KABUL (Afghanistan) – Una «fraternità mistica»: è questa la cura, la terapia che Papa Francesco suggerisce per guarire i mali più insidiosi del nostro tempo: l’individualismo e l’immanentismo, il vivere nell’isolamento dagli altri e da Dio. Si tratta di una «mistica» che, a dispetto del termine spesso frainteso, non ha nulla di teorico, di spiritualistico, ma che «sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano» e, così, sa costruire la «comunità» (cfr. Evangelii Gaudium, 92).
“Con il cuore pieno di gioia per aver avuto il dono di visitare tutte le zone pastorali della nostra Chiesa in Italia e i contingenti italiani all’estero”, l’arcivescovo-giornalista mons. Santo Marcianò, Ordinario Militare in Italia, ha concluso a Kabul la visita al contingente italiano in Afghanistan in occasione della Pasqua.
“Non è facile – ha spiegato l’arcivescovo – essere comunità, non è facile essere a servizio delle comunità. Non è facile per chi opera in condizioni di conflitti aperti ma neppure per chi deve custodire la quotidiana sicurezza del Paese, combattendo ingiustizia e illegalità e spesso affrontando crimini e, addirittura, persone considerate criminali. Pure qui, in modo drammatico, cogliamo quanto la fraternità sia necessaria.
Forse ci tornano in mente i «sentimenti di fraternità» che l’amato Giovanni XXIII voleva suscitare nei fedeli, nel suo famoso «Discorso alla luna», la sera della sessione di apertura del Concilio Vaticano II. Non possiamo non pensare a lui, al «nostro Papa Giovanni» che tra poco – domani in piazza San Pietro, a Roma – sarà proclamato Santo, in questa Pasqua della nostra Chiesa”.
“Non possiamo – ha aggiunto mons. Marcianò – non sentirci ripetere da lui l’invito «a volerci bene così, guardandoci così nell’incontro, cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte quello – se c’è – qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà» (Roma, 11 ottobre 1962). Una fraternità semplice ma mistica, cioè capace di risorgere sempre, anche dalle macerie dell’odio e del rancore, dell’invidia e della rivalità, della violenza e della guerra”.
“Sì, di risorgere! Perché – ha detto con forza l’Ordinario Militare in Italia – la vera fraternità è dono di Cristo Risorto, dono che ci raggiunge se da Lui ci facciamo conquistare, educare, trasformare, amare. Dono da chiedere: per le nostre famiglie, per le comunità, le caserme, gli uffici, i luoghi di comando, le missioni di pace; per coloro ai quali il servizio dei militari si rivolge, siano essi cause o vittime di macerie di ogni genere.
Non dimentichiamolo: i militari non sono soltanto coloro che mantengono difesa, sicurezza, ordine e neppure solo coloro che portano soccorso, solidarietà, accoglienza, ma sono chiamati a qualcosa in più. Anche se spesso costretti a vedere orribili scenari di devastazione, sono chiamati a credere nell’uomo che è sempre più grande delle macerie che subisce, che semina, che sperimenta in sé, operando perché una fraternità sia possibile, anche in situazioni che rasentano l’impossibilità”.
Dopo la visita ad Herat, l’arcivescovo-giornalista è stato accolto nella capitale afgana dal generale di Divisione, Antonio Satta, Deputy Commander dell’Isaf Joint Command della Missione Nato in Afghanistan. Mons. Santo Marcianò ha celebrato messa nella base militare internazionale sottolineando “che il senso di questa visita pastorale sta semplicemente nel fatto che il vescovo ha voluto incontrare i suoi fedeli, i nostri militari. Loro sono cristiani e sentono il bisogno di vivere la fede, specie nei momenti forti, in maniera più motivata perché contemplano il dono della loro vita al servizio degli altri”.
“La nostra opera in Afghanistan – ha detto ancora Marcianò – è molto incisiva ed efficace e sono sicuro che i frutti si vedranno nel tempo. I militari italiani portano dentro il senso del servizio dando un contributo concreto alla riorganizzazione della democrazia. Ho visto un Afghanistan – ha concluso l’Ordinario Militare – più pronto ad affrontare il futuro, grazie anche all’opera dei nostri soldati. Tornando in Italia porto ai familiari il loro abbraccio”.
Alla presenza dell’ambasciatore in Afghanistan, Luciano Pezzotti, mons. Marcianò ha celebrato il triduo pasquale (la via Crucis è stata allestita lungo il perimetro di Camp Arena, nel corso della quale si è pregato anche per i marò), sia nell’omelia della notte di Pasqua che durante la celebrazione di domenica ad Herat, cui ha preso parte il generale Manlio Scopigno, comandante della Missione RC West e il generale Giuseppe Faraglia, addetto militare della nostra Ambasciata a Kabul.
“Sono qui tra voi come amico, come fratello e come padre. Amico che condivide la vostra storia, il vostro cammino e che vuole prendervi per mano”, ha concluso mons. Santo Marcianò condividendo “l’esperienza di stare nella precarietà della missione e vivere la logica della solidarietà che è capacità di portare con sé i dolori e le sofferenze di coloro che ci stanno accanto, le difficoltà, le paure, le ansie e i desideri”.
Chi è mons. Santo Marcianò
Nato a Reggio Calabria il 10 aprile 1960, mons. Marcianò si è laureato in Economia e Commercio all’Università di Messina nel 1982 e, conclusi gli studi al Pontificio Seminario Romano Maggiore di Roma, nel 1987, ha conseguito il Baccellierato in Teologia alla Pontificia Università Lateranense. Ha, inoltre, conseguito nel 1990 il dottorato in Sacra Liturgia al Pontificio Ateneo “S. Anselmo”.
Diacono dal 24 ottobre 1987, sacerdote dal 9 aprile 1988 e canonico dal 1997, è arcivescovo di “Cariati-Rossano” dal 6 maggio 2006. Nominato da Papa Benedetto XVI, a soli 46 anni, è stato il più giovane vescovo d’Italia ed è attualmente il più giovane arcivescovo. Dal 2006 al 2013 è stato Segretario della Conferenza Episcopale Calabra. Attualmente è segretario della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana. Papa Francesco, il 10 ottobre 2013, lo ha nominato Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia.
Giornalista pubblicista iscritto all’Ordine e al Sindacato Giornalisti della Calabria dal 5 settembre 1992, oltre che all’Ucsi Calabria, mons. Santo Marcianò è stato direttore responsabile della rivista “Euntes Ergo” e del mensile “Con Gesù nella notte”. È autore di libri e numerosi articoli di carattere liturgico-pastorale e vocazionale.