ROMA – Non appartiene alla Società Milano ’90 di Sergio Scarpellini, bensì all’Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, l’immobile di Largo Lamberto Loria 3, a circa un km dalle Terme di Caracalla, preso in affitto dal Comune di Roma per l’utilizzo di uffici in cambio di un impegno di spesa annuale pari a 9 milioni e mezzo di euro.
L’errore di attribuzione della proprietà, contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Paola Tomaselli nei confronti dello stesso imprenditore e dell’ex capo del personale del Campidoglio, Raffaele Marra, arrestati per concorso in corruzione, è il motivo di un esposto che il giornalista Pierluigi Franz ha presentato nei giorni scorsi, nella veste di componente del Collegio Sindacale dell’Inpgi, alla Procura di Roma, alla Procura regionale della Corte di Conti, al Gip, e al presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Franz, che è anche consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, parla di “evidente errore” e di “vicenda melmosa” dalla quale possono emergere “risvolti penali, oltre che contabili/amministrativi, anche nei confronti di soggetti politici, amministratori, dirigenti, funzionari e dipendenti del Comune che per anni avrebbero sperperato un’enorme quantità (circa 50 milioni di euro) di denaro pubblico dei contribuenti romani”.
Nell’esposto, infatti, si spiega che l’immobile, composto da 8 piani più uno interrato e un altro seminterrato, più un lastrico solare concesso in locazione a Wind che vi ha installato i suoi ripetitori per i cellulari della zona di Roma Sud, è da 50 anni in via esclusiva di proprietà dell’Inpgi e che per 21 anni a partire dal 2006 era stato affittato al canone annuo di 2 milioni e 100mila euro alla Milano ’90 del Gruppo Immobilfin, riconducibile a Scarpellini. Questi a sua volta lo ha subaffittato, dal gennaio 2008 al luglio 2015, al Comune di Roma “ad un canone annuo stratosferico di quasi 5 volte superiore”.
Insomma, “in 7 anni e mezzo di permanenza in subaffitto nello stabile di Largo Loria, il Comune avrebbe complessivamente pagato alla Milano ’90 la bellezza di circa 71 milioni euro (circa 138 miliardi di vecchie lire) addirittura più del doppio del valore stesso dell’intero stabile indicato nel bilancio Inpgi del 2014”.
“L’ennesimo scandalo di Affittopoli nella Capitale – scrive ancora Franz nel documento consegnato alla magistratura – è venuto alla luce tre anni fa grazie alla rescissione anticipata del contratto di sublocazione dietro una tenace e sacrosanta sollecitazione da parte di consiglieri comunali in Campidoglio del M5S, tra i quali l’attuale sindaco Virginia Raggi in applicazione della legge sul Fare, che consente agli enti locali di rescindere quei contratti di acquisto risultati troppo onerosi per le casse pubbliche”.
Il problema è che da quando lo stabile è stato lasciato dal Comune di Roma, la Milano ’90 ha smesso di pagare l’affitto e l’Inpgi deve ancora ottenere dal gruppo Scarpellini 2 milioni e 400 mila euro di canone arretrato. Dal dicembre del 2015 lo stabile è vuoto e l’Istituto di previdenza dei giornalisti ha perso da allora “il suo rilevante reddito fino a quando l’immobile (il più grande tra le proprietà in Italia dell’Inpgi) non sarà riaffittato a terzi”.
Nell’esposto, dunque, si chiede all’autorità giudiziaria di capire come mai il Comune di Roma, “già per decenni inquilino Inpgi fino ai primi anni Duemila dello stabile di Lungotevere de’ Cenci 5, dove aveva sede l’Ufficio Sfratti, abbia preso in subaffitto l’immobile di Largo Loria di ben 10 piani con annesso garage per 80 auto di proprietà Inpgi senza rivolgersi direttamente all’Istituto previdenziale” e di spiegare in che modo lo stesso Campidoglio “abbia potuto certificare la congruità di un subaffitto fissato in circa 9,5 milioni di euro l’anno quando l’Inpgi incassava «appena» 2,1 milioni annui dal suo inquilino, la società Milano ’90”.
