SOVERATO (Catanzaro) – Fare fronte comune contro i condizionamenti della libertà di stampa e in generale delle libertà dei cittadini calabresi. E’ stato questo il filo conduttore del dibattito che “l’Ora siamo noi” ha organizzato al Glauco di San Nicola di Soverato.
Il dibattito, moderato dal direttore dell’Ora della Calabria, Luciano Regolo, ha rappresentato la prosecuzione della “rivoluzionaria” giornata di riflessione organizzata dalla Fnsi a Polistena nelle scorse settimane, confermando la specificità tutta calabrese di un mondo dell’informazione perennemente sotto pressione – come recita la locandina dell’evento – della mafia e dei poteri occulti che “vogliono mettere i bavagli” a chi ama la Calabria e proprio perché ama la Calabria non vuole nasconderne i mali e le emergenze sotto il tappeto.
Esperienze e visioni del giornalismo, della politica e della magistratura a confronto nello stupendo scenario della costa soveratese, arricchite poi dalle testimonianze di Michele Albanese, Francesco Ranieri, Lucio Musolino, tre tra i tanti giornalisti calabresi minacciati per aver scritto cose “scomode” e svelato gli intrecci tra ‘ndrangheta, potere politico, potere economico e massoneria deviata.
“Colleghi con la schiena dritta a cui va tutta la nostra solidarietà, persone normali che fanno il loro dovere in una regione che chiede di essere normale”, ha esordito il vicesegretario nazionale Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi.
“Ai nostri colleghi – ha aggiunto Parisi – consigliamo due cose: dire la verità ricordando che il solo padrone è il lettore e rifiutare attività oscure e non retribuite”.
Il segretario regionale del Sindacato dei giornalisti è, poi, scagliato contro “quelle aziende editoriali che drogano il mercato (non pagando stipendi e contributi e svendendo o regalando la pubblicità) perché perseguono interessi diversi da quelli dell’informazione”, affermando che “quelle aziende che non stanno in piedi devono chiudere perché non possono prendere in giro anzitutto i cittadini: è il momento di cambiare le cose e rompere le omertà”. E soprattutto smascherare e disarticolare quelli che il direttore dell’Ora, Regolo, definisce “accorduni”, le intese trasversali che schiacciano la voglia di crescita della Calabria. Un punto sul quale lo stesso Regolo ha sollecitato il ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, chiedendole cosa il premier Renzi intende fare visto che sulla carta rappresenta il “rottamatore” di vecchi e perversi schemi.
“In Calabria – ha affermato la Lanzetta – noto dei segnali di legalità e di riscatto, dobbiamo farcela: sta alla nostra volontà e all’azione di tutti, a partire dalla politica che finora è la componente che è mancata di più. Sappiamo che ci sono accordi tra massoneria, mafia, politica e imprenditoria che opprimono questa terra, ma c’è anche la volontà del governo di reciderli come evidenziano le azioni messe in campo contro la corruzione”.
Una riflessione, quella della ministro Lanzetta, che però non ha convinto il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro, Gerardo Dominijanni, al quale il direttore Regolo ha chiesto se certe “impunità” non siano il frutto di interventi “mirati” della politica.
“Se nel 2014 – ha affermato Dominijanni rivolgendosi alla Lanzetta – facciamo ancora analisi ma non proposte vuole dire che siamo in ritardo di 20 anni. Non mi sembra casuale la scelta di ingolfare i tribunali, e con rammarico noto che davanti a certe nostre denunce non c’è reazione da parte della politica e anche della stampa. Se le cose continuano così, a Catanzaro molti processi a carico di amministratori andranno in prescrizione. Finora non ho visto soluzioni ai tanti problemi della magistratura, al punto che mi interrogo se ci sia una precisa volontà politica a non accelerare i processi. Ho fiducia nello Stato e devo avere fiducia nello Stato, ma abbiamo bisogno di riscontri concreti”.
Lo stesso Dominijanni si è, poi, soffermato anche sul caso delle processioni religiose “infiltrate” dalla ‘ndrangheta, osservando che “purtroppo non vedo ancora nella Chiesa calabrese la giusta reazione alle parole di Papa Francesco né la necessaria assunzione di responsabilità da parte della Chiesa calabrese”. Sul punto, comunque, Luciano Regolo ha ricordato un forte documento della Conferenza episcopale calabra.
