ROMA – «Un nuovo giornale, con l’identità di Repubblica, tutte le firme di Repubblica, ma che non si chiamerà più Repubblica. “Ci sto pensando seriamente. E ricevo messaggi incoraggianti”, dice lui, l’Ingegnere, Carlo De Benedetti, mentre si esprime con il tono di sempre, cioè sospeso fra il timore e il godimento anarchico di sfidare l’universo. Ottantacinque anni, l’aggressività di un ragazzo, una passione carnale per il giornalismo e un patrimonio personale enorme, stimato nel 2018 in circa 600 milioni di euro…».
Si apre, così, l’intervista di Carlo De Benedetti al quotidiano “Il Foglio”. A firmarla è Salvatore Merlo che all’Ingegnere strappa molto più di un commento sugli ultimi, travagliati, eventi del quotidiano del quale è stato a lungo editore.
«Penso che John Elkann – afferma De Benedetti – voglia modificare la natura di Repubblica. La portano più a destra. Credo sia in animo uno snaturamento sostanziale del filone culturale che è stato all’origine del giornale fondato da Eugenio Scalfari. Quella “certa idea dell’Italia” che Repubblica ha interpretato con grande dignità negli ultimi quarantacinque anni. Per questo penso che ci siano buone ragioni culturali, politiche e persino un grande spazio editoriale per un nuovo quotidiano».
E lo spazio, a giudizio di Carlo De Benedetti, è figlio della condizione dell’Italia diventata, ormai, «un Paese invertebrato. Allo sbando. In pericolo. Il governo non esiste, i partiti non esistono, le istituzioni sono liquefatte, lo stato centrale litiga con le Regioni…e se arrivasse l’uomo forte, gli italiani se lo prenderebbero, come ha scritto Stefano Folli l’altro giorno. Quindi, in questo contesto sbandato, l’ultimo colpo sarebbe la caduta di Repubblica. Cioè della stampa liberaldemocratica! Penso non vada consentito». (giornalistitalia.it)
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