SIENA – La competitività tra testate giornalistiche è importante, anzi “è importantissima e salutare e sono d’accordo che debba esserci”, ma occorre tener presente che “può anche indurre in errore”. E quindi occorre la massima attenzione, la massima verifica prima di pubblicare qualcosa.
È l’ammonimento di Dean Baquet, direttore del New York Times, nel corso del panel “Il frastuono dei media e l’orgoglio del buon giornalismo”, dove è intervenuto con i direttori del del Wall Street Journal, Gerard Baker, e del Washington Post, Martin Baron, nell’ambito della decima edizione di “Crescere tra le righe” promosso a Borgo La Bagnaia dall’Osservatorio Permanente Giovani-editori.
A sua volta Baker ha insistito sulla “tensione” che si è determinata tra “competitività e oggettiva attendibilità”, e ha riferito che “ci sono standard elevatissimi per verificare l’attendibilita, poniamo moltissimi ostacoli per i nostri giornalisti (per verificare la notizia, ndr) e questo rallenta le cose” . Certo
– ha aggiunto – c’è la possibilità “che qualcun altro che non ha altrettanti scrupoli non affronta il percorso a ostacoli, e questo a volte ci spinge a essere meno precisi e meno rigorosi”.
Comunque è evidente che “la competitività e il giornalismo di qualità sono un’ottima cosa, e se possiamo battere il collega è chiaro che questo ti fa star bene”.
Ma la condizione primaria resta quella di “non compromettere i nostri valori, e a volte ci sarà una storia che non potrai pubblicare perché avrai seguito il percorso corretto. Non dobbiamo scendere a compromesso con i nostri valori, altrimenti danneggiamo la nostra testata”. (agi)
New York Times e Wall Street Journal: “Pagare per avere più qualità”
SIENA – Se al New York Times oggi ci sono più giornalisti di 10 anni fa non è certo grazie alla pubblicità, ma perché “abbiamo chiesto ai lettori di pagare per un contenuto che non sarebbero riusciti a trovare da nessun altra parte”. Per Dean Baquet, direttore del Nyt, “c’è sempre più bisogno di verificare le notizie, di cercare riscontri e fonti. E questo giornalismo di qualità e apprezzato. Sono in crescita infatti gli abbonamenti ai contenuti di qualità, per avere informazioni puntuali e precise che i lettori non riescono a trovare altrove. Noi non siamo il ritratto del giornalismo statunitense in generale, noi siamo il giornalismo di alta qualità. Se vogliano che i lettori paghino, bisogna mantenere un giornalismo di alta qualità”. E questa realtà è – a suo avviso – presente anche in altri grandi giornali, dove di recente ha preso piede l’idea del profitto.
All’esigenza di guadagnare ha fatto riferimento Martin Baron, direttore del Washington Post, anche lui intervenuto al panel, ricordando che il gruppo è tornato agli utili due anni fa, utili che sono stati destinati agli investimenti. Baron ha sottolineato che “non è solo questione di traffico o utenti: non si guadagna sulla base della pubblicità. L’area di crescita per noi tutti è quella degli abbonamenti e così abbiamo scoperto che sono disposti a pagare. Succede sempre di più”. E per Gerard Baker, direttore del Wall Street Journal, oggi la pubblicità va ai giganti digitali, “e per noi sono importanti gli abbonamenti che tu puoi avere solo se produci giornalismo di qualità”. (agi)