ROMA – La storia di internet è fatta di compagnie nate in uno scantinato che toccano vette di espansione impensabili e di stelle apparentemente destinate a un futuro radioso che vengono scalzate brutalmente dal podio dei signori della rete. Twitter, il social network fondato nel 2006 da Jack Dorsey (oggi tornato al timone della compagnia), rischia di raggiungere MySpace e Yahoo in questa seconda categoria, tanto appare inarrestabile la sua parabola discendente nonostante una fama mediatica alla quale non ha mai corrisposto una reale solidità economica.
Quando il 7 novembre 2013 la società di San Francisco debuttò a Wall Street, chiuse con un rialzo del 72% a un prezzo di quasi 45 dollari per azione. L’entusiasmo di investitori forse non troppo memori della “bolla dot com” del 2000 portò il mese dopo il titolo a un massimo storico di 73,82 dollari. Da allora la compagnia ha perso circa l’80% del proprio valore in borsa, sceso da oltre 40 miliardi di dollari a meno di 13 miliardi di dollari.
In questi giorni, in seguito ai rumor sulla ritirata di tutti i potenziali acquirenti emersi nei giorni scorsi dalle indiscrezioni di mercato, il gruppo continua a passare da un rovescio all’altro.
Dopo il bagno di sangue della settimana passata (il 6 ottobre il titolo aveva perso oltre il 20%, una volta sfumato l’interesse di Google), Twitter ha aperto ieri a Wall Street con un rimbalzo del 3% a 18 dollari per azione, un prezzo abbondantemente al di sotto dei 26 dollari del collocamento in borsa e non lontanissimo dal minimo storico di 13,90 dollari segnato nel maggio 2016.
Senza discutere l’indubbia rilevanza del social network nel mondo dell’informazione moderna, tale tracollo è tutt’altro che complicato da spiegare: in dieci anni di esistenza Twitter non ha mai chiuso un trimestre in utile. Ovvero, in dieci anni di esistenza la compagnia non è riuscita a elaborare un modello di business in grado di generare profitti. I cambiamenti introdotti negli ultimi mesi potrebbero sicuramente tradursi in un aumento dei ricavi nei conti del terzo trimestre, che verranno pubblicati il prossimo 27 ottobre.
A preoccupare è però il numero di iscritti che continua a crescere troppo lentamente. I numeri sono impietosi anche in questo caso. Negli Stati Uniti i rispettivi utenti, secondo i dati di Verto Analytics, spendono mensilmente una media di 9,4 ore al mese su Facebook, 3,6 ore su Snapchat e appena 1,90 ore su Twitter.
Il confronto diventa ancora più imbarazzante se si guarda al semplice numero di iscritti: Twitter ne ha appena 313 milioni, lontanissimi non solo dagli oltre 1,7 miliardi di Facebook ma ormai anche dai 555 milioni di Tumblr (controllata da Yahoo) e dal mezzo miliardo di Instagram (di proprietà di Facebook). Senza una svolta, il social network dei cinguettii rischia di farsi sorpassare addirittura da Baidu, il suo epigono cinese, che ha oggi 300 milioni di utenti. (Agi)
In 10 anni il social non ha mai chiuso un trimestre in utile