ROMA – L’introduzione della figura dell’amministratore delegato, un cda più snello non più eletto dalla Vigilanza, il presidente di garanzia. Sono i punti salienti della riforma della governance Rai, che è stata approvata alla Camera (259 sì, 143 no e 4 astenuti) con alcune modifiche relative, tra l’altro, alla pubblicazione degli stipendi dei dirigenti oltre 200mila euro (compresi i giornalisti, ma escluse le star della tv) e alla previsione di una consultazione pubblica prima del rinnovo della concessione il prossimo anno.
Dall’entrata in vigore della legge, che deve tornare al Senato, l’attuale dg Antonio Campo Dall’Orto acquisirà i poteri previsti dalla riforma per l’ad, mantenendo comunque quelli attuali.
I poteri dell’amministratore delegato
L’ad, secondo quanto previsto dall’art.2, è nominato dal cda (che lo può anche revocare) su proposta dell’assemblea dei soci (dunque del Tesoro), resta in carica per tre anni e può essere revocato dallo stesso Consiglio. Può nominare i dirigenti, ma per le nomine editoriali deve avere il parere del cda (che, nel caso dei direttori di testata, è vincolante se fornito a maggioranza dei due terzi). Secondo un emendamento approvato in commissione alla Camera, assume, nomina, promuove e stabilisce la collocazione anche dei giornalisti, su proposta dei direttori di testata e nel rispetto del contratto di lavoro giornalistico; può firmare contratti fino a 10 milioni di euro e ha massima autonomia sulla gestione economica. Prevista l’incompatibilità con cariche di Governo, anche se ricoperte nei dodici mesi precedenti alla data della nomina; l’ad deve, inoltre, essere nominato tra coloro che non abbiano conflitti di interesse e non cumulino cariche in società concorrenti; all’ad spetta anche l’approvazione del piano per la trasparenza e la comunicazione aziendale, con la pubblicazione degli stipendi dei dirigenti.
Presidente e cda
Al Senato, con un emendamento di Forza Italia, è stata introdotta la figura del presidente “di garanzia”, che viene nominato dal cda tra i suoi membri, ma deve ottenere il parere favorevole della Commissione di Vigilanza con i due terzi dei voti. I componenti del cda sono sette al posto degli attuali nove: quattro eletti da Camera e Senato, due nominati dal governo e uno designato dall’assemblea dei dipendenti. Previsti precisi requisiti di onorabilità per i consiglieri.
Il super direttore generale
In fase di prima applicazione della legge, al direttore generale sono conferiti i poteri dell’amministratore delegato. Un emendamento dei relatori approvato in Commissione alla Camera specifica che il dg mantiene anche le attuali competenze.
La delega al Governo
La riforma prevede una delega per il riordino e la semplificazione dell’assetto normativo. Al Senato è stata ridotta la sua ampiezza con la soppressione del riferimento all’evoluzione tecnologica e di mercato.
Il contratto di servizio
L’articolo 1 prolunga a cinque anni la disciplina dei contratti per lo svolgimento del servizio pubblico e potenzia il ruolo del Consiglio dei ministri, che delibera indirizzi prima di ciascun rinnovo del contratto nazionale. Alla Camera è stato introdotta una norma con la previsione di una consultazione pubblica in vista del rinnovo della concessione del prossimo anno.
Le norme sugli appalti
L’articolo 3 detta norme sulla responsabilità dei componenti del cda e prevede la deroga, rispetto all’applicazione del codice dei contratti pubblici, per i contratti aventi per oggetto l’acquisto e lo sviluppo di programmi radiotelevisivi. Alla Camera è stato ridotto l’ambito di applicazione della deroga. (Ansa)