ROMA – «I numeri sono quelli noti, le difficoltà dell’Inpgi sono strutturali. Spostare i comunicatori o un altro tipo di contribuenti dall’Inps verso l’Inpgi secondo me non è la soluzione. Noi saremmo in grado di assorbire l’Istituto, così abbiamo fatto in passato» con altri enti, «saremmo disponibili, c’è una interlocuzione in corso».
Lo ha affermato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, rispondendo ad una domanda sull’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti, nel corso dell’audizione alla commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
«Sappiamo quali sono le difficoltà dell’Inpgi, non vogliamo fare interferenze tanto più in un settore come quello dei media che hanno la loro autonomia, tuttavia – ha ribadito – quello che non vorremmo succedesse di nuovo è una migrazione di contribuenti, spostare i comunicatori non sarebbe la soluzione».
Conclusa l’audizione di Tridico, il presidente della Commissione bicamerale di controllo sugli Enti di previdenza, sen. Tommaso Nannicini (Pd), ha commentato che «le comunicazioni del presidente dell’Inps ci aiutano nel ragionamento sul futuro dell’Inpgi: il primo elemento è che ogni ipotesi di allargamento della platea degli iscritti alla Cassa dovrà tenere conto non solo della reale volontà delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, ma anche degli effetti di questa prima ipotesi sulle casse dell’Inps», e «il secondo elemento è che l’Inps è pronta ad assorbire l’Inpgi come ha già fatto con altre gestioni in passato, anche con i necessari elementi di gradualità, qualora questa seconda ipotesi dovesse prevalere per dare una risposta strutturale all’adeguatezza delle pensioni dei giornalisti, che resta il nostro obiettivo prioritario».
Per l’on. Massimiliano Capitanio, deputato della Lega e capogruppo in Vigilanza Rai, «sarebbe interessante sapere chi siano gli interlocutori con cui il presidente dell’Inps Tridico starebbe valutando l’assorbimento dell’Inpgi».
«Sul futuro previdenziale dei giornalisti – afferma Capitanio – è inutile creare inutile allarmismo se non ci sono degli elementi concreti sul tavolo. Riguardo, poi, alla la questione dei comunicatori si tratta di un’operazione culturale e non di spostamento di pedine o di salvataggio: chi si occupa di informazione, dai content manager ai blogger fino ai giornalisti della pubblica amministrazione, dovrebbe attenersi alla deontologia e alle regole di questa delicata professione, e quindi è naturale valutare la loro adesione all’Inpgi. Se, invece, il presidente Tridico è davvero al lavoro per assorbire Inpgi, fornisca elementi concreti. Su questo la Lega presenterà una interrogazione parlamentare».
Dal canto suo, il presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, dopo aver approvato ieri in Cda (con 10 voti a favore e 3 contrari di Carlo Parisi, Elena Polidori e Daniela Stigliano) provvedimenti che pesano solo sulle tasche dei giornalisti (il cui contributo sale per 5 anni al 10,19%, ovvero un punto in più dell’Inps), attacca il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, esprimendo «stupore nell’apprendere dell’esistenza di una interlocuzione che non vede però partecipe il soggetto interessato, cioè l’Inpgi» .
«Tridico – evidenzia la Macelloni – dichiara di non voler interferire nell’autonomia della Cassa di previdenza dei giornalisti ma, allo stesso tempo, ancora una volta, fa di tutto per sabotare ogni possibile soluzione strutturale alla situazione di grave crisi dell’Inpgi».
Secondo la Macelloni «consentire l’allargamento della platea, peraltro previsto da una legge dello Stato a partire dal 2023, non è una “migrazione” di contribuenti e non è una soluzione inadeguata».
«Dalle proiezioni attuariali fatte elaborare dall’ente – ricorda la Macelloni – emerge chiaramente che l’unica soluzione strutturale in grado di ripristinare l’equilibrio economico finanziario della gestione è esattamente costituita dall’ingresso di nuovi contribuenti. Soluzione – sostiene la Macelloni – tra l’altro che non prevederebbe nessun onere diretto a carico dello Stato, diversamente da quanto ipotizzato dal presidente Tridico, che per poter assorbire l’Inpgi, ha già formalizzato l’esigenza di ulteriori stanziamenti economici a carico delle finanze pubbliche».
Certo è che il nuovo bilancio attuariale anticipa di due anni il default dell’Istituto, con l’azzeramento del patrimonio a fine 2025, invece che a fine 2027, e che gli ulteriori sacrifici imposti ai giornalisti con iniqui tagli che consentono un risparmio di neppure 19 milioni di euro l’anno, sono acqua fresca a fronte di un profondo rosso di 242,2 milioni di euro (al 31 dicembre 2020) e una perdita giornaliera di 663 mila euro.
Affermando che, per tenere in piedi l’Inpgi 1 è necessario allargare la platea, la Macelloni scopre l’acqua calda. Il problema è come e, soprattutto, con chi. I comunicatori privati sentitamente ringraziano, anche perché da soli non servirebbero a nulla. O si ha il coraggio di trasformare l’Inpgi in istituto di previdenza del mondo dell’informazione, comprendendo tutti i lavoratori del settore, o non c’è altra strada che la garanzia pubblica che – ricordiamo – non significa necessariamente passare all’Inps, ma tornare ente pubblico, come lo era prima del 1994, ovvero prima della trasformazione in Fondazione dotata di personalità giuridica di diritto privato incaricata di pubbliche funzioni a norma dell’art. 38 della Costituzione, che assicura le prestazioni pensionistiche e assistenziali a tutti i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti lavoratori subordinati, giovani ed anziani. Chi deve deciderlo? Cosa ne pensano il ministro del lavoro, Andrea Orlando, mai intervenuto personalmente sul tema Inpgi e il presidente del Consiglio, Mario Draghi? (giornalistitalia.it)
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