A Berkeley un tg interamente computerizzato, ma è il giornalista che scova le notizie

Una tv senza umani: è questo che vogliamo?

Lorenzo Del Boca

Lorenzo Del Boca

ROMA – Una tv senza umani? Il dipartimento di “scienze sociali” dell’università californiana di Berkeley manda regolarmente in onda un telegiornale costruito interamente dal computer. Uno speciale programma informatico, attraverso una serie di algoritmi sofisticati, è in grado di selezionare le notizie utili per la confezione di un programma informativo. Il “mezzo busto” che le presenta non esiste nella realtà. Si tratta di una figura, costruita con il computer, che può avere le fattezze di un uomo o di una donna, giovane o più in là negli anni, bionda o bruna. I professori statunitensi hanno anche utilizzato profili assimilabili alle cosiddette minoranze Usa, in particolare ispanici e di colore.
Il giornalista che si vede comparire sullo schermo muove le labbra ma a diffondere suoni e parole è – ancora – il computer che, utilizzando un altro programma, è in grado di “leggere” il notiziario preconfezionato.
Questa televisione, senza persone che ne alimentino l’attività e senza redazione, è il risultato di una ricerca, avviata una decina d’anni fa e costruita, pezzo dopo pezzo, da un’equipe d’ingegneri e d’informatici.
Da qualche mese, questa tv funziona quotidianamente, diffondendo un telegiornale ogni due ore, provvedendo automaticamente all’aggiornamento della “scaletta” informativa. Per il momento, si tratta di una rete televisiva che funziona a circuito chiuso, soltanto nei locali del dipartimento universitario. La si potrebbe definire due volte virtuale.
E, tuttavia, il risultato scientifico di assoluto rilievo si porta dietro l’inquietudine per un mestiere – il nostro – che rischia di perdere un altro miglio di terreno. Perché – è del tutto evidente – se le macchine possono produrre autonomamente e automaticamente un telegiornale, i giornalisti della redazione non servono più. Basterà cercare qualcuno al Politecnico che ne faccia le veci.
In qualche modo, anche le televisioni di casa nostra stanno dimostrando che i professionisti dell’informazione o sono inutili o se ne può fare a meno. Intrattenitori, cantanti, comici, show girl e persino qualche sciacquetta sostituiscono quotidianamente i giornalisti. Nei programmi d’intrattenimento (che, ogni giorno, occupano ormai decine di ore di trasmissione) intervistano, producono inchieste, firmano editoriali. E non è raro che, per buon peso, contestino anche l’informazione tradizionale che avrà pure le sue colpe ma non quella di assoggettarsi alle leggi dello spettacolo.
Dunque è finita? Quanto tempo sarà necessario prima che gli editori si accorgano che la scoperta statunitense consentirà loro di pre-pensionare qualche centinaio di capi redattori e di addetti al desk?
Però, una nota di speranza viene dalla stessa università di Berkeley la quale sostiene che la macchina è in grado di proporre un notiziario, scegliendo i “pezzi” dal mare delle notizie esistenti in rete ma occorre pur sempre qualcuno che queste notizie scovi e faccia emergere.
Il lavoro giornalistico arretra ma non svanisce. In California, dimostrano che esce dalla redazione ma diventa ancora più indispensabile alla fonte delle notizie.
Ma occorre che il lavoro dei cronisti sia più appropriato, più puntuale, più professionale, più accurato. Gli accademici di Berkeley sostengono che non basterà presentare un “fatto” ma diventerà indispensabile “vestirlo” con una lettura critica, in grado di collocarlo in un contesto storico e di prospettiva. Il prodotto dovrà essere simile a quello degli analisti che rappresentano un vero valore aggiunto.
La professione si sta preparando all’ultimo atto della rivoluzione informativa? E come? (giornalistitalia.it)

Lorenzo Del Boca

 

 

 

 

 

 

 

 

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