ROMA – Il sito è la notizia, il giornale è la firma. Il sito è la squadra, il giornale è l’esaltazione del singolo: l’editoriale, il grande reportage. Questo siamo diventati negli anni dell’esplosione di internet e dei contenuti digitali. In questi anni di indiscutibile leadership e di indimenticabili errori, di una cosa sono sicuro: non abbiamo mai dormito.
Quando sono arrivato a Repubblica.it, la redazione era a pianterreno, in una specie di sottoscala. Non era raro accogliere i fattorini che cercavano il portiere, accompagnare all’ascensore i visitatori che si erano perduti. C’era anche un bancomat: mi scusi, come mai non funziona?
Il bagno era al primo piano: ora, se voi volete fare una newsroom moderna, ricordatevi sempre di mettere un bagno a meno di un minuto dalla postazione. Altrimenti proprio nel momento in cui l’inviato dalla California chiama per dare un aggiornamento, voi sarete andati a lavarvi la faccia. Il corrispondente si arrabbierà e interromperà la comunicazione, il sito non verrà aggiornato. E non c’è niente di più inutile di un sito non aggiornato.
Succedeva questo a Repubblica.it nel 2003, dove erano già passati fior di giornalisti. Però, il sito continuava a stare nel sottoscala. Era l’immagine plastica della considerazione che buona parte della redazione aveva di noi. Niente di male.
Per me, fu importante solo quello che mi disse il direttore Ezio Mauro. “Arrivare primi sempre, con in testa la notizia più importante in quel momento”.
Seguirono anni di adrenalina pura, di notti in bianco, di celolunghismo e spacconate per il primo miliardo di pagine viste, i record continui, la sempre maggiore considerazione del giornale. L’sms di Massimo alle 6, con i numeri nostri e quelli degli altri. E ti ricordi lo stress e le lacrime per lo tsunami, con i turisti italiani che facevano la diretta: o quando lanciammo il video di Tremonti che dava dello scemo a Brunetta. La vittoria al Mondiale, le interminabili notti elettorali. E le tante campagne sociali e politiche, il nostro modo di stare dalla parte dei lettori. La famosa colonna destra, finita nelle tesi di laurea, nei trattati di sociologia e nei fumetti di Zerocalcare. Con una frase in testa: mai mandare in linea qualcosa di cui potremmo vergognarci.
Nel frattempo i giornali si sono trasformati, ed è naturale comprarne uno in edicola per scoprire il perché delle cose, le firme e la bellissima scrittura. E di lasciare al sito il compito delle notizie e dell’aggiornamento: scusateci per le ripetizioni, per i refusi, e ci perdoni caro lettore se non le abbiamo risposto subito. Velocità vuol dire anche superficialità.
Un bravo collega dice che il nostro destino è quello di essere i vigili urbani delle notizie. Ne arriva una e tu devi decidere dove metterla: sopra, sotto, di lato o nel cestino. Devi capire cosa quella notizia diventerà nel corso della giornata, quali sviluppi avrà, devi immaginare anche come saranno giudicate le tue scelte. Facilissimo sbagliare. E la Rete non perdona gli errori, fa lo screenshot e te lo sbatte su Facebook.
Negli anni è cresciuto il tasso di protesta del cosiddetto potere: il titolo non è quello, cambiate quella foto, perché usate il verbo rimuovere e non sostituire. E oggi in piazza erano in dieci a contestare, e voi ci avete fatto il titolo. Specularmente è cresciuto il tasso di responsabilità e di attenzione, tanto che lo stesso lettore dice: era su Repubblica, e nemmeno lui sa o ricorda se l’ha letto sulla carta o sul sito.
E poi ci siamo noi, che stiamo dall’altra parte dello schermo. Una squadra, appunto. Quando arriva una notizia, ognuno sa già cosa fare. C’è chi scrive, chi cerca i video, chi cerca in archivio e chi sistema la home. Nella redazione di Repubblica.it liti e antipatie sono mal tollerate: due che non vanno d’accordo si troveranno prima o poi nello stesso turno, e sicuramente il lavoro ne risentirà.
Purtroppo non posso farvi vedere il più grande prodotto di questa squadra: magari intuite che Repubblica.it è un mezzo veloce, che può essere aggiornato prima ancora di un refresh, non vi spiegate come mai quella foto sia cambiata in un minuto. È tutto merito del Kpm3, il sistema editoriale nato dal lavoro comune di giornalisti, ingegneri, programmatori. Quando le delegazioni cinesi vengono in visita, lo mostriamo come fosse la prova di uno scoop. L’abbiamo costruito in casa, ha un valore di molte centinaia di migliaia di euro.
È arrivato il momento di confessarlo: ci sono ingegneri e programmatori che potrebbero insegnare giornalismo (non ho esempi opposti 🙂 ).
Per anni siamo stati fra due fuochi. Quelli che “la carta è superata”, gli ostinati censori e blogger di ogni nostra parola, quelli che sezionano ogni file, alla ricerca dell’errore. In altre parole, quelli che hanno il complesso di Repubblica. E poi, quelli all’altro estremo: il web è cheap, serie B, il web si fa con gli scarti del giornale. Una contrapposizione che ha fatto male anche all’area digitale (ora che non lavoro più al sito, ne approfitto per chiedere scusa per qualche durezza e qualche chiusura: chi è arrivato fino a questo punto, capirà). Ma ora che Repubblica.it è aperta H24 per 365 giorni l’anno, sarà difficile negarne l’utilità. In quanto ai censori, alcuni sono anche simpatici, e ci aiutano.
Se adesso guardo, da fratello in visita, il terzo piano di Largo Fochetti tutto a colori e digitale, così bello da sembrare la sede di Google, a parte i pilastri orrendi e lo scivolo che non c’è, le redazioni, gli studi accanto alle scrivanie, il flipper, le piante da annaffiare, le nuove professionalità, i giovani che cerchiamo faticosamente di inserire, ecco: se lo guardo penso a quel sottoscala e al colpo di fortuna che ho avuto, aver ricominciato a studiare, dopo vent’anni passati in una redazione tradizionale. Internet ha cambiato la nostra vita, non è vero? (Repubblica.it)
Giuseppe Smorto
CHI È GIUSEPPE SMORTO
Da Reggio Calabria alla stanza dei bottoni di Repubblica
Nato a Reggio Calabria il 10 luglio 1957, Giuseppe Smorto, al Gruppo Espresso dal 1981, è giornalista professionista iscritto all’Ordine del Lazio dal 14 giugno 1983. Da oltre 13 anni a Repubblica.it, nel febbraio 2016 è stato nominato vicedirettore del quotidiano “la Repubblica” con delega all’integrazione delle piattaforme cartacea e digitale. In precedenza è stato caporedattore, condirettore e direttore del sito on line Repubblica.it.
Cresciuto a Reggio Calabria, ha cominciato come cronista sportivo e nel volgere di poco tempo è riuscito a conquistarsi i galloni di capo della redazione sportiva del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari che, per un breve periodo, gli affidò anche la guida della redazione di Torino che riuscì a far risorgere.