JUBA (Sudan) – Il giornalista Peter Julius Moi è stato assassinato, a colpi di pistola, nella periferia di Juba, la capitale del Sudan del Sud. Il 16 agosto scorso il presidente africano, Salva Kiir, aveva minacciato di uccidere i giornalisti che “lavorano contro il paese”.
I colleghi del suo giornale, il bimestrale Nuova Nazione, sono convinti che si tratti di un’esecuzione in piena regola, considerato che gli sconosciuti che hanno fatto fuoco su di lui non hanno toccato né il suo telefonino, né il denaro che portava con sé, segno evidente che non si sia trattato di una rapina. Con l’omicidio di Peter Julius Mio sale a sette il numero di giornalisti uccisi nel 2015, in un paese devastato da un lungo conflitto tra forze governative e gruppi armati.
Oliver Modi, presidente dell’Unione dei Giornalisti del Sud Sudan non ha dubbi sull’omicidio “intenzionale” di Moi e ammonisce che “oggi è stata la volta di Peter e domani toccherà ad un altro. Veniamo presi ad uno ad uno”.
Tom Rhodes, rappresentante per l’Africa orientale rappresentante del Committee to Protect Journalists (Cpj) ha condannato la “uccisione insensata di Moi” che ha,“inevitabilmente gettato una cappa sui giornalisti in Sud Sudan, inducendoli all’ auto-censura come mezzo di sopravvivenza. Sempre più voci indipendenti – ha aggiunto Rhodes – vengono messe a tacere in Sud Sudan in questo momento critico nella storia del paese in cui il pubblico ha un disperato bisogno di informazioni imparziali e indipendenti”.
Il 16 agosto il presidente del Sudan, Salva Kiir, ha minacciato di uccidere i reporter