Focus Cisal al Senato: “Strumento utile, ma le carenze normative sono un pericolo”

Smart working non è lavoro no stop

L’iniziativa della Cisal nella Sala “Caduti di Nassirya” di Palazzo Madama

ROMA – «Evitare che il lavoro agile favorisca, di fatto, una pericolosa mutazione delle caratteristiche tipiche dell’obbligo della prestazione a favore di quelle del risultato, ovvero che è emerso il rischio di una dilatazione indefinita dei tempi dell’orario di lavoro, ». È stato questo il filo conduttore del focus “Smart Working e diritti” promosso a Roma dalla Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori, nella sala “Caduti di Nassirya” di Palazzo Madama e trasmesso in diretta dal canale YouTube del Senato e da Radio Radicale.
Presenti i senatori Marco Perosino, Emilio Floris, Toni Iwobi, Pietro Pisani, Simona Nocerino, Elio Lannutti e Fabio Porta, il giornalista Francesco Cavallaro, segretario generale della Cisal, ha aperto i lavori sottolineando che «nel biennio pandemico si è avuta conferma dei vantaggi, in termini di sostenibilità sociale, insiti nell’istituto del lavoro agile/smart working, che ha saputo dare risposte alle esigenze delle categorie più fragili. Aspetto, questo, ha sottolineato Cavallaro, «che rappresenta uno dei punti di forza di questo strumento reso possibile dall’azione esercitata a tutti i livelli dalla contrattazione collettiva, anche grazie all’indirizzo regolatorio di carattere generale che Governo e parti sociali hanno saputo impostare, di fatto surrogando ad alcune carenze normative».

Andrea Orlando

Tale attività si è concretata, seppur con delle differenze di fondo tra lavoro privato e pubblico, attraverso il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” sottoscritto il 7 dicembre 2021 dal ministro del lavoro, Andrea Orlando, con tutte le parti sociali, per quanto concerne il lavoro privato e dalle “Linee guida” emanate dal ministro Brunetta alla fine del 2021 (30 novembre – 16 dicembre parere Conferenza Unificata), come testo ponte per traghettare la regolamentazione della materia, in attesa del completo recepimento della stessa da parte dei contratti, per quanto riguarda il pubblico impiego.
«Da un confronto tra i due documenti – ha spiegato il segretario generale della Cisal – bisogna dire che nella Pubblica Amministrazione, riguardo ad una potenziale piena applicazione del lavoro agile, si riscontrano alcune limitazioni aggiuntive rispetto al lavoro privato e questo soprattutto a causa di un decreto ministeriale, emanato dal ministro Brunetta  l’8 ottobre scorso, che stabilisce alcuni paletti invalicabili per la contrattazione sindacale.

Francesco Cavallaro

È, dunque, opportuno, guardando al futuro, interrogarsi su come la normativa dovrebbe intervenire in materia, specialmente in merito al rapporto tra legge e contrattazione. Si corre, infatti, il rischio che il legislatore vada ad invadere il naturale campo di intervento della contrattazione, ponendosi l’obiettivo di disciplinare materie e istituti tipici del rapporto di lavoro che, in generale, sarebbe invece meglio lasciare alla competenza della negoziazione; quest’ultima come si è avuto modo di dimostrare anche in fase emergenziale, ha caratteristiche di flessibilità e adattabilità, che le conferiscono una maggiore capacità di rispondere alle esigenze concrete delle varie realtà produttive».
In buona sostanza, la Cisal auspica che ogni eventuale normativa preveda di «lasciare alla competenza della contrattazione gli aspetti fondamentali della disciplina, che sono poi quelli su cui si è concentrato, nel lavoro privato, il protocollo del 7 dicembre 2021 e che valgono per l’individuazione delle materie, sostanzialmente, anche per il pubblico impiego».

