VENEZIA – La riforma approvata dal Consiglio d’amministrazione Inpgi, il 27 luglio scorso, risponde a tre principi: “equità, sostenibilità e serietà”, come ha ricordato Raffaele Lorusso, il segretario della Fnsi. Il Sindacato dei giornalisti, con le sue proposte, ha dato un contributo importante a migliorare l’impianto riformatore. In particolare, sono state ampliate le clausole di salvaguardia per i colleghi colpiti dalla crisi, come si può vedere nel nuovo regolamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali: le modifiche sono evidenziate nel testo che viene inviato ai Ministeri vigilanti (la cui approvazione è obbligo di legge prima dell’entrata in vigore) ed è pubblicato, con una scelta di trasparenza, sul sito dell’Istituto e su Giornalisti Italia.
Di particolare rilievo è stato anche l’intervento del consigliere Andrea Mancinelli, il rappresentante in Cda Inpgi della Presidenza del Consiglio dei Ministri: che ha votato a favore della riforma e l’ha definita “solo un inizio. Va presentato dalle parti sociali al governo un «pacchetto» di interventi che funzionerà solo se ci saranno nuovi contratti a tempo indeterminato. Oggi siamo in una fase in cui le conquiste del lavoro del ‘900 non sono garantite a molta parte del mondo giornalistico, che non viene coperta a livello previdenziale”. Un intervento per cui il consigliere Mancinelli è stato ringraziato da Andrea Camporese, il presidente Inpgi che ha presentato così la delibera adottata dal Cda: “Non sono d’accordo sulla tesi per cui il giornalismo italiano sia in un declino irreversibile. Occorrono importanti modifiche sia sul fronte previdenziale, sia contrattuale, sia legislativo”.
Flessibilità in uscita; l’Inpgi la prevede già, altrove se ne discute
Un aspetto della riforma Inpgi non è stato ancora messo sufficientemente in luce. Di fatto, il Cda ha varato la ‘flessibilità in uscita’ che prevederà, comunque, la possibilità di andare in pensione con almeno 62 di età e 36 anni di contributi: ovvero, ‘quota 98’, che sarà il nuovo requisito dal 2016 (se nel frattempo arriverà il via libera dei Ministeri vigilanti). Ma anche dal 1° luglio 2017, quando aumenteranno gli anni di contributi richiesti, il requisito 62+36 sarà sempre possibile, pur con tagli alla pensione evidenziati nel regolamento. Insomma, mentre in Parlamento si discute su come rimediare ai danni della riforma Fornero, introducendo per esempio ‘quota 100’ per andare in pensione, la ‘flessibilità in uscita’ noi all’Inpgi l’abbiamo già varata.
L’idea è che i colleghi possano decidere quando andare in pensione, magari arrivando a essere degli ‘splendidi quarantenni’ in termini di contributi versati. Oppure anche lavorando più a lungo, con una libera scelta. Le aziende, come noto, vogliono diminuire il costo del lavoro: ma queste nuove norme salvaguardano i giornalisti, non solo quelli colpiti oggi dalla crisi ma anche quelli che negli anni futuri si avvicineranno alla pensione.
Rapporti con l’Inps? Va sviluppata la collaborazione istituzionale
È in corso una discussione nel Paese, a livello politico e sindacale, su come rivedere le norme pensionistiche. Sul tavolo ci sono anche le proposte di Tito Boeri, presidente dell’Inps. Ma non va dimenticato che il costo complessivo del sistema previdenziale e assistenziale, a carico della fiscalità generale, è stato in un solo anno pari alla colossale cifra di 103,8 miliardi di euro (nel 2013, ultimo dato analizzato nel Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale Italiano), cioè circa il 6,5% del Pil italiano, e quindi è un valore anche sociale – ed economico, per il conti dello Stato – l’autonomia dei giornalisti nella gestione del welfare di categoria. D’altra parte, come noto, non ha alcun fondamento, né giuridico né politico, la strampalata idea di quei pochi colleghi che vorrebbero far confluire l’Inpgi nell’Inps.
Ciò detto, occorre anche una nostra collaborazione istituzionale con gli enti pubblici. Per esempio, ho proposto di dare avvio a un ‘progetto pilota’ in Lombardia, uno sportello Inps per giornalisti con contribuzioni ‘miste’ ai due Istituti. Si tratta di un’utile iniziativa: dovrebbe partire a settembre e sta per essere varata su questo l’intesa tra l’Associazione Lombarda Giornalisti e la direzione Inps della Lombardia, che ha dimostrato di essere un disponibile e valido interlocutore della nostra categoria.
Sgravi per le assunzioni, rilancio dell’art. 2, ma anche dell’art. 1
Tra le decisioni assunte lunedì 27 luglio dal Cda Inpgi c’è, poi, un’importante delibera sugli sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, nella logica anche del Jobs Act. Dopo aver sentito la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, abbiamo adottato all’unanimità questo provvedimento che si riferisce agli sgravi previsti dalla Legge di Stabilità 2015 e sarà operativo dopo l’approvazione da parte dei Ministeri vigilanti e la stipula di un’apposita convenzione tra Inpgi e Inps. Al proposito il presidente Camporese ha dichiarato: “Si tratta di agevolazioni molto importanti, che arrivano fino a 8 mila euro annui per tre anni, che vanno nella tanto auspicata direzione della crescita della platea dei giornalisti attivi”.
