CATANIA – Caltanissetta, Gela e Mazara. Se tre indizi – come sostengono alcuni – fanno una prova, significa che quello che sta accadendo negli Enti locali siciliani a proposito di uffici stampa non è per nulla un caso.
Del resto, anche a volere ottimisti e benpensanti, come si può credere che, solo per un puro caso, il sindaco di Caltanissetta abbia sentito all’improvviso, poco prima dell’estate, la necessità di scegliersi senza alcuna selezione un proprio esperto in comunicazione andandolo a rintracciare nientemeno che al Comune di Catania, pur avendo un giornalista nell’ufficio stampa del suo stesso Comune?
Oppure, che dire del sindaco di Gela che alla vigilia di Ferragosto, il 13 agosto per l’esattezza, ha reso noto il bando per la selezione di un addetto stampa che si concluderà il 28 agosto (in pieno periodo di ferie quindi) prevedendo solo requisiti ma nessun titolo col relativo punteggio? Le uniche certezze di questa vicenda sono che alla fine della selezione non ci sarà alcuna graduatoria, che il giornalista prescelto dovrà intervistare lo stesso sindaco, e che il sindaco medesimo, a suo insindacabile giudizio, potrà revocare l’incarico all’addetto stampa.
Mazara del Vallo: la politica con la P maiuscola c’entra poco o nulla
Buon ultimo è arrivato il Comune di Mazara. Il caso certamente più delicato perché con la sua decisione di individuare autonomamente nuovi profili professionali (un giornalista pubblicista e un addetto stampa tra i dipendenti dell’Ente) minaccia di scardinare la struttura normativa che regola il lavoro giornalistico negli uffici stampa degli Enti locali siciliani.
Si potrebbe pensare a un disegno politico di largo respiro, cosa che non porta comunque a escludere iniziative di basso profilo, figlie di mediocri interessi locali. Invece la politica, quella con la P maiuscola, c’entra poco o nulla perché poco o nulla queste vicende hanno a che vedere con i partiti o con le maggioranze di governo e le loro opposizioni. I tre sindaci in questione vanno, infatti, dall’area della sinistra grillina alla destra di ciò che rimane in Sicilia della vecchia An.
L’informazione dell’ente e gli interessi degli amministratori
Il filo rosso di questa “campagna estiva” è il comune sentire di chi (destra, centro o sinistra poco importa) è al potere: pretendere di gestire l’informazione dell’Ente che presiede pro tempore, conformandola e piegandola agli interessi personali e della propria Amministrazione.
Ma questo è l’esatto contrario dello spirito della legge 150/2000 che ha previsto la costituzione degli uffici stampa nella pubblica amministrazione, definendo figure professionali giornalistiche che servissero l’Ente, sopravvivendo alle Amministrazioni pro-tempore; e mettendo, invece, a disposizione del sindaco, o comunque dei vertici politici, con un ruolo di natura strettamente fiduciaria e solo per il tempo del loro mandato, il “portavoce” affinché l’Amministrazione potesse divulgare il proprio pensiero e rendere nota la propria posizione all’esterno in modo diretto e senza intermediazioni.
Per uscire da questa enpasse, ormai ultradecennale, che serve a garantire piccoli interessi ma nega importanti diritti, occorrerà risolvere la vera e unica questione di fondo: ossia la definitiva separazione tra l’informazione istituzionale dell’Ente, affidata ai giornalisti degli uffici stampa, e la comunicazione delle Amministrazioni, affidata ai “portavoce”. Ma fino a quando ciò non avverrà e la politica, quella con la P maiuscola, non vorrà scendere in campo per risolvere la questione, i sindaci, con i soldi dei contribuenti, cercheranno sempre di avvalersi di figure professionali compiacenti che possano garantire la loro immagine, confondendo in un perfido mix la figura dell’addetto stampa con quella del “portavoce”.
D’altro canto, l’attività dell’ufficio stampa istituzionale verrà svilita a un ruolo marginale, mortificando i giornalisti che vi lavorano e non tenendo in alcun conto, ma anzi calpestandolo il diritto dei cittadini di essere correttamente informati sulle attività dell’Ente, nel pieno rispetto della trasparenza degli atti amministrativi.
La burocrazia contro i giornalisti e il loro sindacato
Ormai la battaglia per gli uffici stampa nella Pubblica amministrazione è quasi ventennale ed è concentrata esclusivamente su questi temi. E il belligerante confronto tra i giornalisti con il loro sindacato da un lato, e gli amministratori con a fianco la burocrazia dall’altro, resta sempre vivo, seppure con alterne fortune per entrambi.
Da sempre la burocrazia della Pa ha mal sopportato i giornalisti, specie se arrivati dall’esterno, sia per il ruolo apicale ricoperto e la vicinanza diretta alle stanze del potere, sia per il non trascurabile fattore economico che prevede per i giornalisti una retribuzione più favorevole di quanto stabilito dal contratto degli Enti locali per funzionari e dirigenti pubblici.