Franz chiede anche di accertare come sia possibile che “un Comune italiano possa prendere in subaffitto un palazzo di simili dimensioni di proprietà di un ente semipubblico come l’Inpgi, controllato anch’esso dalla Corte dei Conti e vigilato da vari ministeri” e come mai Roma Capitale, “dopo aver correttamente rescisso il faraonico contratto di sublocazione, non abbia invece stipulato un nuovo contratto di locazione direttamente con l’Inpgi a 2,1 milioni di euro lordi l’anno risparmiando, così, anche le ingenti spese del trasloco per il trasferimento degli uffici da Largo Loria 3 a via del Tritone 142”. (agi)
Chi è Sergio Scarpellini, il “fornaretto” che divenne immobiliarista
ROMA – Il ventre molle della Capitale, quello dove gli immobiliaristi fanno il bello e il cattivo tempo, muovendo soldi e interattenendo rapporti ambigui politici e funzionari, potrebbe fagocitare la giovane amministrazione pentastellata guidata da Virginia Raggi. Oltre a Raffaele Marra è stato, infatti, arrestato Sergio Scarpellini, che secondo l’accusa avrebbe dato all’ex capo del personale del Comune di Roma i soldi necessari per l’appartamento Enasarco, un attico acquistato con uno sconto di quasi mezzo milione di euro, sfruttando la dismissione del patrimonio immobiliare.
Negli stessi giorni in cui il fedelissimo di Virginia Raggi comprava la casa – ricorda RaiNews.it – Scarpellini acquistava il vecchio appartamento del funzionario, pagandolo il triplo. “È una permuta indiretta, la fa chiunque”, diceva Marra a chi gli faceva notare la “fortuna” di acquistare una nuova casa e vendere in contemporanea la propria.
Sergio Scarpellini è uno dei più noti immobiliaristi romani. Titolare della società Milano 90, nonché appassionato di cavalli e proprietario di una grande scuderia, “La Nuova Sbarra”. Dall’origine umile (“Io facevo il fornaretto”) all’ascesa nel mondo immobiliare (“Me so’ comprato un piccolo immobile, poi l’ho venduto, poi un altro e un altro ancora. E so’ diventato Sergio Scarpellini”). In una rara intervista concessa tre anni fa al Fatto Quotidiano, spiegava: “Io non sono né di sinistra né di centro o di destra, sono di tutti. Tifo per la Roma e vado a vedere pure la Lazio. Sono un imprenditore da larghe intese. Ma ricordi: chi lavora seriamente fa i soldi, io non conto sui politici. Se mi chiedono un aiuto, li aiuto, però loro non fanno nulla per me”.
Un personaggio che da vent’anni fa affari con la politica, con Montecitorio, Palazzo Madama e Campidoglio, ai quali affittava – scrive Huffington Post – proprio attraverso Milano ’90 immobili a prezzi considerati esorbitanti, incassando in tre lustri 600 milioni di euro da Camera e Senato, mentre il Comune di Roma gli versava 15 milioni di euro l’anno.
Un uomo legato al sistema dei poteri forti contro cui il neonato Movimento 5 Stelle fece una battaglia parlamentare nel 2013. La protesta portò all’approvazione di un emendamento che consentiva alle pubbliche amministrazioni la rescissione anticipata dei contratti di affitto. Iniziarono allora i guai per la società di Scarpellini che fu al centro della vicenda ‘affitti d’oro’ finendo sotto indagine per evasione dell’Iva (la Guardia di Finanza sequestrò 10 milioni di euro).
Nel 2015 la Camera dichiarò chiuso il rapporto con la società Milano ’90, proprietaria dei tre palazzi Marini, dopo che Sergio Scarpellini ha rifiutato la valutazione del canone di affitto fatta dall’Agenzia del Demanio, inferiore del 57% rispetto alla richiesta del locatore.
Nella trattativa fra Milano ’90 e la Camera – ricorda Huffington Post – vengono trascinati anche i dipendenti di Milano ’90, minacciando a più riprese il mancato pagamento degli stipendi. Nel mese di febbraio 2016 passano di mano le proprietà di prestigio della società immobiliare di Scarpellini: si tratta di una serie di palazzi storici a Roma che comprendono 8 immobili di valore nel centro, tra i quali Palazzo Marini, fino a pochi mesi prima affittato dalla Camera dei deputati. Il valore definito per la transazione è di circa 750 milioni.
“Er sor Sergio – scrive Rainews.it – è proprietario di due milioni di metri cubi alla Romanina (dalle parti del Flaminio). La Romanina è il suo regno: ha ottenuto che questo quartiere quasi tutto abusivo a sud est della città fosse la sede di una delle 18 centralità previste dal Piano regolatore di Roma”. (Andrea Cauti/agi)