Ricordo, in merito, anche un intervento del collega Carlo Parisi, durante il recente incontro tra la Giunta Esecutiva Fnsi e i giornalisti del Cda Inpgi: le aziende non avrebbero costi aggiuntivi, ha sostenuto, con la trasformazione dei contratti co.co.co. in contratti art. 2. Parisi ha ragione. E aggiungo che quando saranno operativi gli sgravi, possono anche risparmiare. Faccio un esempio basato su un caso di una collega che mi ha chiamato per una consulenza e ha un contratto co.co.co. da 1.120 euro lordi al mese: con il passaggio all’art. 2 a tempo indeterminato, quando saranno operativi gli sgravi, il risparmio per la sua azienda sarà di 10 mila euro in tre anni, ed essendoci tre colleghi in questa situazione una piccola azienda potrebbe risparmiare ben 30 mila euro grazie agli sgravi contributivi.
La necessità di rilanciare le assunzioni, naturalmente, non può limitarsi ai contratti art. 2 (o alle nuove tipologie contrattuali necessarie in un auspicato rinnovo della contrattazione tra Fnsi e Fieg), ma va anche riproposta sul fronte dei contratti art. 1. E in questo senso serve un più forte impegno dei Cdr a segnalare all’Inpgi gli abusi che appaiono, purtroppo, diffusi ma assai spesso tollerati dagli organismi sindacali di base.
Ammortizzatori sociali e leggi di sistema: le nostre proposte
Va ricordato che l’Inpgi ha speso, dal 2009 al 2014, circa 134 milioni di euro sul fronte degli ammortizzatori sociali (oltre ai contributi figurativi). Non si tratta oggi di presentare questo conto allo Stato, ma di chiedere con forza i necessari cambiamenti del sistema normativo. Perciò il Cda Inpgi ha approvato all’unanimità un Ordine del giorno che schematizza le nostre proposte su sei punti:
1) riforma della legge 416 sull’editoria, elevando per i prepensionamenti sia i requisiti d’età (almeno 61 anni) che di contributi (almeno 25 anni);
2) modifica dei criteri di concessione della cigs prevedendo una attenta e puntuale analisi dei bilanci aziendali;
3) verifica dei presupposti per l’erogazione degli ammortizzatori sociali, ipotizzando la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra l’Inpgi e il Ministero del Lavoro per i controlli;
4) controllo dell’utilizzo abusivo del lavoro dei pensionati, riconducendo a livello legislativo tale attività nel lavoro dipendente;
5) versamento della quota a carico del giornalista in aspettativa per mandato elettivo, introducendo un tetto massimo alle retribuzioni su cui calcolare i contributi figurativi;
6) abolizione della tipologia contrattuale dei co.co.co. anche in ambito giornalistico, seguendo i criteri previsti dal Jobs Act e tenendo conto della specificità della professione giornalistica, tradizionalmente svolta – a differenza di quasi tutte le altre professioni ordinistiche – nell’ambito del rapporto di lavoro dipendente.
Le nostre pensioni sono al sicuro. Bastano 500 nuove assunzioni per invertire rotta
Vorrei, infine, fare un riferimento all’appendice al bilancio tecnico-attuariale redatto dal prof. Marco Micocci e parte integrante della delibera con cui il Cda Inpgi ha approvato la riforma. Negli ultimi 5 anni, come noto, in ambito di lavoro giornalistico sono stati persi circa 3.000 posti di lavoro: oltre il 15% dei contrattualizzati. Ebbene: se, anche in virtù degli sgravi, nel triennio 2016-2018 ci fossero 500 nuovi giornalisti attivi contribuenti all’anno, il recupero sarebbe di 1.500 posti di lavoro, metà di quelli persi nel quinquennio 2010-2014 e il bilancio tecnico avrebbe un sensibile miglioramento, con un punto più basso del patrimonio a 870 milioni di euro (nel 2042), anziché i 170 milioni di minimo previsti in base ai criteri con i quali lo Stato richiede vengano redatti i conti attuariali.
Come ho già avuto modo di scrivere anche in passato, le nostre pensioni sono al sicuro proprio grazie al valore del patrimonio (a fine 2014 oltre 2,3 miliardi di euro per la gestione principale Inpgi 1, cui si aggiungono più di 500 milioni nella Gestione Separata Inpgi 2), ma è evidente che non possiamo utilizzare tutto il patrimonio per pagare le prestazioni. Da qui, emerge la necessità della riforma. E soprattutto, emerge la necessità di nuove entrate e meno uscite nella professione giornalistica. Perché non c’è previdenza senza lavoro. (giornalistitalia.it)
Edmondo Rho
inviato di “Panorama”
Consigliere d’amministrazione Inpgi
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