SAN MARINO – Fortissimi venti di crisi si addensano sulla Serenissima, scuri nuvoloni sulla attuale maggioranza del Governo sammarinese la cui compattezza in queste ore è ormai compromessa. Governo che pure era ed è chiamato a realizzare importantissimi interventi: pensioni, risposte al possibile indebitamento, azioni di generale rilancio dell’economia locale. Tutti problemi che, difficilmente, troveranno una complicata sintesi nella sessione di bilancio. Governo, inoltre, chiamato a presentarsi ad appuntamenti internazionali già in agenda, come con il Fondo monetario internazionale e l’agenzia di rating Fitch.
In questo quadro di generale incertezza politica, un’altra vittima illustre, potrebbe essere la pasticciata legge sull’editoria, per essere più precisi la Legge 5 dicembre 2014 n.211, intitolata “Legge in materia di editoria e di professione degli operatori dell’informazione”, che, nonostante la volontà espressa più volte del segretario di Stato all’Informazione, Marco Podeschi, il quale incontrando la Consulta all’Informazione, e l’Usgci, l’Unione Sammarinese Giornalisti e Fotoreporters presieduta da Alberto Chezzi, aveva dichiarato “la volontà di mettere mano alla legge sull’editoria e l’informazione allo scopo di renderla più confacente al rispetto dei principi internazionalmente riconosciuti in ambito di libertà di stampa, in aderenza alle raccomandazioni del Commissario per i Diritti Umani, dell’Ecri e in armonia con il contesto italiano in cui gli operatori dell’informazione sammarinesi si trovano ad esercitare la professione. Tra le direttrici principali che, pur preservando gli aspetti positivi della normativa vigente, saranno alla base delle modifiche, la separazione di giornalisti ed editori oggi mescolati nella Consulta e l’autonomia dalla politica degli organi disciplinari dei giornalisti”.
A distanza di due anni l’impegno c’è stato e si è iniziato seppure a rilento a lavorare, ma probabilmente ancora una volta l’impegno profuso tutto resterà lettera morta e, sia pur considerando il difficile momento politico, si conferma nei fatti come, ancora una volta, disciplinare compiutamente ed in maniera moderna la libertà di stampa ed informazione e la situazione degli operatori della comunicazione non sia tra le priorità della politica in senso lato.
Date queste premesse è facile prevedere che passerà molto tempo prima che si apportino le urgenti e necessarie modifiche alla legge, con l’augurio di poter smentire quanto sostenuto da Montanelli sull’Italia: “In Italia è meglio non cambiare mai, perché si finisce sempre per cambiare in peggio!”. (giornalistitalia.it)