La Corte Costituzionale è stata chiamata a decidere sull’effetto retroattivo del reato

Si può depenalizzare l’omissione contributiva?

Corte CostituzionaleROMA – Il 5 aprile la Corte Costituzionale deciderà sulla depenalizzazione con effetto retroattivo dei reati di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. È una questione di notevole importanza anche per l’Inpgi.
Nell’udienza in Camera di Consiglio di mercoledì prossimo i 14 giudici della Consulta dovranno valutare la legittimità del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8. Per il Tribunale di Varese la nuova normativa violerebbe gli articoli 3, 25, 2° comma, e 27 della Costituzione, cioé i principi di uguaglianza, di legalità e irretroattività della pena e di colpevolezza. In difesa delle attuali disposizioni di legge é intervenuto l’avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per conto della Presidenza del Consiglio. Relatore sarà il giudice professor Nicolò Zanon.
Il Tribunale ordinario di Varese, investito di un processo in cui l’imputato è chiamato a rispondere del delitto previsto dall’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 463 del 1983 per aver ripetutamente omesso di versare ritenute assistenziali e previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti, sottopone a scrutinio di costituzionalità:
– l’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 nella parte in cui prevede l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’articolo 3, comma 6, del medesimo decreto legislativo in relazione ai fatti di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 463 del 1983 anche se commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 8 del 2016, che ne ha disposto la trasformazione in illeciti amministrativi;
– l’articolo 8, comma 3, del medesimo decreto legislativo, nella parte in cui prevede che, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore di tale decreto, la sanzione amministrativa pecuniaria applicabile non possa essere superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato;
– l’articolo 9 del medesimo decreto legislativo, nella parte in cui impone al giudice penale la trasmissione all’autorità amministrativa competente ad applicare la sanzione amministrativa pecuniaria, degli atti relativi ai procedimenti penali riguardanti reati trasformati in illeciti amministrativi.
Secondo il giudice rimettente le norme censurate sarebbero in contrasto con i principi di legalità e irretroattività della pena, affermati dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto la sanzione pecuniaria introdotta in sostituzione della sanzione penale avrebbe natura sostanzialmente penale. Il rimettente pone la questione anche in riferimento agli articoli 27 e 3 della Costituzione, ravvisando il contrasto delle norme censurate con il principio di colpevolezza e di uguaglianza, a fronte del trattamento differente di situazioni sostanzialmente identiche quali le posizioni processuali già definite e quelle non definite. (giornalistitalia.it)

Pierluigi Roesler Franz

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