ROMA – Ecco come un fotografo di strada come lui diventa d’incanto un’icona internazionale. Parliamo, ancora una volta, di Rino Barillari e non ci stancheremo mai di farlo. Lui è il numero uno dei paparazzi italiani, ma in realtà oggi viene considerato in Italia e in ogni parte del mondo come uno dei più grandi testimoni viventi del nostro secolo.
La foto che forse lui ama di più è quella di Papa Wojtyla che gioca a bocce, ma non lo dice per non confessare il resto, e il resto era questo suo grande amore che Rino aveva per il Papa polacco che ogni qualvolta lo incontrava lo salutava con la stessa enfasi e lo stesso trasporto con cui Rino gli andava incontro.
Rino Barillari, giornalista pubblicista e consigliere nazionale del sindacato dei giornalisti Figec Cisal, è un fotoreporter che ha raccontato per immagini la storia della nostra Repubblica, mettendo in risalto e – a volte anche in berlina – le nostre abitudini peggiori. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di uno scoop, giornalista di altissimo profilo professionale, che vanta un record tutto suo: quasi cento macchine fotografiche andate distrutte nel corso di liti anche violente con le sue prede preferite, e oltre centosessanta ricoveri in ospedale dopo essere stato maltrattato e malmenato dai più forti. The King lo chiamano gli americani, riconoscendolo una star della fotografia mondiale. Carattere coriaceo, determinato, elegantissimo e raffinato, sempre, anche mei momenti più trafelati e più difficili della sua storia professionale.
Un uomo che non si arrende mai, addirittura pare ci goda se qualcuno lo mette in mutande o in berlina, ma è il gioco della vita – sorride – e la prima cosa che ho imparato in Calabria, a Limbadi, il mio paese natale, è stata quella di incassare anche le botte più violente e andare avanti, inseguire i miei sogni, «rincorrere la felicità che da bambino non sempre ho avuto il privilegio di conoscere e di vivere».
Rino confessa candidamente di essersi travestito più volte da frate, da muratore, da medico, da fattorino incaricato di recapitare fiori, e di avere in giro per Roma almeno 500 amici diversi che, di volta in volta, lo chiamano e lo informano di quello che accade in giro di notte. Sono soprattutto titolari di bar e ristoranti dove arriva sempre qualcuno che conta.
Oggi, a 80 anni appena fatti, Rino Barillari sorride alla sua maniera e afferma: «posso dire di essere felice del mio lavoro, e soprattutto fiero di come il mondo del giornalismo internazionale mi giudica e mi guarda. Un regalo a me stesso, alla mia famiglia, alla mia Antonella che ho sposato da poco e che è l’amore più grande della mia vita».
Meraviglioso Rino Barillari. Ma l’uomo oggi è così popolare, così amato dalla gente che vive per strada e che lo riconosce a distanza. Così conosciuto da questa Roma caciarona e a volte solenne ed elitaria, che il Corriere della Sera ha fatto con lui un’operazione mai fatta prima con nessun altro, riproponendo di lui – il 3 gennaio scorso – l’intervista che gli aveva fatto la collega Giovanna Cavalli qualche anno prima, pubblicata il 19 giugno 2024, che rimane l’intervista più letta e più apprezzata di questi anni su un grande giornale come solo il Corriere di Via Solferino può esserlo.
«Una sera – ricorda The King – l’attrice Sonia Romanoff mi spiaccicò un gelato in faccia: si era sposata la mattina, la sera era già con un altro. Ava Gardner, completamente ubriaca, mi sferrò una pedata nelle parti basse. La moglie di Totò Riina mi versò il vaso da notte sulla testa, dal balcone.
A piazza Nicosia, durante l’assalto delle Br alla sede della Dc, mi hanno anche sparato. Peter O’Toole nel 1963 lo beccai al Club 84 di Via Emilia con Barbara Steele, ma aveva già moglie. Mi sferrò un cazzotto alla tempia, 4 punti di sutura, finimmo in commissariato. Avevo 18 anni. Lo denunciai, mi pagò 1 milione di lire di risarcimento».
Dentro l’intervista di Giovanna Cavalli, in realtà, ci sono in pillole, veloci e digeribilissime, le “perle” della sua straordinaria carriera giornalistica.
«Marlon Brando? Era furioso, mi rincorse per l’isola Tiberina brandendo una bottiglia. Ma io ero più veloce e sono saltato su un bus. La foto non deve essere statica, ma perfetta, cerco la reazione. Sinatra a via Veneto mi lanciò addosso un tavolino. Mi salvò Domenico Modugno: “Go home, Frank”.
Franco Califano era un grande. Una sera, non mi ricordo dove, casca per terra e va lungo. Io scatto come un pazzo. “A’ Barillà, ma che ca…o fai, damme ‘na mano, no?». Ringo Starr, invece, con la moglie Barbara Bach mi chiese: “Che foto vuoi?”. Brad Pitt? Un uomo tranquillo. George Clooney? Quando mi vede mi abbraccia. Tony Curtis mi offrì il pranzo. Lady Gaga? Girava il film House of Gucci, set blindato e usciva coperta da una tenda, un guaio. Stavo sempre lì, tanto che quelli del suo seguito si sono fatti la foto con me. Un giorno, a sorpresa, si è affacciata fuori dall’hotel e si è messa a lanciare fiori ai fan. Grande. Mina stava al gioco, l’ho fotografata un sacco di volte, con Corrado Pani, con Augusto Martelli e mentre faceva la linguaccia. L’ultimo, Gérard Depardieu, beccato con una giovane compagna ai tavolini dell’Harry’s Bar di via Veneto non l’ha presa bene.
