SIRACUSA – Una riflessione sul “tema della deontologia della comunicazione nel contesto proprio dell’educazione dell’umano dell’uomo nella prospettiva del Convegno ecclesiale di Firenze sul «nuovo umanesimo»”. L’ha proposta monsignor Antonio Staglianò, vescovo giornalista di Noto e delegato regionale della Conferenza episcopale siciliana per le comunicazioni sociali e la cultura, intervenendo al corso per la formazione dei giornalisti organizzato dall’Ucsi di Siracusa.
“La categoria dell’umano – ha detto il vescovo – serve oggi per «mettere in comunicazione» tutti gli attori della cultura e della società in una «nuova santa Alleanza» che sia capace di resistere al degrado dis-umano del narcisismo consumistico e dell’individualismo mercantile che isola”. Per Staglianò, “la rilevanza etica della comunicazione sociale non può prescindere da un dato fondamentale e costitutivo dell’uomo: egli è un «essere in comunicazione» che diventa se stesso soltanto comunicando”.
“La Chiesa – ha ricordato Staglianò ai giornalisti dell’Ucsi di Siracusa – è per sua natura eminentemente comunicativa: la comunicazione è innanzitutto alla base del Vangelo e della nascita della Chiesa stessa. Pensiamo a come avviene la trasmissione della fede: ciascuno è comunicatore anche soltanto ad un’altra persona della propria fede. Da parte della Chiesa c’è stata negli anni una particolare attenzione rispetto ai mezzi di comunicazione sociale e alla loro influenza nei riguardi della società”.
A partire dal pontificato degli ultimi tre Papi, San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, “possiamo individuare alcune specificità nel loro insegnamento, utili a definire una deontologia della comunicazione più umanizzante, perché sempre più antropocentrica, in funzione dell’uomo e della sua piena promozione”. “Riscoprire una comunicazione che ci insegni al dialogo – ha detto nella presentazione del corso di formazione il presidente dell’Ucsi Siracusa, Salvatore Di Salvo, introducendo il vescovo Staglianò – al rispetto e all’accoglienza avendo come punto di riferimento la famiglia, il primo luogo dove impariamo a relazionare con gli altri”.
Monsignor Antonio Staglianò ha, quindi, messo a confronto gli ultimi tre pontefici. “Giovanni Paolo II – ha detto – si può definire certamente il Papa dell’era dei mass media. Il Papa polacco ha sempre guardato con fiducia ai moderni mezzi di comunicazione, definendoli «segni del progresso».
Meno «mediatico», ma capace di una comunicazione limpida, ordinata, coerente e sintetica, senza incertezze e confusioni, Benedetto XVI, che con la chiarezza della sua semplicità ha saputo parlare al cuore.
Infine Bergoglio, riconosciuto ottimo comunicatore, attraverso soprattutto un «codice gestuale» peculiare e significativo, uno stile personale, sobrio, innovativo. La sua comunicazione è anzitutto un contatto diretto con le persone. Per Francesco la comunicazione è incontro”. Francesco ha riconosciuto nei nuovi mezzi di comunicazione un nuovo “luogo” dell’abitare umano, “punto di incontro e di dialogo, ma anche di esclusione e di isolamento”.
Sulla scia di Benedetto XVI, Francesco definisce la comunicazione una conquista “più umana che tecnologica”. Una comunicazione che avviene anzitutto tra persone, dentro la vita, che è una “rete” di relazioni. “Una visione profetica della comunicazione – ha concluso il vescovo –, fatta di incontro, di dialogo, di confronto, di apertura sincera e cordiale. Una sfida appassionante, per una comunicazione che significa anche un modo di vivere insieme”. (Sir)
Il vescovo giornalista Antonio Staglianò ai giornalisti dell’Ucsi di Siracusa