Cronista di alto livello, manca alla famiglia e ai colleghi a cui “quella sentenza” non va giù

Sette anni senza Alessandro Bozzo

Alessandro Bozzo

COSENZA – Sette anni senza Alessandro Bozzo e la sua assenza si fa sentire. Ci manca. Come uomo, come amico, come professionista. Nel corso di questi lunghi anni senza la sua presenza (ha deciso di lasciare questa terra il 15 marzo 2013, tre giorni dopo aver compiuto il suo quarantesimo compleanno), si è parlato molto, comprensibilmente, delle vicende processuali che hanno visto l’imprenditore Piero Citrigno, già editore di Calabria Ora, condannato, in primo grado, a quattro mesi per il reato di violenza privata per aver portato il contratto di lavoro del giornalista a condizioni peggiorative, facendo in modo che lo accettasse per evitare il licenziamento anche senza “minaccia esplicita”, come ha scritto il giudice. Una sentenza che non è per niente piaciuta alla famiglia di Alessandro e ai suoi colleghi.

Alessandro Bozzo

Un processo nato nel momento in cui la famiglia di Alessandro ha consegnato alla magistratura i diari del cronista dove lui appuntava tutto ciò che gli accadeva al lavoro, pagine in cui emerge tutta la sua amarezza per le decisioni e gli avvenimenti che accadevano all’interno dell’azienda per cui lavorava.
Diari che contenevano tutti i pensieri di Alessandro sulla realtà lavorativa, compreso qualche “vaffa” ai suoi colleghi. Ma anche tanti apprezzamenti silenziosi per loro. Tipico di Ale. Dimostrare al mondo di essere un duro ma, in realtà, avere un cuore d’oro.
Il ricordo di Alessandro Bozzo non può, però, limitarsi solo alla vicenda processuale. Alessandro Bozzo sapeva essere cronista appassionato e giornalista d’alto livello. Era capace di districarsi abilmente fra la cronaca politica (che amava moltissimo), e quella nera e giudiziaria. Si appassionava a ciò che apprendeva dalle forze dell’ordine o durante i processi e lo approfondiva quando c’era qualcosa che non gli quadrava.
Memorabile, per i suoi colleghi, fu quando venne dato alle fiamme, a Cosenza, un bar che, in un primo momento, sembrava essere stato incendiato per questioni legate alle famiglie criminali bruzie. Ad Alessandro la dinamica dei fatti non convinceva proprio. Ma proprio per nulla. Così si attaccò al telefono, parlò delle sue tesi agli inquirenti e, grazie al suo intuito, questi riuscirono a scoprire che il proprietario del bar aveva dato fuoco al locale per questioni legate all’assicurazione.

Alessandro Bozzo

La tecnica dello “sbirro buono/sbirro cattivo”, lui la chiamava così, la metteva in pratica con i colleghi più giovani. Diceva che a lui spettava il compito di fare il “cattivo” con le fonti politiche e che poi sarebbe toccato al cronista giovane andare a prendersi la notizia con il politico parlando male di lui.
Alessandro e le sue tecniche per trovare notizie. Si potrebbe scrivere un libro su tutto questo.
Innamorato del tennista Roger Federer (che spesso sognava di essere), e della Fiorentina (un amore nato ai tempi di Antognoni), Alessandro Bozzo era un esperto ornitologo, una passione che aveva coltivato in proprio fra i boschi di Donnici, la frazione di Cosenza dove viveva da giovane.
Disegnatore di vichinghi durante le riunioni di redazione, vigile del fuoco da ragazzo e appassionato di scommesse calcistiche (lo affascinava il calcolo delle probabilità e non i pochi spiccioli che puntava), Alessandro aveva iniziato la sua carriera giornalistica in una tv locale, ma era per la carta stampata il suo vero amore. Un amore che ha saputo coltivare sempre. (giornalistitalia.it)

Francesco Cangemi

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