VENEZIA – Credo che il sistema debba cambiare: la trasparenza è l’unica arma a disposizione perché il tipo di corruzione di cui stiamo parlando è ciò che definisce la nostra contemporaneità. Stiamo vivendo momenti difficili, ma parlarne è già un inizio. Di tanto in tanto, credo, anche l’intrattenimento può servire a dare un contributo alla riflessione”. Lo scandalo dei “Panama Papers” arriva sul grande schermo (in concorso alla 76ª Mostra di Venezia) grazie a Steven Soderbergh: The Laundromat, scritto da Scott Z. Burns, è basato sul libro di Jake Bernstein (Secrecy World: Inside the Panama Papers Investigation of Illicit Money Networks and the Global Elite) e interpretato da Meryl Streep, Gary Oldman, Antonio Banderas, con la partecipazione di Matthias Schoenarts e Sharon Stone.
“Insieme a Scott abbiamo cercato di capire quale potesse essere l’approccio migliore con cui affrontare un argomento così complesso, in modo di arrivare più facilmente al pubblico. Non volevamo istruire la gente, ma dare intrattenimento seppur su una questione così seria e difficile”, dice ancora Soderbergh, che cita il Dottor Stranamore di Kubrick quale esempio lampante di “commedia brillante che però partiva da una questione tremendamente drammatica”.
Nel film Meryl Streep interpreta Ellen Martin (personaggio fittizio), una vedova che inizia ad indagare su una frode assicurativa inseguendo a Panama City due soci in affari, Jürgen Mossack e Ramón Fonseca, che strumentalizzano il sistema finanziario mondiale.
“Ammiro il lavoro di Soderbergh da tempo, sapevo che solamente lui – o Bertold Brecht – avrebbero potuto costruire questa narrazione così brillante, diretta ad intrattenere la gente, partendo da un qualcosa di incredibilmente complesso e cupo”, dice l’attrice, che sulle motivazioni che spingono il suo personaggio ad agire spiega: “Forse il lutto, il dolore è la molla di Ellen. Perché quando subiamo qualche cosa a livello personale, il mondo intorno a noi non si ferma.
Questo fantomatico John Doe (nome utilizzato solitamente per indicare le fonti anonime, ndr) ha reso noto a tutto il mondo qualcosa di molto pericoloso. Anche perché una volta che i Panama Papers sono diventati di dominio pubblico sono anche morte delle persone, come la giornalista maltese che stava indagando su alcune connessioni (Daphne Caruana Galizia, uccisa da un attentato nel 2017, l’anno precedente era stata la prima a lanciare la notizia del coinvolgimento dei politici governativi Konrad Mizzi e Keith Schembri nei Panama Papers, ndr)”.
Per la caratterizzazione di Jürgen Mossack (Gary Oldman) e Ramón Fonseca (Antonio Banderas), Soderbergh sceglie il rapporto frontale con lo spettatore, con i due attori impegnati – a loro modo – a spiegare i meccanismi che regolano l’attività di queste fantomatiche società finanziarie: “Potrei parlare di ricerca, di curiosità, ovviamente ci sono cose che ho dovuto imparare, studiare. Sono Mossack – racconta Gary Oldman – ma rappresento una sua versione, non naturalistica né chissà quanto verosimile di quel personaggio. Non ho lavorato molto al di fuori della sceneggiatura perché era già tutto lì, presente, scritto. Avevamo tutti gli indicatori, la sceneggiatura per noi è come la mappa del mondo, ti mostra la varia segnaletica con cui affrontare l’itinerario sul set”.
Sceneggiatura, come detto, che parte dal libro di Jake Bernstein: “Ho lavorato moltissimo con Scott durante la stesura dello script, insieme al regista volevano che tutti i dettagli fossero curati”, dice l’autore del libro, che aggiunge: “Loro hanno usato Mossack e Fonseca come guida per far addentrare lo spettatore in questo mondo e per questo credo che ci siano molte similarità con il libro, da questo punto di vista”.
Dopo Marriage Story di Noah Baumbach, The Laundromat è il secondo film del concorso veneziano targato Netflix: “Tendenzialmente preferisco vedere un film sul grande schermo, ma ai ragazzi di oggi credo importi poco”, dice Meryl Streep.
Mentre secondo Gary Oldman “bisogna approfittare dell’audience potenzialmente illimitata della piattaforma un’audience illimitata. Abbiamo un prodotto molto serio e vogliamo che la più grande platea possibile lo possa vedere. Quando non c’erano così tanti dispositivi a disposizione magari facevi grandi film che poi però non vedevano in molti”. (adnkronos/cinematografo.it)
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