LAMPEDUSA (Agrigento) – Valerio Giacoia per il Venerdì di Repubblica, Antonella Alba di Rainews24 per la Tv nazionale, Valerio Scarponi di Rai 1 per gli Under 30 e Tatjana Dordevic di Bbc News Serbia per la stampa estera. Sono loro i vincitori dell’ottava edizione del Premio giornalistico “Cristiana Matano”, dedicato alla giornalista prematuramente scomparsa nel 2015, che quest’anno aveva come tema di base “Lampedusa, il Mediterraneo e le terre di confine del mondo: racconti di vita, bellezza, diritti e appartenenza”.
Valerio Giacoia ha vinto con un reportage dal titolo “I bambini del Benin vivono di pietre”, reportage pubblicato sul Venerdì di Repubblica e in cui questo grande inviato della carta stampata racconta in maniera magistrale ed efficacissima il mondo dell’infanzia in paesi dove i bambini ancora muoiono di fame e di stenti, una perla del giornalismo moderno.
«Sono salito sul palco – spiega Giacoia a Giornalisti Italia – con un nodo alla gola però. Perché so, e l’ho respirato in questi giorni, quello che rappresenta Lampedusa per tanti bambini, donne e uomini in fuga da una vita impossibile. Non è necessario stare in mezzo a una guerra. Si fugge da tante altre piccole e grandi guerre quotidiane che ti macerano, ti uccidono più dei proiettili e dei fuochi. Come hanno fatto tanti dei bambini spaccapietre del nord del Benin, la cui vita infernale, surreale, ho raccontato a gennaio scorso nel reportage che ha vinto. Fuggono, una volta diventati più grandicelli, attraversando le terre d’Africa e poi il Mediterraneo.
Qualcuno certamente (quelli che ce l’hanno fatta) è passato dalla “porta” dell’Europa, Lampedusa appunto, quella che una volta varcata ti fa respirare un po’. Spesso, spessissimo soltanto un po’, perché chissà che cosa ti aspetta poi».
Figlio d’arte – suo padre era Emanuele Giacoia, indimenticabile e straordinario volto storico del giornalismo sportivo in Rai – e fratello di Riccardo Giacoia, uomo immagine e vice caporedattore della sede Rai della Calabria, Valerio Giacoia è il classico cronista di strada, navigato e avvezzo ai mille climi del pianeta, che consuma le scarpe in giro per il mondo, una magnifica penna, e dentro il suo zaino una grande capacità di racconto letterario.
«Ringrazio per il premio che mi ha consegnato il presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli. Quasi mi imbarazza averlo vinto, credetemi, ma il vero premio per me è che qualcuno in Italia abbia letto le storie dei diseredati che racconto da qualche anno. Il premio è che qualcuno abbia pensato a loro, anche soltanto il tempo di leggere un pezzo».
– Valerio nella tua vita non c’è solo il Quotidiano del Sud, ma anche il Venerdì di Repubblica e Left, il settimanale con cui hai vinto il tuo ultimo premio. È vero che tu e la scrivania avete da sempre un pessimo rapporto…
«Sì, è vero. Non mi è mai piaciuto stare seduto in redazione, ed è per questo, ma anche per tante altre cause che qui sarebbe lungo spiegare, che ho sempre preferito camminare per strada. Ho lavorato per lunghi anni tra Roma e Milano, tra le tante testate all’Ansa e in Mondadori, ma sempre sentendomi, come dire, costretto, ingabbiato. Non riesco a esprimermi al meglio seduto alla scrivania. Devo spaziare, vedere, toccare le cose, le persone, sentire il profumo del mondo, con tutta la sua bellezza e tutto il suo dolore. Quando ho potuto, sono scappato perciò. In giro per il mondo, per raccontare delle vicende di popolazioni dimenticate e oppresse.
Quindi Medio Oriente, in Siria per esempio, in occasione dello scoppio della Primavera Araba, e anche di recente ad Aleppo, da dove ho raccontato per Il Venerdì la storia di quell’anziano signore collezionista di auto d’epoca, la cui fotografia di qualche anno fa che lo ritrae seduto su bordo del letto tra le macerie della sua casa mentre ascolta musica classica da suo grammofono fece il giro del pianeta ed è una delle immagini simbolo della guerra. Oggi lui è ancora lì, e la sua casa è rimasta così, devastata dalle bombe, insieme alla sua incredibile collezione di automobili d’epoca…».
