Ahmet e Mehmet Altan, Nazli Ilicak, Fevzi Yazici, Yakut Simsek e Tugrul Ozsengul

Vergogna turca: ergastolo per 6 giornalisti

Da sinistra, in alto: Ahmet Altan, Nazli Ilicak e e Mehmet Altan; in basso: Fevzi Yazici, Yakut Simsek e Sukru Tugrul Ozsengul

ISTANBUL (Turchia) – Nuove durissime condanne contro giornalisti e intellettuali in Turchia. Un tribunale di Istanbul ha confermato ieri sera in appello l’ergastolo aggravato – una sorta di 41 bis – con l’accusa di “attentato all’ordine costituzionale” per 6 reporter e accademici tra i più noti del Paese, tra cui i fratelli Ahmet e Mehmet Altan e l’editorialista veterana Nazli Ilicak.
Una sentenza attesa con preoccupazione anche all’estero, dove in questi mesi sono state lanciate numerose campagne a sostegno dei giornalisti incarcerati nella Turchia di Recep Tayyip Erdogan.
Gli imputati sono stati ritenuti colpevoli di aver sostenuto la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. I fratelli Altan – Ahmet è stato per decenni una delle firme principali in Turchia, suo fratello Mehmet un rispettato professore universitario di economia – sono accusati di aver inviato durante una trasmissione televisiva alla vigilia del putsch messaggi subliminali in favore dell’azione eversiva.
Ilicak, anche lei una veterana del giornalismo turco, è finita alla sbarra dopo essere stata a lungo editorialista di Zaman, il giornale di riferimento dei “gulenisti”, oggi chiuso. All’inizio del processo di primo grado – concluso lo scorso febbraio – aveva ammesso di non essersi resa conto del potenziale eversivo della rete di Gulen, pur difendendo il suo lavoro intellettuale. Gli altri tre condannati sono i giornalisti Fevzi Yazici, Yakut Simsek e Sukru Tugrul Ozsengul.
In attesa di un probabile ricorso in Cassazione, i giudici hanno inoltre stabilito la prosecuzione della carcerazione, che dura ormai da due anni, per tutti gli imputati, tranne per Mehmet Altan. Quest’ultimo era stato rilasciato a giugno dopo un clamoroso braccio di ferro istituzionale nei mesi precedenti, quando un tribunale penale aveva contraddetto l’ordine di scarcerazione emesso in suo favore dalla Corte costituzionale. Un episodio che sollevò nuovi allarmi a livello internazionale sulla tenuta dello stato di diritto in Turchia. (ansa)

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