ROMA – Detto a bocce quasi ferme: fa acqua la riforma dell’Inpgi. Per indorare al meglio la pillola da far inghiottire ai pensionati, il presidente Camporese spiega che, in fondo in fondo, sia poca cosa il prelievo forzoso di 20 euro al mese su un assegno di 60mila euro lordi all’anno, mentre sarebbe ossigeno “in un contesto generale di sacrificio a sostegno del destino complessivo della categoria”.
A parte l’eleganza di guardare nelle tasche altrui e di lanciare lacrimosi appelli a chi sta già sborsando la sua parte consapevole della crisi dell’occupazione, i suoi conti sono sbagliati. Perché 20 euro + 30/40 euro di mancata perequazione mensile (senza contare gli arretrati di oltre 2500 euro persi in 4 anni e mezzo) rappresentano una bella sommetta di sacrifici.
Camporese e, a ruota, i nostri sindacalisti di maggior spicco e responsabilità continuano ad ignorare o a fingere di ignorare (o per cattiva coscienza o per non restare indietro al coro di coloro che vorrebbero crocifiggere gli anziani perché troppi e costosi) che l’Istituto già incassa fior di quattrini nel novero della solidarietà intergenerazionale invocata con tante prediche ipocrite. Non solo raccoglie i frutti del mancato allineamento al costo della vita delle pensioni medio-basse (oltre 20milioni negli ultimi anni), ma spilla da quelle alte ben 3 milioni all’anno in base alla legge Letta del 2012.
Nemmeno il governo del rottamatore Renzi e l’Inps, nonostante le sobillazioni del presidente Boeri, osano sfidare leggi e quadro costituzionale e giuridico per colpire i diritti acquisiti e per arrivare all’autoriduzione coatta delle pensioni.
Invece, proprio in casa nostra dove per mestiere si fanno le pulci ai potenti denunciandone le prepotenze contra legem, si procede pervicacemente come se si trattasse di un qualsiasi atto amministrativo per vendere azioni mobiliari. Eppure sanno benissimo che l’Inpgi, persino in ragione della legge istitutiva e dello Statuto, non ha alcun potere di ridimensionare, tassare, sforbiciare le pensioni pregresse. Sono andati avanti a testa basta nel pianificare tagli illegittimi nonostante la stessa Fnsi, e a gran voce l’Ungp avessero sollecitato il ricorso al giudizio di esperti legali per precostituire un qualche ombrello di legittimità.
Si è compiuto, in quattro e quattro otto, un atto arbitrario che rischia di compromettere l’intera operazione di aggiustamento dei conti in rosso. Inutilmente, nella deliberante riunione del 27 luglio us, alcuni tra gli stessi consiglieri di amministrazione hanno consigliato l’opportunità di stralciare le misure per i pensionati, e la rappresentante del ministero del lavoro, Fiorella Kostoris, ha messo in guardia il cda sui risvolti incostituzionali del prelievo forzoso sulle pensioni. Le sue obiezioni non potranno non influire sulle mosse dei ministeri vigilanti (lo stesso ministero del lavoro nonchè il ministero dell’economia) che potrebbero bocciare e rispedire al mittente, l’Inpgi, l’intero pacchetto di riforme imponendo un duro giro di vite. Sarebbe un tremendo colpo per l’autonomia che paradossalmente si vorrebbe salvare con un intervento dal dubbio risultato. E poi risuonano minacciosi altri campanelli di allarme. Non potrà non pesare su un possibile pollice verso l’atteggiamento della Fieg. Gli editori hanno disertato il cda del 27, chiaramente in disaccordo sull’aumento dello 0,50% della contribuzione, oltre l’1% già concordato a loro carico, spiazzando gli artefici della manovra.
Possibile sia senza alternativa la strada segnata da trabocchetti giuridici? Senza sottovalutare il pericolo che, una volta calpestato un principio di legittimità, le pensioni diventino una riserva di caccia per futuri amministratori a corto di quattrini. Mettere i giornalisti pensionati davanti a un fatto compiuto, peraltro ingiusto, e non consultarli uno per uno magari via email, appare un’insopportabile scorrettezza.
La solidarietà si conquista ottenendo gesti di volontaria liberalità. Non è colpa degli anziani se il mercato del lavoro non tira, se il sistema pensionistico ha perso la bussola, se il welfare è naufragato. Oggi sono veri e propri ammortizzatori sociali, nonni bancomat che soccorrono figli e nipoti nell’attesa di tempi migliori. I giornalisti pensionati non sono miopi, né vivono sulla luna. Non sarebbe difficile persuaderli a fare altri sacrifici, purchè si dimostrino le buone intenzioni di tagliare i propri rami secchi, di affrontare una cura dimagrante, e di fare le pulci ai conti con la mano della spending review.
Come si fa a sostenere l’esiguità del prelievo dei 20 euro, quando gli amministratori si sono autoridotti di qualche spicciolo (0,10%) i loro emolumenti che ammontano complessivamente a un milione e 400mila euro all’anno? Perché, di fronte ai tempi grami, non si riforma lo statuto per ridimensionare la pletorica organizzazione a cominciare dall’inutile baraccone del consiglio generale? Perché debbono continuare ad essere elargite generose contribuzioni al sindacato dal centro alla periferia sotto le più svariate voci?
L’Inpgi sborsa al sindacato dei giornalisti quasi 2milioni e mezzo, per l’esattezza 2.449.325 euro dei quali 280.195 alla Fnsi che diversamente dalle Associazioni territoriali non gestisce direttamente servizi per i colleghi. Evidentemente non bastano alle altrettante pletoriche organizzazioni sindacali i ricavi delle quote sociali dello 0,30 sulle retribuzioni dei giornalisti in attività. E a proposito delle solidarietà offerte da parte dei pensionati non si trascuri che, senza più bisogno di copertura sindacale ma solo a titolo di spontanea colleganza intergenerazionale, versano anche loro lo 0,30 per quasi un milione di euro.
Romano Bartoloni
Presidente Gruppo Romano giornalisti pensionati
Segretario Sindacato Cronisti Romani