IL CAIRO (Egitto) – Il rinvio a oggi dell’udienza per la possibile scarcerazione di Ahmed Abdullah, capo della Commissione egiziana per i diritti e le libertà Ecrf, Ong che si occupa di sparizioni forzate in Egitto e che fornisce servizi di consulenza legale alla famiglia di Giulio Regeni, “potrebbe essere un buon segno”. Lo ha dichiarato Mohamed Sanafi, l’avvocato di Ecrf che segue il caso.
“Ci sono voci non confermate sul fatto che Abdullah e tutti gli attivisti arrestati nelle cosiddette “proteste per la Terra” potrebbero essere rilasciati presto. Lo scopo del rinvio potrebbe essere proprio quello di valutare la situazione dei detenuti prima di liberarli”, ha detto l’avvocato.
Abdullah è apparso in aula molto dimagrito, ma sorridente per aver rivisto i suoi cari, tra cui i genitori. “Da cinque mesi sento ogni giorno che Ahmed sarà liberato presto. Ma la nostra casa mi fa sempre più paura mentre Ahmed è in cella”, ha detto ad “Agenzia Nova” la madre dell’attivista, mentre il padre, Haj Abdullah, distribuiva bevande e acqua al figlio, agli altri detenuti e agli agenti di polizia nella vicinanze, senza rilasciare dichiarazioni.
Lo scorso 27 luglio, un tribunale del nord del Cairo aveva respinto il ricorso in appello presentato dagli avvocati di Abdullah contro i 45 giorni di custodia in carcere disposti dai giudici il precedente 20 luglio. Abdullah è stato arrestato all’alba del 25 aprile. L’accusa è di “aver diffuso la notizia falsa, secondo cui le isole Tiran e Sanafir appartengono all’Egitto” e di affiliazione ad un gruppo terroristico.
La recente liberazione di giornalisti e attivisti, come l’avvocato Malek Adly e il giornalista Amr Badr, potrebbe essere un preludio alla possibile liberazione di Abdullah.
Lo scorso 19 agosto il quotidiano egiziano “Daily News” ha riferito che il capo di Ecrf è stato aggredito da funzionari della sicurezza nazionale egiziana, i quali avrebbero confiscato gli effetti personali dell’attivista, inclusi alcuni libri. Abdullah aveva anche intrapreso uno sciopero della fame nel mese di giugno, dopo la sentenza di prima grado di una corte egiziana che aveva definito nullo l’accordo sulle isole Tiran e Sanafir, facendo di fatto decadere parte delle accuse a suo carico. Lo sciopero è stato in seguito sospeso per l’aggravarsi delle condizioni di salute dell’attivista. (Agi)
Sempre l’agenzia Nova annuncia che il Consiglio nazionale egiziano per i diritti umani (Nchr) ha accolto con favore la ripresa degli incontri tra investigatori italiani ed egiziani. Al vertice dell’8 e del 9 settembre, richiesto dalla Procura di Roma, parteciperanno il procuratore Giuseppe Pignatone, il sostituto Sergio Colaiocco e per gli egiziani il procuratore generale Nabil Ahmed Sadek e il team di magistrati creato per indagare sulla morte del giovane ricercatore, collaboratore del quotidiano il Manifesto.
Nel corso del vertice, a quanto si apprende, verrà analizzato lo stato delle indagini sulla base dei documenti che gli uffici giudiziari si sono trasmessi tramite rogatoria negli scorsi mesi. Quello di settembre è il terzo incontro tra magistrati dopo il ritrovamento del corpo del giovane.
Al Cairo potrebbe essere scarcerato il consulente della famiglia. Accordo investigativo