SAN MARINO – Oramai è sotto gli occhi di tutti come San Marino non sia un Paese per Governatori. La novità, rispetto al recente passato, in cui il rapporto di collaborazione tra i vari presidenti della Banca Centrale e la Repubblica di San Marino si è interrotto, è che questa volta stupisce che a “saltare” sia il Direttore Generale con una modalità a metà tra il farsesco ed il ridicolo.
Tutto è partito da una perquisizione domiciliare dell’abitazione messa a disposizione del direttore generale Raffaele Capuano, da parte della banca stessa, perquisizione giudiziaria – ricordiamolo – avvenuta in sua assenza e senza la sua autorizzazione e che riguardava il suo predecessore Lorenzo Savorelli. Il Dg ha subito rassegnato le sue dimissioni, dimissioni prima respinte dal direttivo della Banca, poi accettate.
Subito dopo è andato in scena il solito copione, ossia lo scaricabarile delle responsabilità all’interno della istituzione di controllo finanziaria. Tradotto in parole povere: nessuno sa niente e nessuno risponde dell’accaduto, almeno fino ad oggi.
Davanti a questo fatto gravissimo, ci si chiede se si tratta solo di un funzionamento opaco e discutibile di una istituto di grande prestigio, all’interno del quale molti membri apicali risultano strapagati visto che ad oggi a loro non risulta applicato il tetto massimo di 100mila euro agli stipendi, come previsto dall’esito referendario del maggio 2016, che dopo alcune traversie di interpretazione giuridiche, è stato tradotto nella legge numero 113 del 23 agosto 2016.
Oppure seguendo la celebre logica andreottiana “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”, ci si chiede se qualcuno abbia convenienza a indebolire il Governo e la Banca Centrale, considerata la situazione finanziaria generale del Paese.
Inoltre, come evidenziato da Marino Cecchetti (L’informazione del 22 novembre 2017), la Banca centrale deve gestire la spinosa pratica dei crediti non riscossi che ammontano per alcune società a circa 24 milioni di euro, su una evasione di monofase pari a quasi 188 milioni di euro.
In questa grave situazione finanziaria far saltare istituzioni che pure hanno funzionato spesso poco e male sarebbe dannoso per il Paese, e per una volta sarebbe utile non fare il solito teatrino di polemiche sterili, ma cercare di capire com’è stato possibile arrivare a tutto questo, con situazioni di lungo corso che qualcuno conosce (e sfrutta) benissimo, e cercare insieme di rimediare. Naturalmente se qualcuno ha ancora a cuore le sorti del Paese. (giornalistitalia.it)
Pietro Masiello