ROMA – Licenziamento per il 60% dei lavoratori di Telecity, Telestar, Italia 8 e chiusura delle sedi di Torino e Genova. Lo ha deciso la famiglia Tacchino, unica proprietaria del gruppo Telecity, nato nel 1976 a Castelletto d’Orba (Alessandria).
«È incomprensibile – tuonano Fnsi, Assostampa Subalpina e Ligure, insieme a Slc Cgil – che la proprietà assuma una decisione così grave per l’impatto sociale che può avere in Lombardia, Piemonte e Liguria dopo aver ripetutamente lasciato cadere la disponibilità offerta nel corso degli anni dalle organizzazioni sindacali di condividere un progetto di rinnovamento editoriale del gruppo».
«È altrettanto incomprensibile – proseguono i sindacati – che l’azienda rinunci persino agli ammortizzatori sociali conservativi disponibili dall’inizio del nuovo anno. È inaccettabile che la proprietà possa scaricare sulle lavoratrici e sui lavoratori e sulle comunità locali il peso delle diseconomie, ma possa continuare nello stesso tempo a lucrare profitti per sé nelle aziende in salute controllate o partecipate».
«Consapevoli – incalzano le forse sindacali – che si tratta certamente di una crisi assai complicata, comunque ci batteremo per uscirne senza licenziamenti e senza chiusure di sedi, chiamando in causa anche le istituzioni ad ogni livello, compreso il Mise per il ruolo che gli compete nell’assegnazione dei contributi e nella concessione delle frequenze».
Intanto sono state proclamate 48 ore di sciopero da effettuare in date da definire «per fermare – spiegano i sindacati – le procedure di licenziamento collettivo. Per riaprire il confronto sul rilancio editoriale. Per ripristinare il rispetto delle norme contrattuali. Per il pagamento della tredicesima e del restante 50% della mensilità di gennaio».
Licenziamenti e chiusura delle sedi di Torino e Genova. La Fnsi: “Incomprensibile”