ROMA – C’è il populismo. E c’è il populismo tre palle un soldo. Tipo, Matteo Renzi che ospite dell’Ordine dei giornalisti chiede l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti, “domani stesso”. È una storia vecchia quella dei baracconi delle fiere e dei luna park, dove con un soldo potevi prendere di mira le sagome di personaggi più o meno famosi, e se li abbattevi vincevi una bambolina.
Ora, sulla necessità o meno di un ordine che ti concede il timbro di giornalista, si discute spesso. Seriamente, come nel caso del referendum radicale del 1997: non raggiunse il quorum, ma il 65,5 per cento dei votanti si dichiarò favorevole all’abolizione. E anche molto poco seriamente, come ha fatto il premier nella conferenza stampa di martedì, usando battute da strapaese per farsi bello con gli elettori. Sembrava di stare al bar di certi film stile Pieraccioni (con tutto il rispetto), dove bastano un paio di camparini e subito c’è quello che chiede tra gli applausi la riapertura dei casini e dove politici, banchieri e giornalisti stanno sulle palle a tutti.
Non potendo (per intuibili ragioni) toccare le prime due categorie, Renzi ha preso a pallate la terza. Ingiustamente, va detto, vista la soavità di certe domande e il quasi totale controllo governativo dell’informazione scritta e televisiva. C’è da dire poi che se t’invitano a pranzo in casa d’amici non è carino criticare le pietanze o mettersi a sparlare del padrone di casa. Se l’Ordine gli fa tanto schifo poteva declinare l’invito invece di assumere l’aria scocciata di chi abituato a parlare con “Angela” (Merkel) e con “Jean Claude” (Junker) non può perdere tempo a dare spiegazioni.
Ps. Anche chi scrive è convinto che l’Ordine dei giornalisti rappresenti una struttura corporativa e anacronistica, soprattutto ai tempi di Internet. Però, dopo aver ascoltato Renzi, vien voglia di ripensarci. (Il Fatto Quotidiano)
Antonio Padellaro