BELGRADO (Serbia) – Il soffocamento della libertà di stampa tramite campagne spietate contro singoli giornalisti su tabloid e reti televisive sta diventando ormai parte della cupa realtà dei mezzi di informazione in Serbia.
Bisogna mistificare una notizia ancor prima che questa venga pubblicata, perché una volta pubblicata dovrete occuparvi delle smentite: potrebbe essere definita così la nuova strategia di soffocamento della libertà di stampa in Serbia.
“L’onore” di fungere da prime cavie per tale strategia è spettato al portale di giornalismo investigativo Krik e al suo direttore, Stevan Dojčinović. Il portale Krik, infatti, aveva cominciato a preparare un’inchiesta sulle proprietà immobiliari della famiglia del primo ministro serbo Aleksandar Vučić, ma ancora prima che Krik la avviasse è stato sottoposto ad un linciaggio mediatico.
Il tabloid Informer e il suo direttore Dragan J. Vučičević hanno, infatti, accusato Krik di voler infliggere “un duro colpo” alla famiglia Vučić, e Dojčinović è stato dipinto come una spia dei servizi segreti francesi, è stato accusato di aver contatti con tossicodipendenti, nonché tendenze sessuali sadomaso. In altre parole, una ricetta perfetta per gettare fango sui “disobbedienti”.
Con tale gesto si è voluto lanciare un chiaro segnale non solo a Krik, ma a tutti i mezzi di comunicazione in Serbia: “ficcare il naso” nelle proprietà dei leader della coalizione di governo non è cosa gradita.
“Continueremo a lavorare all’inchiesta e la porteremo a termine. La settimana prossima chiameremo il primo ministro Vučić, che ha ufficialmente dichiarato di avere solo un monolocale di sua proprietà, per discutere di questo tema. Ovviamente, la cosa non lascia indifferenti né Krik né me, in quanto subiamo una pressione molto forte. È potenzialmente pericoloso quando qualcuno ti definisce come spia o sadomasochista, soprattutto in un contesto sociale oberato dai pregiudizi e tendente alla teoria del complotto. Su Twitter mi minacciano dicendo di conoscere tutti i miei segreti”, afferma Dojčinović.
Informer, nei mesi scorsi, è uscito con dichiarazioni altisonanti relative ad un mai dimostrato colpo di stato in Serbia, al quale aveva collegato alcuni giornali e giornalisti, con attacchi continui nei confronti dell’ombudsman Saša Janković e con altre azioni simili. Ognuno di questi attacchi, inclusi i più recenti, vengono poi ripresi dettagliatamente durante le trasmissioni televisive di Pink, rete televisiva a frequenza nazionale molto seguita, lasciando alle vittime scarsissime possibilità di difendersi.
Non esistono prove concrete su una collusione tra Informer, TV Pink, e gli ambienti di governo, ma è un dato di fatto che questi due media si sono sempre posti come difensori e promotori del governo. E è dato certo che Vučić, su una rete televisiva a frequenza nazionale, abbia espresso stima nei confronti del direttore di Informer, Dragan J. Vučičević, definendolo come una brava persona e un ottimo giornalista.
Sotto pressione
“La cosa più difficile da sopportare è quando mi dicono che questa è una guerra tra due mezzi di informazione. Poiché si tratta di qualcosa di completamente diverso, soprattutto se si tiene in considerazione che non c’era scritto da nessuna parte che avevamo intenzione di occuparci delle proprietà dei membri della famiglia Vučić. Sono convinto che sia stato tutto orchestrato dal governo. È inspiegabile che il direttore di un media privato attacchi qualcuno così brutalmente. Non c’è alcun interesse pubblico in quello che Informer pubblica in prima pagina. Perché per il direttore di un giornale dovrebbe essere importante quel che fa nella vita privata il direttore di un’altra testata?”, ha affermato Dojčinović.