– Ma sei volato anche in America Latina, a Buenos Aires per esempio, in Argentina. Se non ricordo male era stato appena eletto papa Bergoglio, mi pare?
«Sì, fu un viaggio emozionante. Fui il primo giornalista europeo a entrare nella casa della sorella del Papa, Maria Elena. Fu divertente, perché per convincerla a farmi entrare dopo aver bussato al campanello mi inginocchiai. Lei colpita da questo gesto e dalle mie parole, “vengo dall’Italia e stavo giocando a tennis quando mi hanno ordinato di andare in Argentina, la prego mi dica che ne è valsa la pena di interrompere la partita e mi faccia entrare”. Mi fece accomodare.
Bevendo il caffè, mi raccontò un bel pezzo di storia di suo fratello e della sua vita da bambino, e poi da ragazzino, dei suoi presunti amori e della sua passione per il calcio. Calpestai, e con grande emozione, anche la terra della favelas dove l’allora arcivescovo di Buenos Aires si recava in pullman e faceva tremare le gambe ai narcotrafficanti».
A Lampedusa, altri riconoscimenti sono stati attribuiti anche agli studenti delle Isole Pelagie e premiate le eccellenze lampedusane con i riconoscimenti a Giovanni Fragapane, artista e scrittore, a Giacomo Sferlazzo, cantautore e narratore di storie e tradizioni isolane, e alla Libreria Ibby per l’impegno nel sostegno della lettura fra i giovani lampedusani.
Ospiti della serata di ieri sera, l’attrice e cantante Ester Pantano, protagonista delle serie Tv “I leoni di Sicilia” e “Makari”, e Ascanio Celestini, attore e scrittore, esponente del più apprezzato teatro di narrazione. In scaletta anche il ricordo del decennale della visita di Papa Francesco a Lampedusa.
Dopo la “Notte in musica” con Ermal Meta e Marina Rei, ieri sera a Lampedusa, dunque, gran finale in piazza Castello, di Lampedus’amore con la cerimonia di consegna dei riconoscimenti, cerimonia condotta da Monica Giandotti (Rai) e Salvo La Rosa (Tgs-Rtp). L’apertura è stata affidata al talento di Andrea Bosca, uno degli attori più conosciuti e affermati in Italia, vincitore anche di un Nastro d’Argento, che ha portato in scena lo spettacolo teatrale “La luna e i falò” di Cesare Pavese, ripercorrendo la storia di Anguilla, un emigrato che ha fatto fortuna in America e poi ritorna nelle Langhe.
Il premio è nato «per onorare la memoria di Cristiana Matano, giornalista di riconosciuta capacità e preparazione, tenendo viva l’attenzione del mondo della cultura, dell’arte e dello spettacolo verso l’ultimo lembo d’Italia e d’Europa, terra di frontiera, di accoglienza, di continue emergenze, ma anche di straordinarie bellezze naturali».
Nata a Napoli il 27 settembre 1969, Cristiana Matano si è spenta a Palermo l’8 luglio 2015, a soli 45 anni. Aveva conseguito la laurea in Materie Letterarie all’Università degli Studi di Salerno nell’anno accademico 1991/92, discutendo la tesi “Girolamo Ardizzone, letterato e giornalista, fondatore del Giornale di Sicilia nel 1860”, relatore il prof. Sebastiano Martelli.
Cristiana aveva iniziato la carriera giornalistica nelle emittenti televisive di Salerno, dove viveva, e quindi aveva cominciato la sua collaborazione con il Giornale di Napoli e con il Giornale di Sicilia, come corrispondente dalla Campania, scrivendo di cultura, spettacoli e sport.
Successivamente si era trasferita a Palermo per amore, dove nel 1990 si era sposata il collega Filippo Mulè, redattore del Giornale di Sicilia, e nel 1994 era diventata mamma di Marta (oggi studentessa universitaria a Milano in Scienze dei Beni Culturali). Brava quanto mai, ma soprattutto con quella sacra passione in corpo che fanno la differenza tra un cronista bravo e un’eccellenza del nostro mondo, nel 1996 aveva superato l’esame di abilitazione ed era diventata giornalista professionista.
Dopo una breve collaborazione era stata, quindi, assunta a tempo indeterminato dall’agenzia di stampa nazionale Italpress di Gaspare Borsellino. Dopo la sua morte è nato il Premio, che da otto edizioni ormai ha trasformato Lampedusa nella sua Itaca. (giornalistitalia.it)
Pino Nano