ISTANBUL (Turchia) – Un tribunale turco ha decretato la scarcerazione di sette giornalisti (Guray Oz, Turhan Gunav, Onder Celik, Kemal Gongur, Hakan Karasinir e Bulent Utku) e del vignettista Musa Kart del quotidiano turco d’opposizione Cumhuriyet nel controverso processo iniziato lunedì scorso. Sono in totale 17 le persone del giornale che sono accusate di terrorismo: di queste, 11 sono state incarcerate nella fase pre-processuale (alcuni addirittura per più di otto mesi).
Secondo quanto ha stabilito il giudice, gli otto imputati sono al momento liberi pur rimanendo “sotto controllo giudiziario” in attesa della prossima udienza fissata per l’11 settembre. In carcere, invece, restano il capo redattore Murat Sabuncu, il giornalista investigativo Ahmet Sik, Akin Atalay e il commentatore Kadri Gursel.
Il tribunale ha anche stabilito che i mandati di arresto per l’ex direttore del giornale Can Dundar (ora in Germania) e Ilhan Tanir sono ancora validi. Il caso Dundar merita una particolare menzione: il noto giornalista turco era stato arrestato insieme al capodirettore Gul il 26 novembre del 2015 con l’accusa di spionaggio e sostegno al terrorismo. Da direttore e caporedattore del quotidiano Cumhuriyet i due avevano pubblicato nel maggio di quell’anno foto, video e articoli che raccontavano dei traffici al confine tra Turchia e Siria, in particolare della tentata consegna da parte dei servizi segreti turchi di armi e equipaggiamento militare a membri dell’Isis. Accuse da cui Ankara si è sempre difesa affermando che si trattava di aiuti umanitari ai turkmeni.
I 17 imputati sono accusati di lavorare con tre gruppi che Ankara considera “terroristici”: il partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), il Fronte rivoluzionario della liberazione popolare (DHKP-C) e il movimento di Fetullah Gullen, il religioso turco (ex alleato del presidente Erdogan) che il governo islamista a guida Akp ritiene la mente dello sventato colpo di stato del 15 luglio dello scorso anno.
Le accuse mosse contro il giornale sono assurde secondo i sostenitori del giornale: Cumhuriyet, argomentano, ha sempre avuto una posizione contraria ai tre gruppi e viene processato solo perché è una delle poche voci di opposizione all’interno del panorama mediatico turco.
Emblematico il caso del giornalista investigativo Sik che nel 2011 ha rivelato in un libro gli stretti legami allora esistenti tra i gulenisti e l’Akp. Nella sua testimonianza difensiva di giovedì Sik ha usato parole molto dure: “Loro [gli esponenti del governo] vogliono ridurci al silenzio e non vogliono dire la verità. Stanno usando il sangue delle vittime del 15 luglio provocate dai golpisti in modo demagogico all’interno di una strategia politica di scarso valore e superficiale”. Sik non ha usato giri di parole nell’attaccare la leadership del Paese: “Chi ha il potere ha solo un obiettivo in mente: continuare il suo governo totalitario. Non importa a che prezzo”.
La sua difesa non è passata inosservata alle autorità giudiziarie: ieri il procuratore ha infatti annunciato che contro di lui sarà aggiunto un nuovo capo d’accusa per le sue parole “ingannevoli”.
Il processo contro Cumhuriyet (“Repubblica” in turco) riporta al centro del dibattito la repressione del dissenso in Turchia, ma soprattutto la scarsa libertà di stampa nel Paese. Una situazione che si è aggravata con lo stato di emergenza dichiarato dal governo dopo il fallito golpe del 2016. Secondo il gruppo per la libertà della stampa P24, sono 166 i giornalisti ad essere stati arrestati nell’ultimo anno. Un numero che ha (timidamente) allarmato anche gli alleati occidentali di Ankara. Tra questi gli Usa che, con la portavoce del Dipartimento di Stato Heather Nauert, hanno fatto sapere che sono “seriamente preoccupati per l’ampia campagna d’arresto e detenzione pre-processuale che sta avendo luogo nel Paese contro chi è critico nei confronti del governo”.
“La Turchia – ha aggiunto Nauert – dovrebbe rilasciare i giornalisti e tutti coloro che crediamo siano detenuti arbitrariamente”. In un raro incontro pubblico, anche l’ex presidente Abudallah Gul (a cui poi è succeduto Erdogan) si è schierato con i giornalisti: “Ho sempre detto che sarebbe giusto scarcerarli mentre sono sotto processo. E ritengo che sia anche giusto processarli senza arrestarli”.
“Il caso Cumhuriyet ancora una volta mostra come il processo dei giornalisti e scrittori in Turchia debba finire in modo da evitare altra ingiustizia qui e sciagura nel mondo” scrive oggi sul turco Hurriyet, Murat Yetkin.
“È una scusa dei governi, attualmente dell’Akp, dire che l’autorità politica non ha niente a che fare con i processi perché questi dipendono totalmente ‘dall’indipendenza delle corti’ ”. I tribunali, aggiunge Yetkin, “da decenni sono influenzati dal clima politico dominante”. (nena news agency)
Resta valido il mandato di arresto per l’ex direttore di Cumhuriyet Can Dundar