ROMA – L’ultimo numero di Nuova Armonia, il magazine di Rai Senior, diretto da Umberto Casella, ospita oggi in apertura un lungo editoriale scritto a quattro mani dal presidente dell’associazione dei dipendenti Rai, Antonio Calajò e dallo stesso giornalista Umberto Casella sul futuro di Rai Senior, e sulla crisi che Rai Senior sta attraversando.
«Sono stati due anni pesanti, il 2020 e il 2021, a causa della pandemia. Tragici e dolorosi per il numero dei morti, per le conseguenze economiche, per la vita sociale, per i rapporti tra le persone. L’elenco è lunghissimo. Ma la vita continua – scrivono nel loro editoriale Antonio Calajò e Umberto Casella – e quindi ognuno, per il proprio incarico o impegno, deve continuare a svolgere le attività alle quali è preposto. Parliamo di Rai Senior, la nostra associazione».
«La pandemia – aggiungono i vertici di Rai Senior – ha prodotto molti effetti collaterali, ha inciso profondamente sulle relazioni individuali, di coppia, di gruppo e quindi anche su Rai Senior. Sono, ormai, più di due anni che non possiamo entrare nelle Sedi Rai e questo ha prodotto in tanti casi uno scollamento tra i soci e i quadri dell’associazione. Non ha permesso il collegamento con i possibili nuovi iscritti in servizio, aggravato peraltro dall’uso massiccio dello Smart working. In alcune sedi sono riprese le riunioni utilizzando locali esterni all’azienda. La situazione è molto difficile. Tanti soci sono dispersi. Occorrerà un grandissimo impegno di tutti i quadri per invertire una tendenza non favorevole».
Avendo avuto diverso tempo a disposizione – sottolinea lo stesso presidente Antonio Calajò – «sono andato a rileggere le raccolte di Nuova Armonia dal 2001 al 2015. Ho rivissuto attraverso le pagine del giornale le cerimonie di premiazione sia delle Sedi che di Roma… Al tavolo della Sala degli Arazzi di Viale Mazzini inquadrati nella foto ricordo il presidente della Rai, il direttore generale, il direttore delle Risorse Umane, diversi capi divisione. Lo stesso più in piccolo, come livello di inquadramento dei dirigenti, accadeva nelle Sedi. Sono state le riunioni più affollate che io ricordi negli ultimi venti anni, e non era solamente per il dono aziendale. Erano le giornate dell’orgoglio, del senso di appartenenza. Poi nel 2007, per colpa di un cavillo nella finanziaria tutto questo cessò, e malgrado le buone intenzioni di qualche alto dirigente le cerimonie non vennero più riprese. Dopo qualche anno, fu chiaro che difficilmente l’azienda avrebbe ripreso questa abitudine e questa “dolce ricorrenza”. Dal 2010 fu poi più difficile iscrivere i dipendenti all’associazione, e anno dopo anno il numero dei soci è andato diminuendo».
E qui il passaggio forse più dolente dell’editoriale dei vertici di Rai Senior: «Da qualche anno a questa parte – lo dico con immensa amarezza personale – sottolinea ancora Antonio Calajò – i soci pensionati sono numericamente superiori a quelli in servizio. E pensare che dal 1953 al 1978 Rai Senior, che fino al 1996 si chiamava Gar, era composta solamente da personale in servizio. Sono gli anni della costruzione materiale dell’azienda, gli anni eroici in cui vengono realizzati i primi tralicci, le antenne, i primi ripetitori, gli studi radiofonici e televisivi. Quasi tutti, allora, erano iscritti al Gar. Dagli alti dirigenti, ai tecnici, categoria questa prevalente nei primi anni».
Molti di loro in realtà – ricorda ancora Antonio Calajò – partecipavano alle attività dell’associazione candidandosi nelle elezioni, e infatti «abbiamo avuto consiglieri come Memmi e Bonura, vicedirettori del Personale, presidenti come Luigi Fonda, direttore amministrativo, vicepresidenti come l’ing. Castelnuovo, l’ing. Agresti e Giulio Razzi. Una vera epopea per tutti noi.
