ROMA – «Ogni fotografo ucraino vuole scattare la foto che fermerà la guerra». Maxim Levin, fotoreporter ucraino di 41 anni, usava ripetere questa frase, era il suo modo di spiegare quella fiamma che brucia e ti spinge ad andare sempre un po’ più in là: un chilometro in più, una testimonianza in più, un’immagine in più, per guardare in faccia la realtà e raccontarla. Anche la più atroce come la guerra, per smascherarne gli orrori. La fine di questo conflitto, che da oltre un mese infiamma il suo Paese, Maxim non arriverà a vederla.
Con due colpi, fatali, «Levin è stato assassinato da soldati delle forze armate russe» ha affermato l’Istituto per i mezzi di comunicazione dell’Ucraina, citando la Procura generale dello Stato. Il suo nome si va così ad aggiungere alla già troppo lunga lista dei reporter caduti sul campo da quando Vladimir Putin ha ordinato l’inizio dell’operazione militare speciale.
Del compagno di viaggio e collega di Maxim Levin, il fotografo Oleksiy Chernyshov, non si hanno invece notizie. I due erano arrivati a Huta Mezhyhirska, nella regione di Kiev, il 13 marzo per documentare le conseguenze dell’aggressione russa. Avevano lasciato l’auto su cui viaggiavano e si erano diretti verso il villaggio di Moshchun. A quel punto però le comunicazioni si erano interrotte, mentre si rincorrevano notizie di combattimenti nella zona. Il silenzio per oltre due settimane, rotto oggi dalla conferma dell’agghiacciante sospetto: «Il primo aprile, dopo approfondite ricerche intorno al villaggio di Huta Mezhyhirska nella regione di Kiev, la polizia ha trovato il corpo senza vita di Maxim Levin», scrive in mattinata Ukrinform citando la testata ucraina per cui Levin lavorava, la LB.ua.
Levin era nato il 7 luglio 1981 nella regione di Kiev, aveva collaborato anche con un gran numero di testate internazionali fra cui Reuters, Ap e Bbc. Fotogiornalista e documentarista, la gran parte dei suoi progetti sono stati dedicati alla guerra in Ucraina. Ma molte sue attività erano anche a scopo umanitario, legate a organizzazioni internazionali come Oms, Unicef e Osce. Lascia quattro figli piccoli, la moglie e i genitori.
È il sesto giornalista rimasto ucciso in Ucraina dall’inizio della guerra lo scorso 24 febbraio, stando ad indicazioni di Reporters Sans Frontieres. Almeno 35 quelli feriti secondo la responsabile per i diritti umani del parlamento ucraino, Lyudmila Denisova, mentre si sono perse le tracce di Oleh Baturin a Kherson, città in mano alle forze russe, sospettate del suo sequestro. La drammatica lista comprende Oksana Baulina, video giornalista del sito indipendente The Insider, uccisa da un bombardamento il 23 marzo mentre filmava la distruzione provocata dal lancio di razzi su un centro commerciale nel distretto di Podolsky;
Brent Renaud, giornalista statunitense ucciso da colpi di arma da fuoco a Irpin, il 13 marzo; Pierre Zakrzewski, operatore della telecamera di Fox News, e la giornalista ucraina Oleksandra “Sasha” Kuvshynova, uccisi il 14 marzo a Horenka; Viktor Dedov, giornalista ucraino è morto l’11 marzo a Mariupol nel bombardamento del suo appartamento. Era uno degli operatori più importanti della stazione televisiva ucraina Sigma-TV. Era a casa quando due bombe hanno colpito il suo appartamento. La famiglia non ha potuto seppellire il giornalista perché un’altra granata ha provocato un incendio nella casa quattro giorni dopo le prime esplosioni. Infine, Yevheniy Sakun, cameraman ucraino di Live Tv ucciso il primo marzo durante un attacco missilistico alla torre della TV a Kiev. (ansa)
Anna Lisa Rapanà