ROMA – Raed Fares era un’icona della rivoluzione siriana, figura di spicco del movimento anti-regime, ma anche volto simbolo della lotta alle milizie islamiste: un gruppo di uomini armati, a bordo di un furgone e con il volto coperto, gli ha sparato assassinandolo insieme un suo collega, Hammoud al-Juneid, nella città di Kafranbel, nella provincia nordoccidentale di Idlib, l’ultima roccaforte dell’opposizione nel Paese.
In pieno giorno, intorno alle 11.30 ora locale, il gruppo di uomini con il volto coperto ha aperto il fuoco contro i due oppositori, che lavoravano per una nota emittente radiofonica locale. Juneid è morto sul colpo mentre Fares è deceduto in ospedale poco dopo. I due erano conosciutissimi, “i volti della rivoluzione”, cominciata con le proteste del 2011 e poi sfociata nel conflitto che ancora non è terminato.
Esponente dell’opposizione siriana, Fares era stato minacciato a più riprese tanto “dalle milizie jihadiste” che da “simpatizzanti del regime” di Damasco. Nonostante le ripetute minacce, insieme ai colleghi, tra i quali Juneid, aveva dato vita nel 2013 all’emittente Radio Fresh FM da cui lanciava messaggi contro l’estremismo, ma anche per denunciare gli attacchi ripetuti nella regione, alla frontiera con la Turchia. Ed era riuscito a captare l’attenzione dei media di tutto il mondo per i suoi striscioni, scritti in arabo e in inglese, a volte sarcastici, che chiedevano una rivoluzione non violenta in Siria, contestavano la passività della comunità internazionale o magari erano una reazione a eventi accaduti fuori dalla Siria.
Nel 2013, dopo gli attentati di Boston, aveva scritto: «Le bombe di Boston sono una triste rappresentazione di quello che
accade quotidianamente in Siria. Vogliate accettare le nostre condoglianze».
Padre di tre figli, 46enne, all’inizio del 2014, era sopravvissuto a un attentato dell’Isis, vicino a casa. E nel gennaio del 2016 era stato brevemente rapito dai jihadisti di Al-Nusra. A giugno, deplorando la sospensione dei finanziamenti di Washington alla sua radio, Fares aveva ribadito il suo impegno per “la democrazia” e “la tolleranza”.
«In assenza di voci pacifiche e democratiche, i terroristi sono stati in grado di convincere i giovani siriani più vulnerabili che la violenza e la distruzione possono aprire la strada alla stabilità», aveva scritto sul Washington Post.
«La società civile e il lavoro dei media indipendenti devono contrastare in maniera instancabile questi messaggi. Il futuro democratico della Siria dipende dal nostro successo».
«Raed e Hammoud erano la voce di Kafranbel, si erano mobilitati dall’inizio (della rivolta)», ha raccontato un collega. Ma ora qualcuno ha spento la loro voce per sempre. (agi)
Icona dell’opposizione siriana, aveva creato una Radio per denunciare l’estremismo