Il Consiglio di Stato riconosce il diritto ai giornalisti difesi dall’avv. Vincenzo Iacovino

Rai obbligata alla trasparenza sulle assunzioni

ROMA – I giornalisti riconosciuti idonei dalla Rai nel concorso 2015 hanno il diritto di accedere agli atti della selezione e a conoscere l’elenco di tutti i colleghi assunti dall’azienda, a partire dal 2013, al fine di verificare quante nuove assunzioni siano state effettuate senza attingere alla graduatoria del 2013 e 2015, e il rispetto dell’obbligo dello scorrimento della graduatoria sancito dall’art. 1, comma 1096, della legge n. 205 del 2017. Obbligo secondo il quale la Rai, qualora si fosse determinata da tale data ad assumere, avrebbe dovuto procedere alle «immissioni in organico di figure al livello retributivo più basso, attingendo in primis al personale idoneo inserito nelle graduatorie 2013 e 2015 di giornalisti professionisti riconosciuti idonei».

L’avv. Vincenzo Iacovino

Con decisione di oggi, 17 febbraio, il Consiglio di Stato ha, infatti, confermato la tesi difensiva dell’avv. Vincenzo Iacovino sancendo definitivamente che la Rai ha l’obbligo di estendere «la pianta organica dei giornalisti Rai, ovvero il libro unico del lavoro, prima delle graduatorie 2013 e 2015 e la pianta organica dei giornalisti, ovvero il libro unico del lavoro, integrata con le eventuali assunzioni dei vincitori e degli idonei a seguito della pubblicazione della graduatoria 2013 e 2015».
Secondo la Rai «la graduatoria del 2015 sarebbe scaduta nell’ottobre 2018» e ciò è bastato per giustificare il diniego al richiesto accesso agli atti. «Ma – sottolinea l’avv. Iacovino – il Consiglio di Stato, accogliendo le istanze e gli argomenti, ha smontato questa interpretazione ostruzionistica».
In relazione all’ambito soggettivo dei gestori di pubblici servizi sottoposti alla disciplina in materia di accesso dei documenti sottoposti all’accesso, in quanto connessi all’erogazione del servizio pubblico, il Consiglio di Stato ha chiarito che le regole in tema di trasparenza della Pubblica Amministrazione e di diritto di accesso ai relativi atti, così come previsto dall’art. 23 della legge n. 241 del 1990, si applicano oltre che alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati come la Rai chiamati all’espletamento di compiti di interesse pubblico in quanto concessionari del pubblico servizio, in questo caso radiotelevisivo.
Il Consiglio di Stato ha, altresì, sottolineato alcuni parametri per chiarire quali atti detenuti dai concessionari di pubblici servizi debbano essere oggetto di ostensione.
Sul punto, è stato affermato che il diritto di accesso è esercitabile dai dipendenti della Rai, società concessionaria del pubblico servizio, limitatamente alle prove selettive di accesso, alla progressione in carriera ed ai provvedimenti di auto-organizzazione degli uffici, incidenti in modo diretto sulla disciplina, di rilevanza pubblicistica, del rapporto di lavoro.
Dall’esame sistematico delle disposizioni in materia di accesso agli atti, per il Consiglio di Stato emerge non solo la considerazione del rapporto di lavoro, come fattore strumentale alla normale gestione del servizio pubblico, ma anche la rilevanza ex se di tale rapporto giornalistico, per l’osservanza di regole di imparzialità e trasparenza, che vincolano tutti i soggetti chiamati a svolgere funzioni pubbliche (anche nella veste di datori di lavoro), nell’ambito di servizi che le amministrazioni intendono assicurare ai cittadini, direttamente o in regime di concessione.
Per il Consiglio di Stato, dal doveroso rispetto del principio d’imparzialità, nessun rilievo ostativo può essere più ascritto alla veste privatistica della società e dell’atto di cui si richiede l’ostensione, dovendosi invece verificare se il segmento di attività cui la documentazione da visionare si riferisce debba essere esercitata nel rispetto del principio d’imparzialità.
Più precisamente, al di fuori dell’attività di diretta gestione del servizio, senz’altro assoggettata al pieno dispiegarsi del principio d’imparzialità e, quindi, del propedeutico canone della trasparenza, si impone per l’attività residua posta in essere dal gestore, la verifica della strumentalità della stessa rispetto al momento propriamente organizzativo e gestionale.
«Sotto questo profilo – spiega l’avv. Vincenzo Iacovino – non può essere revocato in dubbio che il “libro unico del lavoro” rappresenta un atto di autorganizzazione del concessionario del servizio pubblico, restando irrilevante che i singoli rapporti di lavoro siano disciplinati dalla contrattazione collettiva». A riprova di ciò, per i Giudici Supremi amministrativi, milita anche la formulazione dell’art. 1, comma 1096, della l. n. 205 del 2017, che prevede «immissioni in organico di figure al livello retributivo più basso, attingendo in primis al personale idoneo inserito nelle graduatorie 2013 e 2015 di giornalisti professionisti riconosciuti idonei». La previsione legislativa, che incide sui poteri della Rai di utilizzare le dette graduatorie a fini occupazionali, ha conseguenze dirette anche sul numero e sulla tipologia dei soggetti assunti con ciò che ne consegue in termini di diretta modifica del libro unico sul lavoro.
L’avv. Iacopino conclude evidenziando che «nel riconoscere le ragioni degli idonei 2015, il Consiglio di Stato ha, dunque, posto fine all’azione ostruzionistica e le fondamenta della linea di chiusura della Rai nei confronti delle legittime richieste di accesso agli atti volti a verificare le assunzioni nel rispetto della legge. Le decisioni dei giudici amministrativi rappresentano, insomma, un importante e definitivo passo in avanti sulla via del rispetto delle regole e della trasparenza in seno alla Rai». (giornalistitalia.it)

 

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