Informer aveva scritto di esser venuto a sapere dell’inchiesta che Krik stava preparando proprio grazie ad una fonte interna al portale investigativo, ma Dojčinović lo ritiene poco verosimile. A Krik lavorano in pochi e all’inchiesta in questione stavano lavorando solo lui e un collega. Le possibili fonti a suo avviso potrebbero essere state piuttosto l’ufficio del catasto o altri uffici a cui erano state poste domande riguardanti le proprietà dei Vučić. Ma dato che è poco probabile che questi uffici a cui erano indirizzate le domande abbiano rivelato informazioni proprio ad Informer (il rilascio di tali informazioni, infatti, sarebbe una violazione di legge), il sospetto ricade sulla polizia e su altre autorità che hanno a disposizione risorse per lo spionaggio e le intercettazioni.
L’Associazione Indipendente dei Giornalisti di Serbia (Nuns) e la Società Indipendente dei Giornalisti di Vojvodina (Ndnv) hanno invitato il governo a controllare che nell’intera faccenda non ci siano state violazioni di legge da parte di organi statali, ma per ora non hanno ancora ottenuto risposta.
La Nuns ha, inoltre, invitato al boicottaggio di Informer a causa della sua sistematica violazione delle leggi, del codice etico dei giornalisti, di violazioni dei diritti umani, così come di elementari regole morali. Il raggio d’azione di queste richieste e inviti è però marginale, considerato che Informer e Pink sono parte di un sistema cruciale per mantenere sotto controllo l’opinione pubblica e che il governo non intenderà metter fine a tale sistema, soprattutto nel bel mezzo della campagna elettorale per le elezioni fissate per il 24 aprile.
Da questo punto di vista è assolutamente possibile che questo nuovo “metodo”, che include il controllo sul lavoro dei giornalisti e violente reazioni ancor prima che notizie sgradite vengano pubblicate, possa attecchire. Ed è una dinamica preoccupante se affiancata ai metodi precedentemente consolidatesi, come l’ignorare del tutto quelle domande dei giornalisti che sono potenzialmente scomode per i rappresentanti del governo o la sospensione di quelle trasmissioni nelle quali vengono condotti dibattiti pubblici.
La resistenza
I principali mezzi di informazione serbi o non prestano affatto attenzione al linciaggio mediatico che Informer e Vučićević, con il generoso contributo di Pink, hanno condotto sia contro Krik sia contro le associazioni e gli individui che sostengono questo portale, oppure riportano solo informazioni brevi, per lo più senza prendere posizione.
I veri promotori di una resistenza a questo stato di cose sono portali, social network, una minoranza di mezzi di informazione non sottoposti a qualche forma di controllo e le associazioni di giornalisti. Questi non hanno una posizione di dominio, ma il loro lavoro e i loro sforzi non sono trascurabili. Del resto, se non fosse così, non ci sarebbe nemmeno stata questa vergognosa campagna contro il portale Krik che aveva solo espresso l’intenzione di volersi occupare di un tema “delicato”, ovvero le proprietà di un funzionario pubblico.
La pressione a cui è stato esposto Krik potrebbe addirittura rafforzare la resistenza. Infatti, questo portale non rinuncerà all’idea di scrivere circa le proprietà della famiglia Vučić, e lo stesso polverone sollevato da Informer ha innalzato l’interesse pubblico su questo tema. La sfacciataggine con la quale si è comportato il direttore di Informer, Vučićević, potrebbe contribuire a compattare il fronte di coloro che si oppongono al soffocamento della libertà di stampa. Per ora, il più influente all’interno di questo blocco è la Nuns, ma c’è da aspettarsi che nelle prossime settimane si assisterà ad un impegno più deciso da parte di varie componenti della società civile.
Per il governo continua ad essere fin troppo semplice affermare di non potersi immischiare con le politiche editoriali dei mezzi di comunicazione e che non c’entrano nulla con quel che fa Informer. Tuttavia, qualora la resistenza si facesse più consistente tra l’opinione pubblica, si indebolirebbe la persuasività di tali spiegazioni e il “lavoro” compiuto da Informer potrebbe diventare un insostenibile peso sulle spalle del partito di governo, in particolare durante la campagna elettorale. (Osservatorio Balcani e Caucaso)
Dragan Janjić