MILANO – Dopo tre anni e tre mesi Pietro Scott Jovane lascia il Corriere della Sera. Lo lascia dopo averne svenduto la sede storica di via Solferino 28, dopo avere costretto la redazione a due stati di crisi, l’ultimo appena aperto, e dopo avere causato la conseguente uscita dal giornale di prestigiosi colleghi. Sotto il suo regno sono state chiuse diverse testate della Rcs Periodici, alienate le quote Rcs nelle radio e cancellati molti posti di lavoro. Ora, come atto finale, il gruppo si è disfatto della Rcs Libri. Davvero serviva un supermanager per tali risultati?
Ovviamente Scott Jovane non ha potuto fare tutto questo da solo. Ha agito con il lasciapassare di un Consiglio di amministrazione più impegnato ad evitare ai soci un doveroso aumento di capitale che a concentrarsi sul come favorire lo sviluppo di una testata da sempre leader nell’informazione. Testata, quella del Corriere della Sera, che per decenni ha permesso ad azionisti e manager di staccare bonus e dividendi milionari. Da tempo la redazione sollecita i necessari investimenti tecnologici per lo sviluppo dell’area digitale e dell’area video, da tempo la redazione invoca l’indispensabile sostegno al rinnovamento del quotidiano cartaceo. Nulla, invece, in questa direzione è stato fatto. Jovane lascia un Corriere della Sera impoverito e costretto, dal sei ottobre scorso, nella onerosa gestione di un ennesimo biennio di pesanti tagli e fatiche. Tutto questo mentre nessuno dimentica la disastrosa operazione spagnola «Recoletos» consentita dal precedente amministratore delegato Antonello Perricone.
La redazione non si è mai sottratta ai sacrifici e continuerà a fare il massimo per fornire ai lettori una informazione libera e di qualità, ma nello stesso tempo ricorda ai manager di non essere disposta a subire altre privazioni. Jovane se ne va con una buonuscita di 750 mila euro. Il bonus milionario che si era attribuito un anno fa resta nelle casse di Rcs solo perché il cdr e i giornalisti, all’epoca, riuscirono a bloccarlo.
Il cambio dell’amministratore delegato arriva in un momento delicato. Quali giochi di potere e quali nuovi assetti compariranno all’orizzonte si capirà (forse) tra qualche tempo. Certamente è chiaro sin da ora che il dissesto finanziario di Rcs – provocato da dirigenti inadeguati che hanno trascinato il Corriere della Sera, ancora oggi in attivo, in un pericoloso lungo corso di impoverimento – appare un baratro incombente. Il debito con le banche resta. Nulla, invece, resta a una Rcs in affitto in via Solferino 28, sede che neppure al tempo del fascismo si era immaginato violare. Gli amministratori vanno, il Corriere della Sera resiste. Ma serve un rapido cambio di passo gestionale e di mentalità per garantire al giornale e ai lettori un futuro degno del suo passato. Serve subito una figura capace, fresca, dinamica, innamorata dell’editoria e sensibile al mondo dell’informazione che sia chiamata a dare risposte innovative a una crisi di settore feroce. Raccolta pubblicitaria e distribuzione dei prodotti vanno ripensati.
Il Cdr del Corriere della Sera e tutti i giornalisti pretendono azionisti e manager all’altezza di un indispensabile piano di rilancio e faranno tutto quanto in loro potere perché ciò si verifichi. Tutto ciò premesso, il Cdr chiede che chiunque sia il prossimo amministratore delegato si impegni a rinunciare a qualunque bonus di retribuzione non legato alla crescita del fatturato e delle quote di mercato del Corriere, e a presentare al massimo entro fine anno un piano industriale e di sviluppo della testata e del gruppo, condizioni indispensabili alla prosecuzione di un confronto al quale, responsabilmente, la redazione non si è mai finora sottratta.
Il Cdr del Corriere della Sera