COSENZA – Dopo le polemiche sollevate dalla Procura di Cosenza, il processo Bozzo è entrato finalmente nel vivo. Il procedimento, infatti, “ballava” nelle varie aule di giustizia da oltre un anno, visto i cambi di giudice intercorsi nel periodo sopra citato. Poi nella penultima udienza anche il procuratore capo Dario Granieri, informato dell’ennesimo rinvio dalla sostituta procuratrice Maria Francesca Cerchiara – titolare dell’inchiesta – aveva deciso di inviare una relazione al presidente della Corte di Appello di Catanzaro. Martedì, però, tutto è andato nel verso giusto. Il giudice monocratico Francesca De Vuono, infatti, ha dato il via all’escussione dei tre testi presenti – altri due erano assenti e uno di essi ha presentato formale giustificazione – nella lista della pubblica accusa.
La vicenda giudiziaria parla dei rapporti avuti da Alessandro Bozzo, il giornalista di Calabria Ora suicidatosi il 15 marzo del 2013 all’interno del suo appartamento di Marano, con l’ex editore del giornale d’informazione a carattere regionale Piero Citrigno, accusato di violenza privata nei confronti del cronista al quale venne sottoposto una modifica del contratto di lavoro che prevedeva l’assunzione a tempo determinato per sei mesi rispetto alla precedente collaborazione con Paese Sera, azienda con la quale aveva un contratto a tempo indeterminato.
In aula sono stati sentiti – alla presenza del padre, della sorella e della mamma di Alessandro e di don Tommaso Scicchitano in rappresentenza di Libera Cosenza – Pietro Comito, ex cronista di giudiziaria di Calabria Ora e attuale direttore de LaC, Antonella Garofalo, compagna di banco di Bozzo fino al giorno della sua scomparsa, e Francesco Graziadio, ex vice capo redattore nel periodo in cui il giornale calabrese era diretto da Paolo Pollichieni.
I tre hanno risposto alle domande del pm Cerchiara, sostenuta dall’avvocato di parte civile Nicola Rendace, in rappresentanza dei familiari e dell’Ordine nazionale dei giornalisti, e dei legali di fiducia di Citrigno, Sergio Calabrese e Raffaele Brescia. Comito, dopo aver illustrato i vari passaggi societari – da Cec e Paese Sera – ha spiegato come quel contratto a tempo determinato fosse stato proposto anche a lui da Citrigno che ha inquadrato come una persona che «all’interno del giornale faceva piovere quando diceva lui», ovvero che «ogni situazione era gestita da Piero in prima persona». E con Alessandro Bozzo c’erano sempre tensioni, ha aggiunto il giornalista di Vibo Valentia in riferimento al mese di marzo, quando erano state avviate le trattative sindacali per il passaggio di società. «Alessandro Bozzo andò a casa di Citrigno e l’editore gli propose anche a lui di dimettersi oppure di accettare un contratto a tempo determinato con trasferimento a Paola o a Rossano». E ancora: «Lo vidi poi una volta in tribunale a Cosenza e mi disse che aveva sbagliato ad accettare, ma che era stato costretto a dire sì pur di restare al fianco della figlia».
Infine un particolare sulle ultime ore di vita di Bozzo. «Mi riferirono che la sera prima che si ammazzasse aveva preparato un articolo di politica, ma Citrigno poi telefonò per farlo togliere. Non so se quell’articolo uscì». Il pezzo, pubblicato in una pagina diversa da quella prevista in partenza, era quello sul rinvio a giudizio di Oliverio, accusato di calunnia nei confronti di Pino Gentile.
