MILANO – Nelle sale cinematografiche statunitensi dall’undici gennaio, il film “The Post” è atteso per la proiezione a Milano dal primo febbraio. Regista Steven Spielberg e attori protagonisti Meryl Streep e Tom Hanks, la pellicola racconta la storia di uno scoop giornalistico e, contemporaneamente, una battaglia per la libertà di stampa.
La vicenda risale al 1971 quando il quotidiano di Washington sfidò la Casa Bianca, pubblicando una serie di documenti riservati che vennero in seguito indicati come “Pentagon Papers”. Carte esplosive, in verità, perché mettevano a nudo le bugie di quattro amministrazioni Usa a proposito della guerra in Vietnam. I presidenti della Repubblica – Kennedy, Johnson e Nixon – con i rispettivi entourage tennero nascosto il fatto che, da quel conflitto, non potevano uscire vittoriosi. E che, dunque, il bagno di sangue al quale stavano condannando i soldati americani sarebbe risultato del tutto inutile.
A scovare le informazioni utili per smascherare la politica della casa Bianca fu il giornalista Antony Russo che sfruttò le confidenze di Daniel Ellsberg, segretario particolare del segretario di Stato Mc Namara.
Il primo faldone utile per l’inchiesta del Washington Post riguardò circa 350 documenti su un totale di 7 mila. Sufficienti per mettere in crisi l’establishment, ma che, però, sarebbero stati inutili se non ci fosse stata la collaborazione del direttore Ben Bradlee e, soprattutto, dell’editrice Katharine Graham che, nonostante le amicizie a livello governativo, preferì il suo ruolo di giornalista.
«La libertà di stampa è il guardiano della democrazia», rispose agli amici politici che le chiedevano di imbavagliare i cronisti.
«Questa – ebbe modo di giustificarsi la Graham – non è “una storia”, ma “la storia”. Non posso consentire che la mia redazione, i capi servizio e la direzione venga descritta in futuro come omertosa e piegata al potere. E nemmeno io voglio correre questo rischio per me stessa». (giornalistitalia.it)