Negli anni ’80 diventa, poi, obbligatorio per i soci in pensione versare una quota di iscrizione per aderire all’associazione. In questi ultimi venti anni l’azienda è stata vicina all’associazione e l’associazione è stata, come spesso ricordiamo, una costola dell’azienda. Con la pandemia siamo diventati tutti più pigri, più distanti, più solitari, più cinici, meno generosi e solidali. Stiamo perdendo il senso di appartenenza che ha sempre contraddistinto la nostra azienda. Fino a qualche anno fa, nella speciale classifica di fedeltà alla propria azienda, la Rai era dietro solamente alla Ferrari e alla Ferrero».
Nessuna mediazione in questa analisi, anzi la brutalità dei dati numerici. Per il presidente di Rai Senior, Antonio Calajò, «è davvero un peccato pensare o constatare che l’orgoglio aziendale di cui siamo sempre andati tutti fieri si sia allentato, vada scemando anno dopo anno, con il rischio di perdersi nel buio della distrazione generale dei nostri tempi. Va invece recuperato, perché è importante conservare la memoria storica di quella che è ancora la più grande azienda culturale del Paese. Come uscire quindi da questa condizione di stallo? Semplice. Rimboccandoci le maniche. Riprendendo la nostra attività e la nostra vita – direbbe l’indimenticabile Enzo Tortora – “Da dove eravamo rimasti”. Tornando, quindi, protagonisti nelle sedi di appartenenza, rivitalizzando le nostre iniziative, riprendendo i nostri incontri, reinventandoci degli appuntamenti conviviali, perché a volte davanti ad una pizza ed una birra gelata si costruisce più che in un’aula universitaria o in una Chiesa».
Dobbiamo riportare, insomma – affermano Antonio Calajò e Umberto Casella – la nostra presenza là dove è scomparsa, e dobbiamo farlo con la nostra tradizionale semplicità di sempre, «mostrando rispetto assoluto ai nuovi arrivati, e spiegando alle nuove generazioni che noi ci siamo, ma non per occupare spazi impropri; semmai, per rappresentare la tradizione e la storia di una grande azienda come la nostra. Rai Senior deve tornare a far parlare di sé in ogni sede regionale. I nostri amici, i nostri sostenitori, i nostri fiduciari, i nostri iscritti devono ritrovarsi di nuovo insieme a discutere di problemi e di interessi comuni, e se è possibile tutti insieme dovremmo ritrovare il gusto di certe vecchie cerimonie del passato, quando i più vecchi si premiavano per essere stati parte integrante della crescita delle nostre sedi centrali e periferiche. Perché non dovremmo farlo oggi con i più giovani? Con quelli che sono venuti dopo di noi? Con i nuovi punti di riferimento che l’azienda ha sul territorio?».
«È questa la filosofia – concludono i vertici di Rai Senior – che dobbiamo riscoprire e diffondere sede per sede. La Rai che si parla, la Rai che si ritrova, la Rai che fa festa insieme, la Rai che piange anche i suoi figli migliori e quelli che non ci sono più. Ecco perché oggi ho deciso di scrivere alla nostra “Cara Rai” una lettera aperta. E oggi mi piace rivolgermi a tutti voi, dipendenti, dirigenti, quadri, giornalisti, direttori di Testata, direttori di genere, direttori di Sede: è il momento per iscriversi a Rai Senior. È il momento di uno scatto di orgoglio comune.
È il momento di una riflessione corale sul nostro futuro. E ai tanti colleghi dipendenti di questa meravigliosa azienda dico semplicemente questo, “candidatevi come fiduciari”, o meglio ancora, “come consiglieri”. Aiutateci a non morire. Riprendiamoci per mano, e ridiamo slancio a questa nostra associazione, perché indirettamente daremo anche un segnale di fiducia, di presenza e di speranza all’intera casa madre-Rai».
«Credo davvero – ripete il presidente Calajò – che ne valga la pena». (giornalistitalia.it)
Pino Nano
Mi auguro di NO!!! Io RAISENIOR.