TRIESTE – Il Comitato di Redazione del Piccolo di Trieste ha firmato a Roma, affiancato dall’Assostampa Friuli Venezia Giulia e dalla Fnsi, un contratto di solidarietà per il prossimo biennio. L’azienda aveva fatto richiesta di accedere al meno penalizzante degli ammortizzatori sociali per l’esigenza di ridurre ulteriormente il costo del lavoro giornalistico, in presenza di indicatori di crisi economica anche per l’anno in corso, dopo i risultati in calo degli anni passati. Ciò è avvenuto mentre il Gruppo Espresso Repubblica Finegil (di cui il Piccolo fa parte, assieme al Messaggero Veneto di Udine) ha presentato e sbandierato sui propri giornali il raddoppio degli utili nel 2014.
La firma è arrivata dopo una lunga trattativa, nel corso della quale il sindacato ha contestato la scelta dell’editore di scaricare sempre e comunque sui giornalisti il costo di crisi vere o presunte. Una possibilità, questa, che purtroppo la legge permette alle aziende e che le nuove normative sul lavoro del governo Renzi non faranno che accentuare.
Ricordiamo che il Piccolo nel 2011 poteva contare su una redazione di 48 giornalisti. In concomitanza con il passaggio al tabloid, al nuovo sistema editoriale, al full color e al centro stampa goriziano comune ai due quotidiani regionali del gruppo, una serie di pensionamenti (con blocco del turn over) ed esodi incentivati ha portato la redazione a 40 giornalisti.
Fra la fine del 2014 e questo inizio del 2015 altri cinque colleghi sono andati in pensione e ovviamente non sono stati sostituiti, portando la redazione a 35 giornalisti. Alla fine di questo percorso biennale, nel quale l’azienda chiede anche dei prepensionamenti, la redazione del Piccolo potrebbe scendere a 32 giornalisti (direttore compreso). Un terzo della redazione in meno di cinque anni.
Il contratto di solidarietà sottoscritto, approvato dalla redazione con un voto sofferto ma a larghissima maggioranza, segno anche questo di grande responsabilità del corpo redazionale, prevede 1,41 giorni al mese a testa di solidarietà, 17 all’anno a testa: meno della metà di quanto richiesto inizialmente dall’azienda. Una penalizzazione dunque piccola, soprattutto se confrontata con quella ben più pesante che da tre anni stanno vivendo sulla propria pelle i colleghi del Primorski Dnevnik, anche loro in solidarietà ma con numeri decisamente superiori. Una penalizzazione accettata dalla redazione del Piccolo perché considerata una sorta di male minore, dinanzi al rischio di ammortizzatori sociali ben peggiori, come la cassa integrazione.
Rimane, però, lo schiaffo alla redazione. Alla quale tutti i direttori che si sono succeduti in questi anni a Trieste hanno sempre fatto grandi complimenti. Vien da pensare allora che le responsabilità della crisi, del calo delle vendite e di tutti i conti economici vadano ricercate altrove. Ma a pagare sono sempre e comunque i giornalisti.
I risultati, però, sono sotto gli occhi di tutti quelli che li vogliono vedere. E la realtà, per il presente e per il futuro, parla di un Piccolo sempre più piccolo, con pochi redattori, tanti collaboratori malpagati e tantissime pagine sinergiche prodotte a Roma dall’agenzia del gruppo che lavora per tutti i quotidiani locali Finegil.
Trieste sta perdendo, o forse ha già perso, il suo storico quotidiano. Alla città interessa?
Carlo Muscatello
presidente Assostampa Friuli Venezia Giulia
Pochi redattori e tanti collaboratori malpagati
TRIESTE – Si avviano i contratti di solidarietà a Il Piccolo, per una supposta prospettiva di crisi. La vicenda riguarda, in realtà, anche i collaboratori. La strada imboccata è infatti chiara: “un Piccolo sempre più piccolo, con pochi redattori, tanti collaboratori malpagati e tantissime pagine sinergiche prodotte a Roma dall’agenzia del gruppo”. Sarebbe il depauperamento di una testata, dell’informazione prodotta. E dei collaboratori, come sempre indispensabili per la fattura del giornale, ma usati come mano d’opera a basso costo, funzionale ai tagli delle spese di produzione. Ma la produzione a basso costo è antitetica al concetto di prodotto di qualità. E questo vale anche per l’informazione.
Maurizio Bekar
consigliere nazionale Fnsi