CASTEL DEL GIUDICE (Isernia) – “Nella televisione pubblica non devono esserci latifondi intoccabili”. Da Castel del Giudice, a conclusione della due giorni molisana per il decennale dell’Associazione Regionale della Stampa, Franco Siddi pone fine alle polemiche sull’intervista al figlio di Totò Riina a “Porta a Porta”, che hanno infiammato il primo incontro, nella sede dell’ex Gil di Campobasso, non escludendo, da settembre, “grandi novità” nel nuovo palinsesto Rai che registrerà, tra l’altro, la convergenza digitale con due nuove app “Rai con te”, delle quali una dedicata all’informazione.
A innescare la miccia, la sera prima a Campobasso, nel corso dell’incontro con il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, il segretario generale aggiunto Carlo Parisi, il presidente ed il vice presidente dell’Assostampa Molise, Giuseppe Di Pietro e Giovanni Mancinone, era stato lo stesso Siddi affermando che “qualcuno ha pensato che nella Rai si voglia istituire una attività censoria. Niente di tutto ciò. Nessun supervisore e nessuna censura. La Rai sta dalla parte della legalità. Da giornalista l’intervista al figlio di Riina l’avrei fatta anch’io, non si può non fare. Il figlio di Riina ha fatto un percorso che era giusto far vedere per far riflettere gli italiani nella speranza che, magari fra tre generazioni, possa cambiare la cultura dei mafiosi. Il male – sostiene Siddi – va conosciuto e se c’è una condizione per poterlo fare, ciascuno lo fa con il suo criterio professionale, con la sua spinta motivazionale, con indipendenza. La Rai non può permettersi censure. La censura non ci piace mai”.
“Certo – ha aggiunto Siddi – ci sono domande che si pongono e domande che non si pongono. La Rai ha fatto una scelta editoriale e se ne è assunta la responsabilità. Non per questo oggi la Rai è diventata la Rai della mafia, non lo sarà mai. Il punto è che nei cambiamenti della Rai spariranno sicuramente i latifondi. Credo che sia arrivato il tempo definitivo in cui si possa tornare alla Rai degli italiani e non la Rai di Siddi, di Vespa, di Campo Dall’Orto, di Giannini, eccetera. I latifondi devono scomparire, devono essere chiusi, ma questo non vuol dire chiudere le trasmissioni”. Siddi ha, comunque, ammesso che “certo tipo di informazione si possa fare, ma in programmi squisitamente di inchiesta”.
Nel corso del dibattito di Campobasso, dura la replica del segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso: “Al Sindacato dei giornalisti sta a cuore la Rai al servizio del cittadino e non di chi nomina i vertici della Rai. Al meccanismo di nomina dei vertici da parte del governo di turno diciamo basta. Il Servizio Pubblico sta nella sua articolazione territoriale rappresentata da 22 redazioni e 24 centri di produzione in Italia per illuminare le periferie del nostro Paese, come ci esorta Papa Francesco che – non dimentichiamolo – assieme a Giovanni Paolo II ha scomunicato i mafiosi”.
“Se abbiamo fortemente criticato Porta a Porta – ha aggiunto Lorusso – lo abbiamo fatto perché quell’intervista non è uno scoop. Non è giornalismo, né informazione, ma un’offesa alle vittime della mafia. È stata organizzata in un modo scellerato, un modo che non si può assolvere perché non è tollerabile che nel servizio pubblico venga consentito il lancio promozionale del libro del figlio del capo dei capi di Cosa Nostra. Come ha insegnato Enzo Biagi con Tommaso Buscetta, si può intervistare un mafioso, ma non lo si fa accomodare in salotto, come il recidivo Vespa aveva già fatto anche con i Casamonica. Ancora più grave – ha detto ancora Lorusso – è stata la puntata riparatoria che fa passare il messaggio che ci possa essere una sorta di par condicio tra mafia e antimafia”.
Il segretario generale della Fnsi ha definito “sconcertante che un qualsiasi cittadino, a cominciare dal Presidente del Senato, debba rilasciare una liberatoria prima di essere intervistato, mentre al signor Riina è stato concesso di rilasciarla solo dopo aver visionato l’intervista che sarebbe andata in onda. Ancora più grave è apprendere che sarebbero state delle domande alle quali Riina si sarebbe rifiutato di rispondere e che le stesse non siano andate in onda. Insomma, non è stata affermata la missione del servizio pubblico. Credo che questa sia stata una brutta pagina di giornalismo”.
Quindi, l’appello della Fnsi a “ripensare alla missione del servizio pubblico ricordando che il Sindacato dei giornalisti deve essere imparziale, ma non può essere neutrale”.
Ieri a Castel del Giudice, assente Lorusso, ma presenti Carlo Parisi e Giuseppe Di Pietro, incalzato dai giornalisti sul caso “Porta a Porta”, il consigliere d’amministrazione della Rai, pur riconoscendo a Bruno Vespa di essere “un protagonista della televisione italiana identificato con la sua trasmissione”, ha sottolineato che “bisogna cambiare di più, sperimentare e allevare nuovi talenti e valorizzare quelli esistenti”.
Tradotto in parole povere significa che non è detto che la “Porta” debba rimanere sempre aperta e, nel caso lo fosse, non è detto che il padrone di casa debba rimanere sempre lo stesso. Per Franco Siddi, infatti, avrebbe avuto (o potrebbe avere) lo stesso successo a “Domenica in”. A scanso di equivoci Siddi ha ricordato l’esempio della Cbs, dopo io pensionamento di David Letterman: “Il network statunitense ha continuato a proporre una trasmissione dello stesso genere, ma con altri protagonisti, senza perdere pubblico”. Insomma, Bruno Vespa è avvisato. (giornalistitalia.it)