ROMA – Momenti di tensione e paura martedì sera nel centro di Roma, dove l’auto blindata su cui viaggiava il giornalista de “L’Espresso” Lirio Abbate, da 7 anni sotto scorta per le minacce della mafia, è stata speronata da una macchina sospetta dopo un breve inseguimento.
All’interno dell’auto un ventenne romano, incensurato, raccontano i colleghi dell’Espresso, fermato e interrogato dagli agenti della Squadra mobile che indagano sulla vicenda.
Dai primi riscontri non sarebbero emersi legami tra il giovane fermato e i clan che tengono sotto scacco la capitale.
Saranno le telecamere di sorveglianza a fornire – ci si augura – ulteriori elementi che possano aiutare gli investigatori a fare chiarezza sull’episodio e a capire se quest’ultimo possa essere riconducibile alle precedenti minacce ricevute dal giornalista.
Appresa la notizia, il presidente della Fnsi, Giovanni Rossi, si è messo in contatto con il collega e gli ha espresso la piena e attiva solidarietà del Sindacato dei giornalisti italiani.
Il giornalista vive da 7 anni sotto scorta. Fermato il giovane che era alla guida
Conosco Lirio Abbate da molto tempo, da quando, giovane biondino, frequentava la redazione di un giornale palermitano. A lui va la mia più sentita solidarietà per l’apprezzato lavoro che svolge, per cui è costretto a vivere sotto scorta.
Per quanto riguarda questo ultimo episodio, mi domando se la scorta sia stata così efficiente. Se i malviventi hanno avuto la possibilità di speronare l’auto sulla quale viaggiava Abbate, non mi pare ci sia stata troppa diligenza.