Ma negli anni, dopo il braccio di ferro con l’Aran (per costringere la quale ad accettare il sindacato dei giornalisti al tavolo del negoziato contrattuale è stata necessaria la sentenza di un tribunale per altro mai eseguita), solo in Sicilia si è registrato un significativo (quasi epocale) passo in avanti, con la firma di un vero e proprio contratto – il primo e finora unico in Italia – tra Fnsi e Associazione Siciliana della Stampa con Anci (Comuni) e Urps (Province) che definisce le figure professionali dei giornalisti impiegati negli uffici stampa degli Enti locali, facendo esplicito e inequivoco riferimento all’articolo 1 del contratto nazionale di lavoro giornalistico.
Dal punto di vista giuridico e legislativo, per i giornalisti, quest’accordo è un caposaldo più che solido. Tanto più che una decina di sentenze di primo e secondo grado, con le quali sono stati accolti in Sicilia i ricorsi dei giornalisti contro la pubblica amministrazione, riconoscono la piena validità legale dell’accordo sottoscritto dal sindacato.
Ma tanto più forte è il principio, tanto più aspra è la reazione di chi cerca di recuperare uno spazio che riteneva proprio e di cui invece si sente ingiustamente privato. Otto anni dopo la firma di quest’accordo sindacale, fatto proprio dal presidente della Regione con il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, assistiamo adesso all’ennesimo attacco che punta a scardinare il sistema di norme condiviso costruito con tanta fatica.
Gli strafalcioni di Crocetta, fautore dell’informazione fai da te
Cominciò la Corte dei conti, per l’esattezza un solo sostituto procuratore della magistratura contabile, col sostenere in modo quasi maniacale che l’accordo tra sindacato, Comuni e Province ledeva interessi economici e generali e dunque era incostituzionale. Poi è arrivato il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, che, come primo atto della sua irripetibile gestione della Regione, ha licenziato 21 giornalisti e poi, col sistema “fai-da-te”, si è fatta una piccola redazione volante che controlla i network e lancia cinguettii più vicini al gossip che alle notizie, con qualche volonteroso sedicente giornalista o aspirante tale, o iscritto all’Ordine la settimana prima di ricevere l’incarico, che convoca le conferenze stampa e si presta a scrivere comunicati stampa con grossolani errori di ortografia. Ovviamente di un ufficio stampa istituzionale e professionale che garantisca la trasparenza degli atti della Regione e una corretta informazione ai cittadini, Crocetta (che per proprio conto gode di buona fama e, soprattutto, di buona tv, date le sue numerose e ripetute comparsate nei salotti di intrattenimento) non ha alcun interesse a parlarne.
In questo contesto di procurata, ma finora mai dimostrata, precarietà normativa, da tempo i sindaci cercano di fare da soli (come Crocetta insegna) anche se poi i risultati sono spesso disastrosi (come Crocetta insegna). Abbiamo già assistito alla fase dei concorsi burla, a quella delle selezioni farsa e a quella della chiamate dirette degli “amici del cuore”.
Saltando a piè pari la fase in atto dell’uso ormai diffuso e sconsiderato di Facebook come fosse una clava da usare contro oppositori e dissidenti dell’Amministrazione. A questo volgare malvezzo il sindacato si è opposto con tutti i mezzi e in tutte le sedi, costringendo spesso le Amministrazioni a rinunciare alle loro fantasiose iniziative e alle altrettante balzane figure di addetto stampa, meglio se di bella presenza, da usare come utile orpello al seguito.
Così a Mazara del Vallo si nega lo spirito della legge
Di tutt’altro livello appare, invece, la scelta fatta dal Comune di Mazara, il cui sindaco è stato per parecchi anni presidente dell’Assemblea regionale siciliana e dunque conosce assai bene gli uomini, le cose e le leggi del Palazzo. La tesi del Comune di Mazara, infatti, non mira ad aggirare la legge, ma addirittura a eliderla e a renderla marginale, riducendo il campo di applicazione del contratto che definisce i profili professionali dei giornalisti degli uffici stampa a pochissimi enti quasi sconosciuti e forse a meno di una decina di giornalisti.
In altre parole il Comune di Mazara afferma che la contrattazione firmata dal sindacato dei giornalisti con Anci e Urps può essere applicata solo ai giornalisti che lavorano negli enti locali non economici sottoposti al controllo della Regione e non a quelli che lavorano negli uffici stampa dei Comuni, delle ex Province o delle Asl. Se ciò fosse vero i Tribunali siciliani in questi anni avrebbero preso clamorosi abbagli, fraintendendo totalmente la “ratio” della legge e del contratto.
Il sindacato, come sempre, ha già contestato la decisione del sindaco di Caltanissetta, ha diffidato il primo cittadino di Gela e ha dato mandato ai legali di impugnare la delibera del Comune di Mazara. Eppure la verità è semplice da accertare: basta leggere le leggi. Ma la battaglia sarà ancora lunga. Specie se ai politici il culto della loro immagine continuerà a interessare più di quei beni preziosi e non negoziabili come l’informazione libera e la trasparenza.
Luigi Ronsisvalle