WASHINGTON (Usa) – A Menlo Park se lo aspettavano da tempo, e ora l’attesa stangata su Facebook è arrivata. Ed è la più pesante mai sferrata in Usa contro un colosso del web. La Federal Trade Commission, la massima autorità federale che vigila nel settore delle telecomunicazioni, ha votato per una multa da 5 miliardi di dollari contro il re dei social media, accusato di grave violazione della privacy.
È il prezzo che la creatura di Mark Zuckerberg deve pagare per lo scandalo Cambridge Analytica, la controversa società di raccolta dati che ebbe accesso illegale ai dati personali di ben 86 milioni di utenti Facebook. Informazioni usate per di più per scopi politici, visto che Cambridge Analytica lavorava nel 2016 per la campagna presidenziale di Donald Trump ed era legata all’allora stratega del presidente e della Casa Bianca Steve Bannon.
L’authority ha preso la decisione a maggioranza, con i membri repubblicani che hanno votato a favore della sanzione e quelli democratici contro. Ora la palla passa al Dipartimento di giustizia americano che dovrà dare il suo imprimatur alla strada indicata dalla Federal Trade Commission, normalmente una semplice formalità. Del resto ultimamente i rapporti dei big del web e del settore hi-tech con l’amministrazione Trump non sono proprio idilliaci. Lo dimostrano anche gli attacchi degli ultimi giorni che il presidente americano ha sferrato contro i social media, accusandoli di partigianeria politica e di escludere dalle loro piattaforme le voci conservatrici, in quella che il tycoon ha espressamente definito come una discriminazione.
Il precedente record in fatto di multe ai big del web apparteneva a Google, che nel 2012 per violazione della privacy fu sanzionata con 22 milioni di dollari. Una cifra che impallidisce di fronte alla durezza con cui è stata colpita Facebook, che anche dopo lo scandalo Cambridge Analityca ha avuto diversi altri problemi in fatto di privacy, con Zuckerberg costretto più volte a scusarsi e a far mettere da parte nell’ambito degli ultimi conti trimestrali 3 miliardi di dollari proprio per far fronte all’attesa stangata. (ansa)
“La Ftc ha fatto a Facebook un regalo di natale cinque mesi prima”, ha commentato il deputato democratico David Cicilline, presidente della sotto commissione per l’antitrust alla Camera dei rappresentanti, dopo l’anticipazione della multa da cinque miliardi di dollari patteggiata dalla società con la Federal Trade commission per violazioni della privacy nel caso Cambridge Analytica.
“È una grande delusione che una compagnia tanto potente impegnata in pratiche tanto gravi se la cavi con una pacca sulla schiena”, ha aggiunto in anticipo sull’audizione di martedì dei vertici delle grandi compagnie della Silicon Valley di fronte alla sotto commissione. “La multa di cui si è anticipata la notizia è una puntura di zanzara per una corporation delle dimensioni di Facebook. E temo che consentirà alla società di cavarsela per i recenti abusi dei dati degli americani di cui questo accordo inadeguato non sembra aver tenuto conto. L’unico modo per assicurare agli americani che i nostri dati privati saranno protetti è quello di approvare una legge forte sulla privacy”, ha affermato il senatore democratico Ron Wyden.
Facebook avrebbe accettato di pagare, negli Stati Uniti, una multa da cinque miliardi di dollari per non aver protetto la privacy dei suoi utenti nel caso “Cambridge Analityca”, la società di consulenza politica britannica coinvolta nella campagna di Donald Trump nel 2016 che era riuscita ad avere accesso ai dati di 87 milioni di iscritti alla piattaforma social, hanno anticipato il Washington Post e il Wall Street Journal citando fonti informate.
La decisione sull’accordo di patteggiamento a conclusione dell’inchiesta aperta nel marzo del 2018 è stata presa, con tre voti favorevoli (dei rappresentanti repubblicani) e due contrari (di quelli democratici), dalla Commissione federale per il commercio (Ftc).
Nessuna conferma dalla Ftc e dalla società ma Fb aveva previsto una perdita massima di cinque miliardi di dollari per le conseguenze dello scandalo nei risultati del primo trimestre pubblicati lo scorso aprile. (adnkronos)