ROMA – Gabriele Romagnoli lascia Rai Sport. Lo ha annunciato all’Ansa lo stesso giornalista, precisando che la scelta di lasciare l’azienda dopo due anni e mezzo, in anticipo rispetto alla scadenza del contratto fissata a febbraio 2019, è legata «al gentlemen’s agreement con chi mi ha affidato il mandato. Sono stato scelto da Verdelli e Campo Dall’Orto, che sono andati via entrambi, per loro motivi. Con Orfeo ero d’accordo che sarei rimasto fino a quando sarebbe stato direttore generale. Venerdì sera, con la definizione completa del nuovo cda, ho rassegnato le dimissioni. Cambia la struttura di vertice, – ha dichiarato Romagnoli – è giusto che faccia le scelte che ritiene più giuste in tutti i settori. Vado via senza nulla pretendere, lasciando a disposizione gli ultimi mesi di stipendio».
«Sono stato due anni e mezzo a Beirut – ha commentato Romagnoli, nel dare la notizia dell’addio a partire dal 1° agosto – dove ci sono 17 confessioni religiose, faide e bombe che scoppiano qua e là. Posso dire che, pur senza arrivare a quei livelli, in Rai il tasso di conflittualità è altissimo, ma per qualcosa che forse vale un po’ meno rispetto al proprio credo religioso».
La pensano diversamente il fiduciario e il Comitato di redazione di Rai Sport, che replicano a Romagnoli: «Rai Sport sembra Beirut? Siamo d’accordo con Gabriele Romagnoli. Infatti, dopo il suo passaggio, a Rai Sport sono rimaste le macerie come a Beirut. Quelle lasciate dalla sua incompetenza, dalle sue scelte scellerate e dalla sua incapacità di comunicare e confrontarsi con la redazione».
Una replica che non fa sconti, quella del Cdr, che si è tradotta in un comunicato al vetriolo contro «un Direttore che si è presentato con un “vaffa” (letterale!) a un collega e facendo lui stesso il countdown dei giorni di “supplizio” che avrebbe dovuto passare a Rai Sport (lautamente remunerato!). Un Direttore inserito nella lista di assunzioni avvenute con procedure considerate irregolari dall’Anac e sfiduciato dalla redazione. Un Direttore che ha rotto i rapporti con quasi tutte le federazioni sportive eliminando dal palinsesto di Rai Sport tante discipline, ignorando così il ruolo del servizio pubblico e comprimendo sempre di più gli spazi tradizionali di lavoro della testata. Un Direttore che ha avallato e condiviso con il dg Orfeo la decisione fallimentare (contro la quale la redazione ha scioperato il 3 gennaio scorso) di non prendere, per la prima volta nella storia della Rai, i diritti dei Mondiali (quelli che hanno dato lustro a Mediaset, cioè alla concorrenza!) e che ha lasciato andare anche la F1, che avrebbe garantito, proprio come il Mondiale, ascolti sensazionali, nell’anno del rilancio annunciato della Ferrari».
E ancora: «Un Direttore che nonostante non avesse mai fatto televisione in vita sua è arrivato con la saccenza, l’arroganza e la presunzione del “colonizzatore” con la missione di portare la civiltà in una popolazione di barbari. Ma che si è dimostrato capace solo di proporre una linea editoriale bocciata dalla redazione e dalla critica. Un Direttore che ha concentrato gli incarichi su un gruppo molto ristretto di colleghi e ha quasi totalmente ignorato tutti gli altri, ai quali ha regalato due anni e mezzo di silenzi, umiliazioni e offese. Se ne va con il rammarico di “non essere riuscito a cambiare il linguaggio della narrazione sportiva, perché non è riuscito a cambiare gli interpreti”. Niente di più falso: gli interpreti li ha scelti lui e peraltro sono degli ottimi professionisti. Quindi i motivi del suo fallimento evidentemente sono altri. Non gli viene in mente che, molto più prosaicamente, lui stesso è a digiuno di linguaggio televisivo?»
«Un Direttore – proseguono fiduciario e Cdr – che se ne va in perfetto stile “Schettino”, perché il signor Romagnoli in realtà è da diversi mesi che si disinteressa della “rotta” di Rai Sport, che ha abbandonato dopo aver impostato le coordinate degli scogli. Solo per citare un esempio, la redazione calcio è senza un caporedattore da ben 4 mesi!
Un Direttore che ha agito nel totale disprezzo del contratto nazionale, che non ha quasi mai rispettato le regole (soprattutto in tema di relazioni sindacali) e che ha continuamente mistificato la verità e ha spesso dichiarato il falso: afferma che se ne va per mantenere fede a un gentlemen’s agreement? Non è vero! La Legge Renzi lo obbligava ad andarsene comunque entro 60 giorni dalla scadenza del mandato dell’ad (art. 3 comma 3). Ciao Romagnoli, non ci mancherai». (giornalistitalia.it)
Addio in polemica: “In Rai troppi conflitti”, lui. Il Comitato: “Se ne va in stile Schettino”