Molto incisivo, poi, l’intervento del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, al quale il direttore Regolo ha posto il tema dell’influenza della massoneria deviata collegata alla criminalità organizzata sulle istituzioni e sulla vita dei cittadini e dell’esistenza – anche in Calabria come già avvenuto in Sicilia – di un rischio isolamento per quanti – giornalisti compresi – si oppongono agli intrecci tra mafia, potere politico e potere economico.
“Più che un rischio purtroppo è già una realtà, come certificano molte inchieste – ha detto Guarascio – In Calabria il problema è che non c’è una capacità di rendere visibile la gestione del potere, e in questa «zona grigia» si inserisce la ‘ndrangheta”.
Guarascio ha, poi, citato un’inchiesta della magistratura di Catanzaro che ha “svelato come la ‘ndrangheta arriva persino a finanziare le banche in crisi di liquidità, e questo è allarmante, ma nessuno ne parla. La società civile non esiste perché non si interroga su questi fenomeni. Chi si occupa di antimafia sa che la vera ‘ndrangheta è quella che è già entrata nei palazzi del potere, approfittando di una politica assolutamente autoreferenziale. Questo incide anche sulla libertà di stampa perché spesso mancano giornalisti che fanno emergere questi processi decisionali, limitandosi a fare un «censimento» dei comunicati della politica. E questa autoreferenzialità della politica avvantaggia la mafia, che non vuole che si parli di certe cose. Anche se si deve dare atto a «l’Ora della Calabria» di aver svelato questi meccanismi negli ultimi mesi delle sue pubblicazioni”.
Quindi, la parola agli altri rappresentanti della politica presenti al dibattito. A partire dalla senatrice Pd, Doris Lo Moro, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulle intimidazioni agli amministratori locali: “Una commissione simile – ha detto la Lo Moro – può essere insediata anche per quanto riguarda le intimidazioni ai giornalisti, anche se c’è un limite, perché questo fenomeno è un fenomeno tutto calabrese, che richiede comunque un’attenzione specifica”.
La Lo Moro ha, quindi, fatto una distinzione “tra giornalisti che fanno il loro lavoro in modo autentico e altri che ossequiano il politico di turno”. Riferendosi all’esortazione a “non lavorare senza essere pagati”, fatta da Parisi ai giornalisti, “per rispetto della propria dignità umana e professionale”, la sen. Lo Moro ha detto che “ci sta se, per qualche anno di gavetta, i giovani non vengono pagati perché amano questo mestiere e vogliono farlo, quindi meritano molto più rispetto dal loro sindacato”.
Un passaggio che ha suscitato la vivace replica di Carlo Parisi che ha ricordato come “il sindacato dei giornalisti interviene finanche quando il governo e la politica sono latitanti, com’è avvenuto con l’anticipazione, da parte della Fnsi, di tre mensilità della Cassa integrazione ai giornalisti dell’Ora della Calabria perché il ministero del lavoro non ha ancora emesso il relativo decreto. Anticipazione – ha sottolineato Parisi – fatta con soldi della Fnsi, quindi dei giornalisti e non con soldi pubblici, come del resto fa l’Inpgi per gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e contratti di solidarietà) pagati interamente con i soldi delle trattenute dei colleghi”.
Quanto al ruolo del sindacato, Parisi ha evidenziato che i giudizi spettano, comunque, ai giornalisti. Giudizi che nel corso della serata sono stati univoci a favore del sindacato: da Regolo ad Albanese, a Musolino, ai tanti altri intervenuti, che hanno pubblicamente sottolineato bontà dell’azione sindacale, solidarietà e sostegno (non solo a parole) ai giornalisti calabresi. Senza dimenticare l’intensa attività sindacale e legale, affiancata da quella ispettiva dell’Inpgi, per il reintegro di colleghi illegittimamente licenziati, per la corresponsione di spettanze dovute. Ed ancora le contestazioni e le citazioni in giudizio di quelle amministrazioni pubbliche che non rispettano la legge in materia di concorsi e selezioni per gli uffici stampa.