Mi ha mollato tre cazzotti in faccia, lei invece mi ha graffiato. Anna Magnani mi strillava qualche parolaccia ma rideva: “A’ maschio, lassame perde”».
Ma c’è anche tanta vita politica nel racconto che il grande artista Barillari regala al corriere della Sera.
«“Maria Elena Boschi? Che bella coppia con Giulio Berruti. Li avevo intercettati a piazza del Popolo che si baciavano in macchina, ma non ero riuscito a scattare. Gli ho bussato sul finestrino. Hanno ripetuto la scena per me, che carini. Francesca Pascale mi baciò apposta davanti a Silvio Berlusconi, per farlo ingelosire. Giorgia Meloni si lascia riprendere senza problemi, sorprenderla con l’ex Giambruno sarebbe uno scoop da copertina».
E del passato, cosa ricorda il grande chef delle cover più famose d’Europa?
«Francesco Cossiga? Venne persino a trovarmi in ospedale. Aldo Moro, a Terracina, si lasciava fotografare con quattro quotidiani sotto il braccio, così le foto io le vendevo a tutti. Matteo Salvini l’ho fatto con la fidanzata Francesca Verdini, un mese fa, lui che le bacia la mano, uno di classe”».
Per non parlare del Grande Cimena. «Sophia Loren? Gentilissima, mi fece fare gli scatti di lei con Carlo Ponti che si baciavano nel traffico. Una sera che l’aspettavo fuori dal ristorante di Bartolo Cuomo mi mandò una bottiglia di champagne. Gina Lollobrigida, invece, mi chiedeva come si fanno le foto di nascosto. E lei era pure brava.
Bruce Willis era a cena da “I due ladroni”, ma lì furono le guardie del corpo a fare casino. Marcello Mastroianni invece era un signore. Una notte lo scovai al Jackie ‘O che ballava con Zeudi Araya. Mi vide riflesso nello specchio e disse: “O tu o io. Te ne vai?”. Demi Moore, mi mostrò il dito medio, credevo fosse un saluto. Ralph Fiennes l’avevo scovato a piazza dei Ricci con una, di notte.
Aveva già alzato la mano per picchiarmi ma si è accorto che mia moglie Antonella lo stava filmando con il telefonino e si è fermato».
Ma come avrà fatto Maestro a fotografare tutto il mondo possibile e immaginabile di questi ultimi 60 anni di vita romana? A Giovanna Cavalli lo chansonnier della fotografia italiana nel mondo svela uno dei suoi tanti segreti nascosti.
«A volte porto la cravatta con l’elastico. È finta. Al centro c’è un buchino per la macchinetta fotografica nascosta sotto la camicia, tenuta ferma con la pancera. Nella manica passa il filo del flessibile. Pieghi il braccio, fingi di piangere o di asciugarti la fronte e clic, scatti».
Ma quale è il vero segreto del grande successo di Rino Barillari?
«Conoscere le facce, le storie. E stare nei posti giusti», risponde il fotoreporter: «A Roma San Lorenzo, Trastevere, piazza Farnese, piazza del Popolo, via Condotti, via del Babuino, piazza di Spagna. Ricordo che una sera l’astronauta americano Buzz Aldrin – era appena rientrato dalla Luna – mi diede una pizza, quando lo sorpresi dentro “La Cabala” senza la moglie».
L’uomo della notte, il poeta della pioggia, il filosofo degli anni bui del terrorismo, il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene, tragedia dopo tragedia, morti eccellenti, proteste di piazza di ogni genere, funerali di Stato, almeno 5 papi diversi nel racconto delle sua vita da cronista, uomo dai mille record professionali.
Non essendo cittadino americano, Rino Barillari il Premio Pulitzer non ha mai potuto penderlo, ma di fatto è lui il Premio Pulitzer per eccellenza. Rino Barillari, infatti, rimarrà per sempre il grande mito del giornalismo per immagini di questo secolo, il vero e più autentico maestro di scoop professionali che il mondo del giornalismo abbia mai conosciuto.
Ma solo tanto mestiere? No. Dentro la sua vita c’è anche tantissimo cuore. Iconica la risposta che dà al Corriere della Sera: «Quanti scoop non ho pubblicato per salvare un vip da una figuraccia? Direi tanti. Se me lo chiedono con educazione. Non puoi essere troppo amico dei personaggi sennò non lavori più, però bisogna saper perdonare uno sbaglio, il vip se lo ricorda e ti è grato». Ecco perché lo adoro, perché Rino Barillari ha anche un cuore che batte più di quanto non si immagini e che regola il suo equilibrio biologico. Nessuno meglio di lui, o più di lui, potrà dirvi “Và dove ti porta il cuore”. Perché è stata questa la sola regola della sua vita. Grazie Rino, per l’affetto immenso che ci riservi sempre. (giornalistitalia.it)
Pino Nano
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