi di sostitutività previsti nell’ordinamento previdenziale e si porrebbe al di fuori del sistema delineato dal legislatore, in quanto farebbe sì che il rapporto assicurativo previdenziale derivante da una prestazione lavorativa posta in essere da un giornalista regolarmente iscritto all’albo e avente natura rientrante nell’esercizio della professione giornalistica, si costituisca presso l’Inps e non presso l’Inpgi.
Pertanto – alla stregua dei vigenti principi legislativi – non è possibile considerare estensibile in ambito giornalistico questo istituto. Infatti, in caso contrario, si violerebbe l’obbligo sancito, da ultimo, dall’articolo 76 della legge 388/2000, che, modificando l’articolo 38 della legge 416/1981 sull’editoria, testualmente recita “l’Istituto, – ai sensi delle leggi 1564/1951, 1122/1955 e 67/1987 – gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e praticanti e provvede altresì ad analoga gestione anche in favore dei giornalisti pubblicisti”.
Si evidenzia, quindi, che ad oggi – per lo svolgimento di prestazioni lavorative di natura giornalistica – non è consentito l’utilizzo del lavoro accessorio. (giornalistitalia.it)

Mimma Iorio

 

 

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