“La verità – ha aggiunto Parisi – è che Comuni, Province, Regione devono mettersi in testa che per assumere giornalisti bisogna fare i concorsi pubblici”. Alla Lo Moro, Parisi ha, quindi, ribattuto che “invece di rimproverare ingiustamente il sindacato, il rispetto dovrebbe averlo lei per la professione giornalistica, che non è un hobby e va pagata alla stregua di ogni altra professione. Un messaggio del genere, infatti, può essere molto pericoloso. E’ come dire che la commessa di un negozio, il cameriere di un ristorante o un garzone di bottega dovrebbero lavorare per qualche anni gratis prima di essere retribuiti, semplicemente perché prima devono imparare bene il mestiere che vorrebbero fare”.
Sulle responsabilità e sulle colpe della politica si è soffermato anche il presidente dei senatori 5 Stelle, Nicola Morra, che ha ricordato anche la recente intimidazione al giornalista Emiliano Morrone “che da tempo si batte per la cultura della legalità” e quindi ha affondato sul “caso Gentile”: «Noi con la stampa abbiamo rapporti difficili, ma non siamo mai arrivati a far inceppare una rotativa… Questa vicenda – ha detto Morra – riguarda un senatore della Repubblica che poi è stato indicato come sottosegretario nel governo Renzi, quel Renzi che da un lato pontifica di rinnovamento, ma poi nei fatti va in tutt’altra direzione, come dimostrano tante altre vicende. Non ho rapporti con Gentile, perché non sono in sintonia con chi anni fa propose Berlusconi per il Nobel e poi dopo pochi anni lo ha tradito per restare in una maggioranza. Sull’«Oragate» ho presentato un’interrogazione che, a tutt’oggi, è rimasta senza risposta: il governo ha deciso di restare il silenzio ledendo così i diritti di democrazia di tutti”.
Morra ha, poi, puntato l’indice contro “la grande patologia culturale-antropologica della Calabria, la «servitù volontaria». La società civile dovrebbe intervenire ma non c’è, lo stesso dovrebbe fare l’editoria, ma l’editoria qui è spesso legata a poteri trasversali e collusi”.
Infine, il commissario straordinario della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, sollecitata da Regolo che le ha chiesto perché nessuno della sua parte politica – il centrodestra – sia intervenuto dopo la famosa telefonata di De Rose per rimuoverlo dalla guida della Fincalabra.
“Faccio mio – ha osservato la Ferro – il pensiero di monsignor Giancarlo Bregantini, ci sono grandi responsabilità della politica, ma non bisogna generalizzare, fermo restando che ritengo sia necessario partire dalla chiusura degli enti di sottogoverno che sono buoni solo per piazzare i «trombati» della politica. C’è sicuramente una politica malata, ma c’è anche un certo giornalismo malato: la politica deve saper accettare le critiche e creare strumenti utili alla libertà di informazione, ma il giornalista non dev’essere un romanziere”.
Wanda Ferro ha, comunque, auspicato che “in Calabria non si debba più parlare di difesa della libertà di stampa, perché essa dovrà essere un principio indiscusso, così come la democrazia e l’uguaglianza. Così come auspico anche che chi esercita la professione di giornalista possa farlo in maniera libera e dignitosa, ponendosi come sentinella del potere e stimolo per le istituzioni, ma anche raccontando le cose positive di cui la nostra terra è ricca, per costruire insieme un cammino di crescita”.
Infine, la Ferro ha citato Faulkner e il suo “essere del Sud”, “quei valori dell’onore, dell’orgoglio e del rispetto che devono essere la strada maestra di tutti”. A seguire, le testimonianze dei giornalisti “scomodi” finiti nel mirino della mafia e dei poteri occulti, come Michele Albanese, Francesco Ranieri e Lucio Musolino, e di Angela Napoli, coraggiosa vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, della quale oggi è consulente. “E’ vero – ha ricordato la Napoli – che dobbiamo essere noi calabresi a reagire, ma devono arrivare anche segnali dal governo: non è accettabile che ancora non sia stato nominato il commissario alla sanità, come non è accettabile che non si risponda all’interrogazione del senatore Morra sull’«Oragate»”.
In conclusione, i ringraziamenti e i saluti del direttore dell’Ora, Luciano Regolo: “Quando ci rivedremo la prossima volta – ha auspicato – spero saremo già tornati in edicola. E sarà il giorno in cui la libertà di stampa e tutte le libertà dei calabresi l’avranno avuta vinta contro «cinghiali», «accorduni» e imbavagliatori di professione”.
Da Soverato un forte appello a “fare fronte comune contro ogni condizionamento”