ROMA – “Dopo i Casamonica, stasera a Porta a Porta la famiglia Riina. La Rai Servizio Pubblico non può diventare il salotto di famiglie criminali. Chi strumentalmente vuole invocare presunte volontà censorie, ci dica perché non si dedica almeno lo stesso spazio alle giornaliste e ai giornalisti minacciati, o addirittura sotto scorta, a causa proprio di quelle famiglie”. Il segretario
generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, e il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani, intervengono senza mezzi termini sull’ultima scelta di cattivo gusto di Bruno Vespa. “Piuttosto che al libro del figlio di Riina – hanno ripetuto oggi in occasione della Giunta esecutiva della Fnsi – noi avremmo preferito una puntata dedicata a «Io non taccio», scritto da otto colleghe e colleghi minacciati. I vertici Rai intervengano. Altrimenti il loro silenzio sarà colpevole condivisione, come quella sullo spazio affidato a Luigi Bisignani in prima serata su Rai 2”.
Al centro dello scandalo, la puntata di “Porta a Porta”, stasera, mercoledì 6 aprile, alle 23.15, su Rai 1 con Salvo Riina, figlio di Totò, per la prima volta in televisione. Intervistato a Padova da Bruno Vespa, Riina ricorda i sedici anni accanto al padre latitante, l’immagine di Totò Riina dinanzi al televisore che trasmetteva le stragi di Capaci e via D’Amelio, i silenzi in una famiglia che sapeva e non parlava. Salvo Riina si rifiuta di rispondere alle domande di Vespa su Falcone e Borsellino. Nessuna presa di distanza dai molti delitti del padre, nonostante i ripetuti inviti del giornalista. L’intervista sarà commentata in studio da Antonio Emanuele Schifani, figlio di uno degli agenti della scorta di Falcone, da Giuseppe Enrico Di Trapani del Comitato ‘Addiopizzo’, da Luigi Li Gotti, difensore di Buscetta e di Brusca e dal giornalista Felice Cavallaro. Pierluigi Bersani, che doveva essere intervistato da Bruno Vespa in un faccia a faccia nella parte iniziale del programma, ha rinunciato alla partecipazione.
“Le polemiche preventive nate sulla puntata di Porta a Porta in onda questa sera intorno a mezzanotte su Rai1 – afferma Viale Mazzini – si sono sviluppate intorno a una trasmissione che nessun italiano ha ancora visto. Si tratta in particolare di un’intervista nella quale Bruno Vespa incalza il figlio di Totò Riina, già condannato per mafia, senza fare sconti al suo rapporto di rispetto verso il padre nonostante gli atroci delitti commessi. Quello del figlio di Riina – sostiene la Rai – è un punto di vista sconcertante, ma che si è ritenuto di portare a conoscenza dell’opinione pubblica perché sintomatico di una mentalità da «famiglia mafiosa» che è compito della cronaca registrare”.
La difesa della Rai, comunque, non convince e non placa la bufera sull’ospite del salotto di Bruno Vespa. Rosy Bindi, presidente della Commissione antimafia, si augura “che in Rai ci sia un ripensamento. Ma se questa sera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che «Porta a Porta» si presta ad essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò all’Ufficio di Presidenza di convocare in Commissione la Presidente e il Direttore generale della Rai”. Sulla stessa lunghezza d’onda Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato, per il quale “l’intervista al figlio di Totò Riina è senz’altro inopportuna. Ma lo è almeno quanto le ripetute comparsate della nota star Massimo Ciancimino, prematuramente elevato al rango di icona antimafia. Consiglio a tutti di non perdere il senso delle dimensioni e di non usare verso Vespa un metro di giudizio diverso da quello usato in analoghe, ripetute circostanze”.
Non meno tenero il presidente della Commissione di Vigilanza, Roberto Fico: “Il direttore generale della Rai, Campo dall’Orto ha autorizzato la presentazione del libro di Riina da Bruno Vespa? È stato autorizzato dal nuovo direttore di Rai 1 Andrea Fabiano? Chiederemo le richieste di autorizzazione”. Fico chiede, inoltre, “se ci sono degli accordi tra la trasmissione di Vespa e la casa editrice del libro di Riina. Esigo trasparenza massima. Non mi sembra così che il prodotto editoriale sia cambiato con la nuova dirigenza, anzi peggiora”.
Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso dalla mafia nel 1992, avrebbe “preferito non dovere scrivere queste righe, avrei preferito non essere costretto ad essere assalito dal senso di nausea che ho provato nel momento in cui ho dovuto leggere che il figlio di un criminale, criminale a sua volta, comparirà questa sera nel corso di una trasmissione della Rai, un servizio pubblico, per presentare il suo libro, scritto, come dichiarerà lui, «per difendere la dignità della sua famiglia». Di quale dignità si tratti ce lo spiegherà raccontandoci come, insieme a suo padre, seduto in poltrona davanti alla televisione, abbia assistito il 23 maggio e il 19 luglio del ’92 allo spettacolo dei risultati degli attentati ordinati da suo padre per eliminare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”.
“Non ci racconterà forse – sottolinea su Facebook Salvatore Borsellino – le esclamazioni di gioia di quello stesso padre che descriverà, come da copione, come un padre affettuoso, ma quelle possiamo immaginarle dalle espressioni usate da quello stesso padre quando, nelle intercettazioni nel carcere di Opera, progettava di far fare la «fine del tonno, del primo tonno» anche al magistrato Nino Di Matteo. Non ha voluto rispondere, Salvo Riina, alle domande su Giovanni Falcone e Palo Borsellino”.
“Non me ne rammarico – scrive ancora Borsellino – quei nomi si sarebbero sporcati soltanto ad essere pronunciate da una bocca come la sua. In quanto al conduttore Bruno Vespa avrà il merito di fare diventare un best-seller il libro che qualcuno ha scritto per il figlio di questo criminale e che alimenterà la curiosità morbosa di tante menti sprovvedute. Si sarà così guadagnato le somme spropositate che gli vengono passate per gestire un servizio pubblico di servile ossequio ai potenti, di qualsiasi colore essi siano”.
“Qualcuno – conclude Borsellino – ha chiamato la trasmissione «Porta a Porta», la terza Camera, dopo la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica, questo significa infangare le istituzioni, infangare la nostra Costituzione, sport che sembra ormai molto praticato nel nostro paese. In quanto a noi familiari delle vittime di mafia eventi di questo tipo significano ancora una volta una riapertura delle nostre ferite, ove mai queste si fossero chiuse, ma ormai purtroppo questo, dopo 24 anni un cui non c’è stata ancora ne Verità, né Giustizia, è una cosa a cui ci siamo abituati, ma mai rassegnati. La nostra resistenza continuerà fino all’ultimo giorno della nostra vita”.
Infine, Lucia Annunziata: “Mi sembra che perdersi l’intervista al figlio di Riina non è una grande perdita. È, infatti, parte di un’operazione della famiglia per far apparire il «poveretto» come un vecchietto che c’ha il 416 bis e quindi togliamoglielo. È un’operazione di propaganda. Quindi, credo che fare o non fare questa cosa sia un’aggiunta o una perdita per il giornalismo. Passare o non passare un’intervista del genere non significa perdere uno scoop”. (giornalistitalia.it)