ROMA – Sono 380 gli emendamenti presentati in Commissione Lavori Pubblici al Senato al disegno di legge di riforma della Rai e quasi la metà provengono da Forza Italia che minaccia di inasprire il confronto se non ci saranno cambiamenti. A preoccupare i renziani del Pd, che puntano ad un’approvazione spedita, è però soprattutto l’atteggiamento della minoranza del partito che chiede di stravolgere la normativa e potrebbe decidere di mettersi di traverso nell’immediato futuro.
Il Governo, sottolineano fonti del ministero dello Sviluppo Economico, si dice disponibile a “modifiche migliorative” a patto che persista il clima “di confronto serrato ma non pregiudiziale”. Niente ostruzionismo, insomma, o ognuno andrà per la sua strada.
Per approvare il ddl prima della pausa estiva, come vuole il premier, e procedere quindi al rinnovo dei vertici già scaduti, occorre andare avanti spediti e consegnare il testo alla Camera al massimo ai primi di luglio. Per molti senatori, anche del Pd, una “mission impossible”: per questo sono bastate indiscrezioni su annunci di guerra da parte di Berlusconi raccolte da Il Giornale a creare apprensione tra i parlamentari dem.
“Se non venissero smentite – sostiene Michele Anzaldi –, le dichiarazioni sarebbero talmente gravi da configurare una situazione di emergenza che giustificherebbe anche il ricorso ad un decreto legge, visto l’ennesimo intreccio di conflitti di interessi”.
Sono diversi i nodi sollevati nelle proposte di modifica, che non sono in numero record, ma vanno a incidere su un testo tutt’altro che corposo. Oltre 170 gli emendamenti di Forza Italia, un’ottantina quelli del Pd, gli altri sono firmati da Movimento 5 Stelle, Sel e Lega. L’argomento privilegiato dall’opposizione è che le nuove regole danno al Governo e all’amministratore delegato troppo potere, ma molti distinguo arrivano anche sulla composizione del Cda, sul suo ruolo definito ornamentale, oltre che sulle deleghe al governo per la modifica del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e sulla revisione del canone, ritenute troppo generiche.
“Non abbiamo nessun interesse a che non si faccia la legge, ma se non si modificano alcuni punti la legge non si fa”, avverte Maurizio Gasparri, minacciando in assenza di un’intesa la presentazione di molti più emendamenti in aula. La rivendicazione principale è che il cda mantenga i poteri attuali e che soprattutto quelli di nomina di direttori di rete e testate non vengano lasciati alla discrezionalità dell’ad.
Radicali le modifiche chieste da Federico Fornaro, della minoranza Pd, che propone l’introduzione del sistema duale, con un consiglio di sorveglianza e uno di gestione, scartato da Renzi. Un altro suo emendamento stabilisce che la Camera elegga non due, ma tre membri del cda e che il governo ne nomini non due, ma uno.
Il Movimento 5 Stelle punta a stabilire criteri oggettivi di scelta dei componenti del cda, assicurando comunque che non c’è alcun intento ostruzionistico. Modifiche si rendono necessarie anche alla luce dei rilievi del Servizio del bilancio del Senato che, oltre a sollevare dubbi sulle modalità di copertura previste nel ddl, definisce troppo generiche le deleghe sia sulla parte normativa che sulla revisione delle regole per il canone. (Ansa)
Forza Italia minaccia lo scontro se non ci saranno cambiamenti. Renziani preoccupati