Poi è stata la volta di Antonella Garofalo. «Alessandro era un giornalista scomodo perché non prendeva ordini da nessuno. Alla stipula del contratto disse di aver firmato un’estorsione, ma fu costretto a fare ciò per mandare avanti la famiglia». Infine Francesco Graziadio che, all’epoca di Pollichieni, aveva la delega per curare i rapporti tra la redazione e gli editori, ha detto che «Citrigno gestiva tutto, anche le foto da pubblicare», ricordando un’udienza che faceva molto discutere nella redazione di Calabria Ora. «L’editore aveva sempre da ridire sul processo al commercialista Lupo, ma nonostante le lamentele di Citrigno gli articoli di Alessandro uscivano sempre come lui stesso li aveva preparati», circostanza quest’ultima emersa a seguito di una domanda posta dall’avvocato Calabrese. Il processo, tuttavia, è stato aggiornato al prossimo 10 novembre, data in cui saranno sentiti altri sette colleghi di Alessandro Bozzo. (Cronache del Garantista)
Antonio Alizzi
L’ex editore di Calabria Ora, Pietro Citrigno, accusato di violenza privata
COSENZA – La vita di redazione, le pressioni esterne, i compromessi necessari per garantire il sostentamento della tua famiglia. È venuto fuori uno spaccato terribile di cosa significhi, a volte, fare il giornalista in Calabria nella prima udienza del processo che ruota attorno alla scomparsa del collega Alessandro Bozzo. Il dibattimento ha preso il via dopo circa un anno di rinvii. Alla sbarra l’ex editore di Calabria Ora, Pietro Citrigno, che è accusato di violenza privata.
L’udienza si è aperta con le solite schermaglie iniziali. La difesa, rappresentata da Sergio Calabrese e Raffaele Brescia, aveva chiesto di rigettare la costituzione di parte civile del padre di Bozzo, Franco, e dell’Ordine dei giornalisti. Richiesta respinta dal giudice monocratico Francesca De Vuono che ha accolto anche la richiesta del pm Maria Francesca Cerchiara di acquisire alcune prove documentali, tra le quali i contratti del giornalista, copia di alcune sue mail, pagine della sua agenda.
Subito dopo è toccato ai primi tre testimoni, tutti ex colleghi del giornalista, raccontare del rapporto fra Citrigno e Bozzo. Il primo è stato Pietro Comito, caposervizio a Vibo Valentia del giornale. Poi la collega Antonella Garofalo ed infine Francesco Graziadio, che ha lavorato a Calabria Ora dalla sua fondazione fino allo “strappo” del gruppo Pollichieni che andò via dal giornale per fondare il Corriere della Calabria.
Quasi tutti hanno confermato la grande ingerenza di Citrigno nella fattura del giornale. I tre giornalisti hanno raccontato che l’imputato aveva una stanza nella redazione di contrada Lecco, nella sua qualità di direttore generale della prima cooperativa che editava il giornale. Da quella postazione, però, controllava tutto, anche le foto in pagina. Ed interveniva quando c’era qualcosa che non gli piaceva o poteva dar fastidio ai suoi amici. Amici, fra l’altro, ha raccontato Graziadio che erano molto variabili «lunedì e martedì potevo essere io, il giorno dopo un altro. Tutto dipendeva dalle firme alla Regione».
Naturale che uno con il carattere di Alessandro soffriva terribilmente queste ingerenze. Per questo Citrigno ha più volte manifestato l’intenzione di licenziare Bozzo o di trasferirlo. Comito, in particolare, ha raccontato invece il tourbillon di società editrici che gestirono la testata e in particolare il delicato passaggio dalla società editoriale Paese Sera alla C&C. In quell’occasione ai giornalisti «che non erano graditi» venne proposta la trasformazione di contratti da tempo indeterminato a tempo determinato. Comito non accettò e andò via.
Bozzo disse di sì, in nome della famiglia, ma da quel giorno non fu più lo stesso raccontano i colleghi. «Ho saputo che la sera prima che si ammazzasse – ha detto Comito – aveva preparato un articolo di politica, ma Citrigno poi telefonò per farlo togliere. Bozzo non gli diede ascolto. Non so poi se quell’articolo uscì». Circostanza questa confermata anche dalla Garofalo «Il pomeriggio prima di suicidarsi – ha detto – era confuso, non lavorò come al solito e andò via di corsa. Non ricordo se il suo ultimo articolo non venne pubblicato o se uscì modificato». Il processo riprenderà il prossimo 10 novembre. (Quotidiano del Sud)
Massimo Clausi