MILANO – Basta, per un congruo periodo di tempo, con i premi e con i bonus ai manager e agli azionisti delle imprese che vanno avanti a colpi di stati di crisi, licenziamenti e mega piani di ammortizzatori sociali. Per loro i premi si concedano solo se la riduzione dei differenziali di rendimento finanziario vada almeno di pari passo con la diminuzione dei differenziali sociali aziendali per i lavoratori.
Nell’impresa editoriale questa è una condizione di credibilità, che deve essere considerata parametro rilevante di efficienza. La discussione aperta, con forte denuncia, dai giornalisti e dalle maestranze Rcs sul piano di bonus per il top management dell’azienda, sospeso poi dallo stesso quadro dirigente “fino al pieno ripristino della profittabilità del Gruppo”, sia salutare per l’intero sistema.
Serve una svolta, anche in termini legislativi, di equità e di democrazia economica. Basta allora con sacrifici sul costo del lavoro (per poi non preservare né lavoro né produzione) senza partecipazione agli organi di controllo gestionale delle imprese.
Nel mondo industriale dell’informazione si pone una grande questione di equità e credibilità pubblica, di fronte ai pesanti sacrifici che si chiedono ai giornalisti, le cui prestazioni restano insostituibili, se si vuole preservare autenticità, valore, forza rappresentativa del bene informazione.
I giornalisti e il loro sindacato si assumono una parte di responsabilità in questo processo, accollandosi parte rilevantissima (quasi tutta) dei costi per ammortizzatori sociali (soprattutto i contratti di solidarietà) che tengono in vita imprese e prospettive di rilancio.
Ora è tempo di legiferare in senso riformatore e di smettere con sacrifici unilaterali. Servono nuovi meccanismi di controllo sociale e pubblico. Chi partecipa in forma tanto rilevante a tenere in piedi le imprese, deve poter stare, almeno, nel collegio dei sindaci delle società beneficiarie di risorse proprie dei lavoratori.
Servono nuovi meccanismi di controllo. Niente bonus ai manager che licenziano