ROMA – Il Venezuela ha negato l’ingresso a due giornalisti del Tg1, il giornalista Marco Bariletti e il cameraman Ivo Bonato. Al loro arrivo all’aeroporto internazionale Simón Bolívar di Maiquetía, lo scalo più importante del Venezuela, a 21 chilometri dalla capitale Caracas, i due sono stati separati dagli altri passeggeri al controllo passaporti e successivamente espulsi, con l’obbligo di tornare in Italia.
Bariletti e Bonato erano giunti in Venezuela per documentare le proteste esplose nel Paese dopo le controverse elezioni presidenziali. L’organizzazione internazionale Reporter Senza Frontiere accusa il governo del presidente Nicolás Maduro di ostacolare il lavoro dei giornalisti nazionali e internazionali. Solidarietà ai colleghi del Tg1 viene espressa da Unirai Figec Cisal che sottolineando che «erano lì per documentare lo svolgimento delle elezioni in un clima non democratico», invia le autorità competenti ad attivarsi per garantire l’esercizio della libertà di informare».
Maduro, in carica dal 2013, si è dichiarato nuovamente vincitore delle elezioni tenutesi la scorsa domenica. Tuttavia, l’opposizione rivendica la vittoria per il proprio candidato, Edmundo González. Recentemente, migliaia di persone sono scese in piazza in Venezuela per protestare contro quella che considerano un’elezione truccata.
I due giornalisti sono stati trattenuti all’aeroporto di Caracas per due ore e mezza senza passaporti e la possibilità di usare i cellulari, per poi essere espulsi senza alcuna spiegazione. A parlare all’Adnkronos è Marco Bariletti: «Siamo arrivati ieri con un volo della Tap, dal Portogallo, la compagnia aerea portoghese, da Lisbona a Caracas. Siamo arrivati ieri intorno a mezzogiorno un quarto», racconta Bariletti descrivendo un aeroporto «gigantesco e completamente deserto: non ci sono passeggeri e pochissimi voli».
Appena arrivati, Bariletti e Bonato si sono trovati davanti a una schiera di gabbiotti della polizia di frontiera, dove venivano consultate delle liste sui cellulari. «Siamo stati subito separati dal gruppo. Con noi – racconta il giornalista del Tg1 – anche altre 4 persone, eravamo in 6. Ci hanno preso i passaporti e, dopo qualche domanda di circostanza, del tipo che fai qui e dove vai, ci hanno lasciato lì. Eravamo dentro un rettangolo delimitato da nastri, guardati da altri poliziotti. Non potevamo usare il cellulare ed eravamo senza passaporti. Questa situazione di limbo è durata un paio d’ore. Ogni tanto uscivano dall’ufficio dai gabbiotti e facevano passare alcuni passeggeri. «Poi siamo rimasti solo io ed Ivo. Non avevamo alcuna attrezzatura televisiva, solo una macchina fotografica in valigia».
Bariletti ha provato a fare qualche filmato con il cellulare, ma gli è stato subito intimato di metterlo via. «Dopo circa due ore e mezza senza dirci niente, è arrivata una poliziotta che ci ha riportato indietro, davanti al finger dell’aereo dal quale eravamo scesi prima e ci ha intimato di salire». Bariletti a quel punto ha chiesto di poter parlare con un funzionario della polizia. «Mi hanno risposto “noi siamo la polizia dell’immigrazione, non c’è nessun responsabile, lei deve fare quello che diciamo noi”».
Insieme al giornalista e al cameraman anche un gruppo di peruviani che è stato espulso perché il loro volo per Lima era stato cancellato a causa della rottura delle relazioni diplomatiche tra Perù e Venezuela. C’è stato, quindi, un momento di agitazione. Bariletti ha contattato l’ambasciatore italiano, che gli ha consigliato di non fare resistenza e di seguire le istruzioni della polizia. L’ambasciatore ha garantito assistenza diplomatica, ma non c’era tempo sufficiente per intervenire prima della partenza del volo. «Sono stati molto, molto gentili quelli della sede diplomatica, però non c’è stato niente da fare».
I passaporti sono stati restituiti solo una volta tornati a Lisbona. «Un membro dell’equipaggio ci ha portato dalla polizia di frontiera portoghese che ci ha ridato il passaporto con il decreto di espulsione del governo del Venezuela come persona indesiderata che non ha superato il controllo immigrazione».
«Quando ho avvisato i miei contatti a Caracas tutti mi hanno chiesto di cancellare le conversazioni e i contatti dal cellulare per paura di poter essere rintracciati. Ecco questo è il clima che si aspira». Insomma, «nessuno ci ha fatto del male, però siamo stati allontanati ed è chiaramente la dimostrazione del fatto che non vogliono testimoni per quello che sta accadendo», conclude il giornalista del Tg1. (adnkronos/giornalistitalia.it)