Il focus sul lavoro agile promosso dalla Cisal al Senato

«È evidente – ha concluso Cavallaro – che bisogna evitare che il lavoro agile possa favorire una pericolosa mutazione della natura dell’obbligo del lavoratore, comprimendo oltremodo le caratteristiche tipiche dell’obbligo di prestazione e aumentando quelle dell’obbligo di risultato. Su questo aspetto diventa prioritario avere una disciplina dell’orario di lavoro che rimanga nel solco profondo dei caratteri propri del rapporto di lavoro subordinato, con rispetto dell’orario complessivo settimanale di lavoro, garanzia del diritto alla disconnessione, rigida disciplina delle fasce di contattabilità. Ma a tutto questo può ben fare fronte la contrattazione».

Francesco Cavallaro, Giovanna Montella e Gianpaolo Sbaraglia

Sulle questioni tecniche legate ad una eventuale modifica legislativa è, invece, intervenuto Massimo Blasi, segretario confederale della Cisal e rappresentante della Confederazione nelle attività dell’Osservatorio sul Lavoro agile al Ministero del lavoro. «Forse il maggior problema di regolamentazione – ha spiegato – nasce dalla previsione secondo cui il lavoro agile/smart working, anche in base alla legge 81/2017, si fonda sulla possibilità di svolgere la prestazione con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario salvo i limiti derivanti dalla durata massima della giornata e settimana lavorativa dobbiamo aggiungere».
«In tale contesto – ha osservato Blasi – è emerso il rischio di una dilatazione indefinita dei tempi dell’orario di lavoro, problema a cui la contrattazione ha subito cercato di rispondere, affermando in modo netto e definito il diritto alla disconnessione, con l’individuazione di specifiche fasce orarie. In questa ipotesi, si tratterebbe di approntare una legislazione di taglio completamente diverso da quella impostata con la legge n. 81 del 2017, da calibrare come strumento di programmazione dello sviluppo dei territori, delle reti di connessione, che dovrebbe vedere come protagonista soprattutto il sistema delle autonomie, laddove interessato a favorire l’insediamento o la redistribuzione di popolazione nei propri territori grazie alla possibilità di svolgere lavoro agile/smart working».
«Una simile politica, di sostegno alle aziende e ai territori disposti ad investire sul lavoro agile, fondata sul presupposto di concepirlo anche e soprattutto come elemento strutturale delle organizzazioni aziendali e non solo come istituto legato sostanzialmente alla conciliazione dei tempi di vita lavoro, potrebbe o dovrebbe vedere come protagonista – ha evidenziato Blasi – anche la legislazione regionali. Per le Regioni probabilmente si tratta di cogliere un’occasione.
È uno scenario dal quale potrebbe trarre soluzione anche lo storico squilibrio nello sviluppo economico che caratterizza la diseguaglianza socio economica tra le varie aree il nostro Paese, dal momento che su questo tema si innesta, inevitabilmente, anche l’occasione di poter riprogrammare lo sviluppo dei territori, tentando di porre equilibrio che oggi esistono tra centri e hinterland, tra grande città e provincia».
Prezioso e stimolante il contributo al dibattito suscitato dagli altri due relatori, i docenti universitari Giovanna Montella (“La Sapienza”) e Gianpaolo Sbaraglia (Luiss “Guido Carli”) i quali, dopo aver rimarcato l’importanza di una legge disciplinata dalla contrattazione, hanno posto l’accento sulle questioni giuridiche, sulle criticità e sul corredo dei diritti legati al lavoro agile/smart working, in maniera particolare sul diritto alla disconnessione, in una più ampia visione di riconciliazione della vita privata con la vita lavorativa.

Massimo Blasi, Francesco Cavallaro, Giovanna Montella e Gianpaolo Sbaraglia a Palazzo Madama

Per Giovanna Montella «occorre ragionare su un elemento fondamentale come il tempo, attorno a cui costruire la nuova materia del lavoro agile», mentre per Gianpaolo Sbaraglia «bisogna porre all’attenzione dell’attività legislativa la diffusione di incentivi che incoraggiano un utilizzo del lavoro agile/smart working come un modello nuovo di pensare l’organizzazione del lavoro e anche la modalità di esecuzione dello stesso favorendo la produttività, il tutto accompagnato da regole chiare». (giornalistitalia.it)

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